boys gotta man up

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-non piangere, taehyung, sii uomo-

-comportati da uomo, non fare la femminuccia-

riecheggiavano, ancora e ancora, nella sua testa, quelle così aspre parole che tanto spesso aveva udito, mentre una serie di calde lacrime gli solcava le gote pallide.

taehyung non era un uomo; era un ragazzo, un bambino. lo stesso bambino che nascondeva le bambole nell'armadio, lo stesso bambino che amava rovistare nel guardaroba della madre per provarsi chissà cosa e fingere di sfilare lungo un infinito tappeto rosso.

taehyung non era mai cresciuto, non era mai cambiato, non era diventato un uomo.

allungò la mano tremolante verso il barattolo di medicine e ne prese sbrigativamente la quantità che gli era stata prescritta, fingendo poi un sorriso allo specchio.

chiunque avesse posato l'occhio su di lui in quel momento avrebbe pensato "che uomo che era diventato".

ma che uomo?

uomo.

taehyung odiava quella parola. la odiava come tutte le etichette. odiava il pensiero di doversi per forza definire uomo perché così era nato e così sarebbe morto.

odiava quella realtà chiusa in cui era costretto a vivere, odiava suo padre che lo comandava a bacchetta e odiava se stesso che non aveva coraggio, non aveva nulla.

i capelli dorati tenuti indietro da un gel, lo smoking che suo padre aveva scelto per lui non erano niente.

niente perché sarebbe bastato rimuovere quell'involucro, per scoprire che era tutta una farsa, per scoprire la massa di carne e antidepressivi che vi si nascondeva sotto.

perché era quello che si sentiva taehyung, un gran mucchio di niente.

chi era taehyung? cos'era?

il ragazzo con l'orecchino di perla ; kvWhere stories live. Discover now