Chapter 3

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CHAPTER THREE

FRANK

Avere Gerard così vicino che potrei sfiorarlo soltanto allungando il braccio non è una bella cosa.

Non è assolutamente una bella cosa.

Specialmente dopo due anni di silenzio assoluto, un silenzio egoista e freddo, un silenzio che mi ha lacerato più di qualsiasi altra cosa.

Ma no, non lo darò ovviamente a vedere. E conosco Gerard, lo conosco meglio di chiunque altro, lo conosco meglio di quanto io conosca me stesso. Se gli è successa la stessa cosa, non lo darà assolutamente a vedere neanche lui.

Perciò sì, continuiamo a comportarci come se fosse tutto normale, tranne il fatto che ci troviamo chissà dove e ci siamo solo io e lui ed è già abbastanza frustrante e imbarazzante.

Almeno fino a quando non vediamo Ray e Mikey dall'altra parte della stanza.

In questo momento, ogni cosa torna al suo posto, come tanti pezzettini di un puzzle gigantesco a cui non ero ancora riuscito a dare una soluzione.

Ma certo.

Io e Gerard, e poi Ray e Mikey. Ci siamo tutti.

Vedo Gerard aprire la bocca per pronunciare il nome di suo fratello, e non ho neanche il tempo di dare un'occhiata a Mikey e Ray, e rallegrarmi nonostante tutto di rivederli dopo così tanto tempo, e capire se anche loro sono contenti di vedermi, se anche per loro questa situazione non è nulla in confronto alla gioia mista a imbarazzo che sto provando in questo momento; non ho il tempo neanche per chiedermi come mai la porta si è richiusa alle mie spalle.

Perché un attimo dopo tutto comincia a tremare.

Io e Gerard ci appiattiamo istintivamente contro la parete alle nostre spalle, e così fanno Ray e Mikey dall'altro lato della stanza. Sento il pavimento vibrare sempre più intensamente, e quando alzo lo sguardo vedo il soffitto che comincia a spaccarsi in due.

Letteralmente.

Si apre a metà, e le due metà si allontanano sempre di più, e man mano che si allontanano al loro posto scende una specie di radio gigantesca sorretta da un'asta metallica.

Una radio.

Dio, questo è il colmo. Non so se scoppiare a ridere o a piangere o a urlare. È un incubo, non ne sono mai stato così convinto fino ad ora. È un incubo e basta, non c'è altra spiegazione.

Spero solo di svegliarmi presto.

Dopo qualche istante, tutto si ferma. La terra smette di tremare, il soffitto smette di aprirsi, l'aggeggio si blocca a qualche metro sopra le nostre teste.

Siamo tutti e quattro con i capi sollevati e gli occhi fissi su di esso.

All'improvviso si sente un fischio assordante, poi il silenzio.

Un colpo di tosse.

E infine una voce, una voce metallica da un timbro irriconoscibile, proveniente dalla radio.

-Benvenuti.

Vedo Gerard, al mio fianco, fare qualche passo in avanti e avvicinarsi di più alla radio. Ha lo sguardo allucinato e curioso, e so che sta cercando di capire. Sta cercando di capire, come fa sempre, perché lui deve sempre analizzare tutto e trovare difetti e mancanze e soluzioni e dio, quanto mi era mancato.

-Chi sei?-chiede Ray, avvicinandosi anche lui, seguito da Mikey. A questo punto, non mi resta che raggiungerli al centro della stanza.

-Dove siamo?-incalza Mikey, fissando sospettosamente la radio.

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