Invito a cena

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Marcus e Esther Hargreeves avevano lasciato il locale nello stesso momento in cui l'avevano fatto Cinque e Vanya Hargreeves, le due coppie erano andate in direzioni diverse: i due Sparrow avevano svoltato a destra, verso l'Accademy, gli Umbrella avevano invece imboccato la strada alla loro sinistra, pronti a riposarsi nei loro letti all'hotel Obsidian.

E benché le loro strade si fossero divise, i due gruppi avevano un solo pensiero fisso per la mente: dovevano parlare con il resto delle loro famiglie, dovevano far terminare quella rivalità.

Fu per questo che, durante l'ora di cena, né Numero uno, né Numero due avevano aperto bocca. Non lo fecero perché erano troppo concentrati a trovare un modo per introdurre l'argomento al resto della Sparrow, per loro sembrava un'impresa impossibile!

"Io ed Alphonso abbiamo evitato che a due pizzaioli venisse fatto del male," rispose Jayme quando il padre ebbe chiesto ai figli che cosa avessero fatto in quella giornata. "O almeno, l'abbiamo fatto prima che arrivassero gli Umbrella".

Marcus ed Esther si guardarono, poterono percepire la paura nei loro occhi. Con uno sguardo che faceva "Io non parlo, fallo tu!", la ragazza guardò poi sul suo piatto. Arrabbiato, l'uomo tossì rumorosamente.

"Sì, Marcus?"

Tutti gli occhi vennero voltati verso di lui.

"Ecco..." incominciò lui. Ma quello non era il tono giusto con cui iniziare quel discorso, doveva essere molto più serio! "A tal proposito, padre, oggi io ed Esther abbiamo avuto modo di incontrare due di loro e di averci una conversazione. Io ho parlato con la loro Numero sette, lei con il loro Numero cinque".
"Voi che cosa?" Fei guardò prima lui, poi la sorella. Fu difficile percepirlo tramite i suoi occhiali da sole, tuttavia il tono mostrava una leggera seccatura.
"E che cosa vi hanno detto?" Sloane, invece, era più tesa che arrabbiata.
"Che il loro arrivo qui è stato puramente casuale", fece Esther. "Che non ci aspettavano, bensì pensavano che questa linea temporale sarebbe appartenuta a loro e non a noi".
Jayme addentò il suo pezzo di pizza piena di rabbia. "Beh, questo ci era chiaro".
"Hanno detto anche che non vogliono crearci problemi, così come noi non vogliamo crearne a loro", continuò il ragazzo. "È difficile, per loro tutti, essere qui in un posto che non conoscono, e la cosa gli sarebbe ancora più difficile se noi non li aiutassimo".

"Stai dicendo di allearti con il nemico?" Un fungo semi-masticato cadde dalla bocca piena di Alphonso.
"Sta dicendo di abbattere questa stupidaggine di rivalità". Mentre Esther parlava, ebbe rivolto lo sguardo al padre, non al Numero quattro. Forse, voleva parlare solo con Sir. Reginald. "Sta dicendo che non esistono più termini come 'nemico' o 'rivale'. E a me, onestamente, la cosa va più che bene".

"Anche a me". La voce di Sloane echeggiò per tutta la sala. Poi, una volta che se ne rese conto, si calmò. "Non voglio vedere un clima così teso nella nostra famiglia, non fa per noi".
"Che ne dite di votare?" Propose Christopher che, per chiare ragioni, non stava mangiando ma si limitava ad osservare l'intera scena.

"Non ce n'è bisogno," Reginald Hargreeves si tolse il fazzoletto dal grembo, lo posò sul tavolo, poi si alzò. "Sono convinto anche io che questa cosa non giovi alla nostra famiglia, pertanto non credo necessaria questa inimicizia".

Furono solo quattro le persone a sorridere, lì nella stanza. Marcus, Esther, Fei e Sloane erano gli unici che si sarebbero rivelati a favore della richiesta di Numero uno e di Numero due, tutti gli altri avrebbero votato per il contrario. Questo non se Sir. Reginald non fosse intervenuto, ad ogni modo.

"Penso che dobbiamo dar loro un benvenuto, che dobbiamo accoglierli come si deve", propose l'uomo. Lui, però, non stava pensando di fare qualcosa in grande come pensò Sloane, voleva semplicemente organizzare una riunione o qualcosa del genere.

Numero cinque, però, un po' per il suo spirito gioviale, un po' per l'interesse che poche ore prima aveva sviluppato per il Numero uno dell'altra famiglia, voleva qualcosa di più. "Potremmo organizzare una festa!" propose felice.

Fu in quel momento che tutti posero nuovamente lo sguardo su di lei, che si fece piccola piccola per l'imbarazzo.

"Possiamo invitarli a cena, farli sentire i benvenuti e i pari a noi", disse infine, ed addentò la sua pizza quasi con vergogna.
"Ma loro non sono pari a noi, noi siamo migliori" sbuffò Jayme.
"Nessuno, qui, è migliore di nessuno", terminò il padre. "Non è di certo questo quello che vi ho insegnato!"
"Giusto, papà", Numero sei roteò gli occhi e bevve un po' d'acqua.

L'ultimo a voler provocare Sir. Reginald, però, fu Christopher. Svolazzò per tutto il tavolo, si mise davanti ad Esther, e disse qualcosa riguardante la prossima cena tra le due famiglie, lei, il Numero cinque dell'Umbrella ed una camera da letto. E mentre tutti gli altri, con le guance rosse dall'imbarazzo, osservarono il cubo volante, Numero due fu pronta a ribattere, quando il padre la fermò parlando per primo.

"Numero sette, non osare dire cose del genere riguardo tua sorella!" gli disse. "Chiedile immediatamente scusa".

Christopher, che da azzurro divenne rosso, eseguì, ma fu divertente, per lui, sentire Esther che sussurrava: "Almeno io, a differenza tua, posso permettermi di divertirmi con qualcuno nella mia camera da letto ".

- - -

Il negozio di vestiti dell'hotel Obsidian vantava una vasta scelta dei vestiti che vendeva, e offriva ai compratori vestiti casual, eleganti, sportivi...
C'era molto da scegliere e, per l'Umbrella, quello sembrava il luogo perfetto non appena ebbero tutti ricevuto la lettera di Sir. Reginald tramite i corvi di Fei.

Io e tutta la Sparrow Academy vi invitiamo cordialmente ad una cena di benvenuto in questa nuova linea temporale. Speriamo possiate trovare il modo di mettervi a vostro agio, e noi saremo lieti di aiutarvi nel raggiungimento di tale obiettivo.
Ci vediamo stasera alle ore 20 presso la nostra abitazione,
Sir. Reginald Hargreeves.

Era questo ciò che recitava la lettera, la stessa che tutti gli Umbrella continuarono a leggere per oltre un'ora.
Che Reginald Hargreeves fosse un uomo strategico, quello era chiaro, ad ogni modo non tutti erano convinti che quello che aveva proposto fosse un semplice invito.

"Non sprecate tempo a cercare di farvi belli" diceva Diego guardando Luther che guardava tra le mensole del negozio. "È chiaro che quell'uomo ha qualcosa in mente".
"È solo un invito..." Numero uno si avviò alla cassa per pagare il suo completo bianco. "Per come la vedo io, la sua è una proposta sincera!"

Cinque spostò la tenda del camerino in cui poco prima aveva provato diversi completi, si fece spazio accanto a Luther mettendo il capo che aveva scelto - una giacca simile a quella del fratello, tranne per il fatto che la sua era nera - assieme ad un orologio.

"Fate come volete". Detto ciò, l'uomo dei coltelli uscì.

"Non so cosa prenda a Diego, ma spero che si calmi al più presto". Cinque prese il suo sacchetto di carta con dentro il risultato del suo shopping. "E spero che stasera si presenti".
"Lo speriamo tutti". Luther fece poi una pausa perché non sapeva se porre quella domanda al fratello che tanto voleva fargli. Dopo essersi interrogato al lungo, comunque, aveva capito che doveva fargliela.

"Ascolta, Cinque, io sono piuttosto preoccupato di questa tua situazione".
"Intendi del completo? Ma no, mi sta molto bene".
"Non parlo di quello... Parlo di Esther".

Il volto di Cinque si incupì improvvisamente. "Non ho scelto questo per apparire decente davanti a lei", indicò il sacchetto. "L'ho fatto per papà e per il suo stupido invito".
"Lo so, ma... sarei più tranquillo sapendo che tu non confondi la nostra Esther con questa nuova".

Cinque lo guardò fermandosi di scatto. "Stai scherzando? Non potrei mai farlo, la mia Esther è unica e nessuna potrà mai sostituirla!"

I due ripresero a camminare.

The universe and our love || Five HargreevesΌπου ζουν οι ιστορίες. Ανακάλυψε τώρα