Il paradosso del multiverso

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Una volta che Esther e Cinque balzarono alla Sparrow Academy, la prima cosa che Numero due fece fu sedersi sul lettino dell'infermeria. Non solo era stata sparata alla gamba, ma aveva anche del sangue di quella guardia che aveva ucciso.
Cercò di avvicinarsi al tavolino su cui erano riposti (quasi a farlo apposta) un ago ed un lungo filo di sutura, quando il ragazzo la bloccò vedendo la sua difficoltà nel volto.

"Ferma, così peggiorerai la situazione" le disse. "Lascia fare a me". Si guardò intorno e vide un asciugamano bianco. "E stringi questo, farà molto male".

Esther lo prese e si distese mentre Cinque si metteva i guanti. Intanto che si preparava psicologicamente, pensò a quello che aveva appena visto. La fine del mondo, la sua famiglia che le voltava le spalle. Qual era la cosa peggiore?

Aveva fatto tanto per diventare un membro della Sparrow Academy, e adesso rischiava di dover tornare nel suo universo per una stupida fine nel mondo!

Proprio mentre pensava a ciò, sentì l'ago nella sua pelle, poi il filo, poi entrambi che uscivano. Strinse l'asciugamano, chiuse gli occhi per il dolore.

"Lo sai che parlare può distrarti?" rispose un Cinque a dir poco concentrato.
"Beh, che cosa dovremmo dirci?"
"Sei tu quella che sta subendo questo strazio di intervento, scegli tu".

Esther pensò bene a cosa dire, aveva troppe cose di cui voleva parlare con qualcuno che non riusciva quasi a scegliere.
Poi, una domanda le balenò nella mente.

"Moriremo? L'universo... finirà?"

Cinque per un istante la guardò, poi riabbassò lo sguardo. "Me lo hai detto tu, c'è un'altra linea temporale che dobbiamo raggiungere".

Il dolore arrivò di nuovo nella caviglia di Esther, che sussultò leggermente.

"Scusa. Ho quasi finito".
Ci fu un'altra pausa.
"Sai, sono anni che cerco di sventare apocalissi... Ed eccoci alla terza. Tutte e due le precedenti volte ho sempre fatto una lista di cose da fare prima del giorno del giudizio, ma a questo punto mi sono quasi stancato. Forse, non dovrei più impormi obbiettivi".
"Sai a cosa ambisco da sempre?" Strinse di nuovo l'asciugamano per il dolore. "A innamorarmi, a innamorarmi sul serio".

Cinque chiuse l'ultimo punto, poi lo tirò per fissarlo bene. "È meglio che non accada, Esther, perché finirà male a prescindere. Non importa quanto il tuo partner sia eccezionale, uno dei due spezzerà sempre il cuore all'altro e poi tanti, cari saluti".
"È proprio per questo che voglio amare qualcuno. Perché ho sempre vissuto per vedere gli altri felici, sin da bambina, ed io non lo sono mai stata davvero".

Esther si sedette sul lettino guardandosi la caviglia, e fece spazio a Cinque per fargli fare lo stesso.

"Voglio essere felice sapendo di avere qualcuno che mi ami, voglio essere triste quando lui non c'è, voglio spaccare tutto quando scopro di esser stata tradita. E indovina un po'? Nessuna di queste tre cose è mai accaduta. È sempre successo a tutte le persone intorno a me, ma io ero sempre l'ultima di quella dannata lista". Il volto si tinse di rosso, il tono di voce si fece più cupo. "Ho sempre aspettato l'anima gemella... e adesso che finirà il mondo potrò dire di non averne mai avuta una".

Per qualche secondo nessuno dei due parlò, considerando che nelle loro menti c'era una cosa da voler fare o dire. Cinque voleva fare quel gesto che aveva rimandato per troppo tempo, Esther voleva chiedere quella cosa che avrebbe voluto domandare da tutta la sua vita.
Si guardarono, e si capirono.

"Cinque?"
"Sì?"
"Vuoi essere la mia anima gemella?"

Cinque questa volta non volle balzare via, perché aveva già capito tutto. Adesso riusciva a distinguere bene la persona che aveva davanti, sapeva che non avrebbe più confuso la Numero due con la Numero otto. La guardò, ma non guardò sua sorella, guardò la Sparrow.

Poi, come se avesse già capito che voleva stare con lei fino alla fine, le prese la mano.

"Questa volta non sono un codardo, e sai perché?"

Esther sorrise pensando che finalmente ci era riuscita, che aveva raggiunto il suo scopo di tutta una vita.

Cinque si sporse un po' più in là, riuscì a vedere il proprio riflesso negli occhi di Esther. Ma all'unisono li chiusero, ed in quel momento era come se mille farfalle stessero svolazzando intorno a loro.

Si staccarono da quel bacio che entrambi avevano sempre desiderato, e mantennero il contatto fisico.

"Sì, voglio essere la tua anima gemella".

- - -

"Allora, scoperto niente?"

Poco prima di arrivare al salone dell'Accademy, Esther e Cinque decisero che entrare mano nella mano era inappropriato, in quel momento. Dovevano dire cose fin troppo importanti ai loro fratelli, e sapevano che questi, vedendo il loro insolito contatto fisico, avrebbero fatto domande inerenti a ciò, e non all'apocalisse.

Gli Sparrow e gli Umbrella erano seduti ognuno su un divano o su una poltrona, e si poteva intuire dai loro sguardi che ci fosse dell'attesa.

"Sì", rispose Numero cinque andando a sedersi accanto a Jayme (Mantenne, comunque, una certa distanza, visto che il suo potere quasi gli faceva paura). "Qualcosa di molto importante".
Guardò Lila. "Mia cara collega, ti ricordi cosa diceva il catalogo 3, sezione B del manuale della commissione?"

"Certo", disse lei con fare ovvio. "Lo abbiamo studiato entrambi a memoria".
"Saresti in grado di recitare quella nozione?"

Lila si schiarì la voce, e quel gesto fu sufficiente per farle ritornare quella frase nella sua memoria. "Qualora un corpo, animato o inanimato, si dimostri in grado di commettere un corretto salto quantico per il multiverso, andando dal proprio in uno secondario, il flusso di energia utilizzato nell'impresa verrà sottratto ad altri corpi, animati o inanimati, fino a quando la proporzione si rivelerà esatta".

Ci furono diverse reazioni in tutta la sala: Diego scrutò la sua ragazza dalla testa ai piedi, pensando che avesse appena parlato in un'altra lingua. Fei e Marcus, invece, sembrava avessero capito tutto e si misero la testa fra le mani. C'erano poi Esther e Sloane, sedute l'una accanto all'altra, che si guardarono spalancando gli occhi.

"Che cosa stai dicendo, Lila?" chiese il fidanzato.
"Puoi tradurre in una lingua comprensibile?" continuò il Numero uno dell'Umbrella.

"La nostra cara invitata, ha appena recitato la formula del paradosso del multiverso", zittì tutti Cinque.
"Il... multiverso?"
"Sì, Viktor. Vuol dire che qualcuno, persona, animale o oggetto, ha viaggiato per il multiverso. Per farlo, però, c'è bisogno di troppa energia, per cui adesso delle forze superiori la stanno sottraendo a qualunque cosa gli capiti davanti".

"Intendi dire... ai nostri gadget?" domandò Alphonso.

"Intende dire l'intero universo", rispose Esther, il cui volto non tradiva preoccupazione. "Intende dire che se non facciamo qualcosa, verrà incendiato tutto il pianeta, persone comprese".

The universe and our love || Five HargreevesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora