Chapter 5 - Part1

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OOOK, big premessa speciale perché questo capitolo è... insomma, sì. Ci ho lavorato per giorni, e ancora non sono soddisfatta del risultato. Dato che mi sono uscite tipo dodici pagine di roba, l'ho diviso in due parti e pubblicherò la seconda parte a breve, perciò non disperatevi.

Sappiate che ovviamente tutti i fatti descritti qui sotto sono soltanto frutto della mia sadica immaginazione e che sì, sono una persona cattiva a immaginare queste cose/situazioni dolorose ma ok.

Non so perché i mychem si siano sciolti. Non so come sia avvenuto. Non so da chi sia partito, non so come l'abbia presa ciascuno di loro e non so se torneranno. Posso soltanto continuare a scrivere di loro e a cercare disperatamente risposte, perciò perdonatemi se la mia visione delle cose non corrisponde alla vostra.

Baci.

M.

CHAPTER FIVE - PART1

MIKEY

Trattengo l'impulso irrefrenabile di urlare.

Ci hanno separati. Di nuovo.

Per favore per favore per favore per favore.

Ho un fottuto terrore di queste porte. Vorrei sedermi qui e rimanere accucciato contro la parete a ciucciarmi il pollice come un neonato, pur di non scoprire cosa c'è lì dentro.

Se c'è una cosa che ho capito con gli anni, è che il mio istinto non sbaglia mai. E il mio istinto mi sta urlando di stare lontano da queste dannate porte.

Prendo un profondo respiro, già sapendo che non ho altra via d'uscita. Stringo i pugni fino a conficcarmi le unghie nei palmi e mi avvio verso la prima porta che mi capita a tiro.

La apro di colpo, senza concedermi il lusso di esitare o riflettere, e mi fiondo dentro chiudendomela alle spalle.

Non appena metto piede nella stanza, capisco subito dove mi trovo, e per quanto mi sembri impossibile e assurdo, lo so con certezza.

Sono nella mia vecchia camera da letto, la camera da letto del mio vecchio appartamento, quello in cui vivevo assieme ad Alicia.

Mi guardo intorno freneticamente, sentendo il mio stomaco contorcersi. Vedo miei indumenti gettati alla rinfusa su una poltrona, o sul pavimento, l'armadio con le ante spalancate e il tavolino addossato al letto con una bustina di plastica vuota e una polverina bianca sparsa sulla sua superficie.

Guardo il letto.

C'è una figura semisdraiata sopra.

Non so cosa mi succede in quel momento, ma vedere la scena, vedere questa precisa scena dall'esterno, mi provoca qualcosa che non riesco a decifrare.

Pietà. Confusione. Tristezza. Disgusto.

Quello sul letto sono io.

E questo è il giorno in cui stavo per morire.

Due anni fa, o forse di più. Poco prima dello scioglimento dei My Chemical Romance. Poco prima che tutto finisse a puttane, poco prima che io passassi un mese intero in una clinica per la mia disintossicazione.

Mi avvicino al letto con le ginocchia che mi tremano.

Sono proprio io, sdraiato in orizzontale sul letto, con le gambe che penzolano giù, il braccio destro spalancato e l'altro abbandonato sul petto. La mia espressione è a metà tra la beatitudine e una fase pre-morte, e soltanto quando mi vedo chiudere gli occhi, completamente perso nell'oblio, ricordo tutto ciò che stavo provando in quel momento.

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