L'altro lato di papà

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"Credi sia possibile viaggiare nel multiverso, papà?"
"È un argomento molto delicato e lungo di cui parlare..." 

Reginald Hargreeves si alzò dalla sua poltrona e si avvicinò alla libreria appena dietro di lui. Incominciò a sfogliare tra i vari titoli riportati lì, mise le mani tra i libri che teneva. Finalmente, ne prese uno e lo allungò alla figlia.

"Ma penso che questo possa aiutare la tua curiosità".
Lo fece con atto di fede, lo fece con strana ma vera bontà, per cui rimase piuttosto sconvolto quando Esther lo prese e lo lanciò per il pavimento. "Questo non mi aiuterà!!!"

Adesso che la vedeva bene, Numero due aveva gli occhi pieni di lacrime e il naso rosso, lo sguardo terribilmente triste e stanco. Poteva intravedere, forse, anche delle occhiaie.

"Che ti succede, figlia mia?" chiese sedendosi non sulla sua poltrona, ma su quella del secondo ospite, quella alla sinistra di Esther. "Qualcosa non va?"
"Come puoi non averlo capito tu, che sei così intelligente?"
"Ti ringrazio per il complimento, ma..."
"Io ho viaggiato per il multiverso! IO! Il giorno del nostro quindicesimo compleanno, la Esther che ha vissuto fino ad allora ha cambiato posto con me! Da quando abbiamo tutti quindici anni io ho preso possesso del suo corpo e per questo tra sei giorni il mondo finirà!"
"Esther... ma cosa...?"

Persino per Sir Reginald Hargreeves, l'uomo che numerosi scrittori e giornalisti avevano definito "dal volto impassibile", vedere sua figlia in quello stato era impossibile. Fu per questo che dal taschino della sua giacca prese un fazzoletto di stoffa e glielo porse. Esther si asciugò le lacrime, poi il naso, ma sembrò che quel gesto non fosse servito a nulla, considerando che sentiva ancora il bisogno di dover piangere.

"Come hai fatto?" chiedeva il padre mentre si avvicinava per accarezzare i capelli biondi della figlia.
"Non ha importanza... Quello che importa adesso è che per causa mia, miliardi di persone sulla terra moriranno! È per questo che ho bisogno di te, devi aiutarmi a proteggere me e tutte quelle altre persone!"

Il monocolo si prese un momento per pensare a come fare per aiutare la figlia. Era vero, aveva passato quattordici anni con qualcuno che, effettivamente, non lo era, ma quello non aveva più poi così tanta importanza. E comunque, Hargreeves non voleva che il mondo finisse, per cui al diavolo tutto! Avrebbe aiutato Esther, avrebbe aiutato quei sei miliardi di persone, avrebbe fatto qualcosa di eroico.

"Ti proteggerò", disse quindi. "Proteggerò te e tutti gli altri".

Esther alzò lo sguardo e il padre riuscì a vedere come avesse macchiato il suo fazzoletto di mascara e matita per gli occhi. Effettivamente, nemmeno il suo volto se l'era passata meglio.

Si alzò e allungò le braccia verso la figlia per aiutarla a fare lo stesso. "Facciamo così: tu vatti a sistemare e dare una ripulita, io intanto chiamerò un vecchio amico che, spero, ci aiuterà".
"Chi chiamerai?"
Hargreeves sorrise. "Ti ricordi di Pogo?"

- - -

Esther era uscita dalla vasca da bagno ed era avvolta nel suo asciugamano bianco. Certo, erano stati quindici minuti molto rilassanti (visto che non si era fatta solo il bagno, ma aveva cercato anche altri modi per distrarsi), ma comunque quando aveva varcato la soglia della sua camera da letto, quella rilassatezza era svanita tutto d'un tratto. Anche la sua uniforme, le cui ceneri adesso erano su tutto il pavimento, si era incendiata, e così molte altre cose che si potevano intravedere dalla finestra.

Poi, la voce nella sua mente parlò.

Sloane è sull'uscio della porta.

"Il fatto che la mia uniforme sia andata distrutta è un segno, non credi? diceva Esther guardando il mondo fuori la sua stanza. I grattacieli, le persone che passavano... non le appartenevano, non erano cose sue, e allora perché si portava così tanto peso sulle spalle? "Come una sorta di punizione per quello che sto facendo a tutti".
"Ciò che fai non è colpa tua... anche la mia uniforme si è bruciata".

Sloane cercò di avvicinarsi a lei, ma ecco che Numero due si era voltata con lo sguardo minaccioso.
"Certo che è colpa mia! Ma non l'hai sentito il telegiornale? Stanno già morendo le prime persone!" Una lacrima scese dal suo occhio. "Sono un mostro!"
"Non lo sei..."
"E invece sì! Ho fatto ciò che ho fatto per avere una vita migliore di quella che avevo, e per cosa? Per finire con un'apocalisse causata da me?!"

Esther riprese a camminare verso sua sorella, con un passo ancor più veloce di quello che entrambe potessero immaginarsi. Furono a pochi centimetri di distanza, ed ecco che la bionda abbracciò la sorella che, in compenso, le accarezzò la testa.

"Grazie per essere l'unica che sa tutto e per non pensare che sono un mostro", disse Esther.
"Grazie per aver sempre creduto in me".

Cinque sta per bussare tra tre secondi

Esther si liberò dall'abbraccio e guardò la porta, notando con piacere che Cinque, finalmente, bussò.
"Avanti".
Il ragazzo si sorprese vedendo Sloane che ancora era tra le braccia della sorella, e si domandò se quello fosse il momento giusto per andarsene.
E Sloane, constatando ciò, pensò che non le era mai piaciuta fare la terza incomoda.

Si avvicinò all'orecchio della sorella spostandole leggermente i capelli, e chiese qualcosa che per Cinque fu impercettibile.
"Ma quindi, tu e lui...?"
"Sì", rispose lei sorridendo e cercando di nascondere le lacrime. 
Sloane allora si incamminò verso la porta e, una volta che era fuori dalla stanza, fece l'occhiolino ad Esther, che ricambiò.

"È successo qualcosa?" Cinque si sedette sul letto della ragazza mentre teneva tra le mani il suo orologio che, finalmente, era riuscito a recuperare. "Hai la faccia sconvolta".
"Sì, io..." Esther fece un sospiro mettendosi accanto a lui. "Sono solo stressata da tutta questa situazione".
"Ti capisco, nemmeno per me è mai così facile. Certo, la faccio sembrare una cosa che posso controllare, di cui so tutto, ma nemmeno una volta ero in grado di farlo".
"Dici sul serio?"
"Papà ci ha dato dei numeri, e mi rendo conto ora che non ha scelto in modo casuale. Se io sono il quinto, perché decidere tutto io?"
"Tu non hai mai deciso niente, hai sempre dato una mano ma non ti sei mai opposto quando qualcuno ti ha detto di non farlo".

Forse per la prima volta dopo tanto, Cinque era stato in grado di guardare un po' di più al suo interno, forse aveva capito che cosa ci fosse che non andasse nel suo carattere.
Ed era strano da dire, visto che non aveva mai ringraziato nessuno, ma doveva tutto a quella ragazza accanto a lei.

Con una lenta e rilassata mossa, Cinque mise la sua testa sulla spalla di Esther, il cui profumo entrò nelle sue narici. Non c'era niente di meglio, non c'era nessuno di meglio.

"Sai qual è la cosa strana?"
"Spara".
"Sembra che tu mi conosci da tutta una vita, anche se ci conosciamo solo da pochi giorni".

Lo sguardo di Esther si incupì preoccupato. Poi, però, realizzò che Cinque non disse quello perché sapeva tutta la verità, ma perché non sapeva proprio nulla!

"Immaginalo come un terzo superpotere", rispose lei.
E chiuse gli occhi coccolata dal momento.

The universe and our love || Five HargreevesUnde poveștirile trăiesc. Descoperă acum