La protettrice della famiglia

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Cinque si era interrogato molto sul da farsi, perché aveva capito (Specialmente quando Allison, che aveva saputo della situazione del fratello tramite Viktor, gli aveva detto di essersi comportato da idiota lasciando Esther sola a bordo piscina) che quella sensazione che provava nello stomaco era paura. Paura che lei si fosse sul serio già innamorata, paura che, al contrario, quel bacio non fosse significato niente. Ed era strano da pensare, ma lui proprio non sapeva come comportarsi con lei, non sapeva se dovesse andare a parlarci o se dovesse ignorarla fino alla fine dei suoi giorni.

Era stato difficile, ma aveva scelto l'ultima opzione.

"Fai sul serio?" gli strillò Diego. "Non puoi davvero dire di volerla ignorare!"

L'uomo dei coltelli, assieme alla fidanzata ed al presunto figlio, aveva deciso di parlare con Cinque della sua situazione nel ristorante dell'hotel Obsidian, considerando che la voce del bacio aveva fatto un gran giro. Questo perché Viktor l'aveva detto ad Allison, che l'aveva detto a Luther, mentre Klaus l'aveva detto a Diego, che l'aveva detto a Lila e Stan.

"Chi me lo vieta?"
"La tua coscienza, Cinque", si intromise Lila. "Non è un fatto di divieto, è una questione di obbligo morale!"
"Già, caro zietto", parlò il dodicenne. "Sei stato davvero uno stronzo!"
"Stanley!" lo ripresero i due genitori all'unisono.
"Scusate, scusate". Lui alzò le mani.

Cinque sorseggiò il suo margarita. "Non capisco perché vi stiate scaldando così tanto", continuò. "Dopo la cena di ieri sera, dubito che gli Sparrow vogliano continuare a vederci. Abbiamo messo fine alla nostra rivalità, è vero, ma ciò non significa che andremo insieme al cinema o al centro commerciale. E poi, questa città è così grande... Avrò modo di dimenticarmi di Esther".
"Oh no, non credo proprio". Stan rise, e ci volle davvero poco a capire il motivo.

Luther era appena davanti all'ingresso dell'hotel, mancava poco che saltellasse dalla gioia. Non appena due figure entrarono, infatti, l'uomo corse subito verso Sloane mentre Cinque, che assisteva alla scena, sembrava esser sul punto di voler scomparire dall'umanità.

"Merda..."

Esther stava osservando la scena della sorella Sloane che si scambiava un abbraccio con Luther, e capì di sentirsi osservata. Decise di guardarsi intorno e, non appena incrociò lo sguardo del ragazzo, i suoi piedi si mossero quasi meccanicamente verso di lui. Esther serrò i pugni, sbatté i piedi contro il pavimento. E, mentre le sue sopracciglia si corrucciarono, Cinque capì di essere nei guai. Guardò Lila, poi Diego, e si rese conto sul serio di essere un codardo.

"Che situazione del cazzo..."

E balzò via.

- - -

Non sapendo dove altro andare senza preavviso, Cinque si ritrovò sulla riva del canale della città non molto distante dall'hotel. La nota positiva di quel salto, per lo meno, fu che in mano aveva ancora il suo margarita non del tutto finito. Ciononostante, non sapeva che fare in quel preciso momento, per cui, come facevano tutti gli uomini anziani come lui, si sedette su una panchina lì vicino che gli permetteva di vedere l'acqua, i cigni che ci nuotavano dentro e il riflesso del cielo in quello specchio.

E non riuscì a capire molto bene quanto tempo fosse passato, considerando che il suo orologio era ancora sul pavimento della stanza con la piscina nella Sparrow Academy, ad ogni modo dopo un po' di minuti capì di non esser più solo.

"Sapevo che ti saresti mostrata, prima o poi".
"Dobbiamo parlare". 

Cinque si alzò, incrociò le braccia e si mise davanti ad Esther.

"Come hai fatto a trovarmi?"
"Ancor prima che saltassi il mio subconscio mi ha detto che saresti arrivato qui. Così ho preso e ti ho raggiunto".
"Bene... Io però non ho niente da dirti".
"Invece credo proprio di sì".
"Quello che credo io è che quello che ho fatto questa mattina è stato un gesto..." Cercò la parola giusta, ma l'impresa sembrava difficile. "Sbagliato, che nemmeno io volevo fare. Perché la verità è che non volevo baciarti; l'ho fatto, è vero, ma non era mia intenzione".

Cinque continuava a parlare, non rendendosi conto che il volto di Esther era sempre lo stesso. Serio, preoccupato, che cercava di nascondere la sua paura non riuscendoci molto bene.

"Non sono qui per parlare della stronzata che hai fatto, Cinque". Incrociò le braccia. "Sono qui perché ho bisogno del tuo aiuto".
Lui per lo stupore non si scompose, piuttosto alzò un sopracciglio. "Con cosa?"
"Ho perso qualcosa, oggi. Qualcosa di... vitale importanza".
"Bene, mettici a cercarla, qualunque questa cosa sia".
"Vorrei eccome, dico sul serio, ma non posso". Sospirò arrabbiata guardando il canale, i cigni bianchi e spensierati, gli uccellini che svolazzavano e cantavano. "Perché quella cosa è andata distrutta, è stata bruciata".
"E in cosa dovrei aiutarti?"

Esther si sedette sulla panchina mentre, dalla tasca del suo giubbotto in pelle nero estrasse un pacchetto di sigarette. Ne prese una, con l'altra prese un accendino e l'accese, e se la portò alla bocca. Ispirò un po' di fumo, e all'improvviso era come se avesse ottenuto di nuovo quell'energia di cui tanto aveva bisogno.

"Sai, questa mattina non mi hai salvata perché stavo affogando". Espirò il fumo. "Piuttosto, c'era qualcosa che non mi permetteva di salire in superficie. Un'incudine invisibile, diciamo così. Poi, dopo che mi hai lasciata sul bordo piscina, sono svenuta. Quando mi sono svegliata, ho vomitato e, nel mentre, ho avuto delle visioni in cui l'oggetto di cui ti ho parlato veniva bruciato da non so cosa. Ancora, quando sono corsa a controllare che non fosse la realtà, ho tirato una bestemmia e sai perché?"
"Illuminami".
"Perché era la fottuta verità".

Cinque si sedette accanto a lei, che adesso stava di nuovo facendo un tiro. Lei lo guardò, gli allungò la sigaretta e lui decise che, dopo aver bevuto, tanto valeva fumare anche un po'. 

"E in che cosa vuoi il mio aiuto, si può sapere?"
"Voglio il tuo aiuto perché voglio sapere che cazzo è successo".
Il ragazzo ci pensò per un momento. "E va bene..." Espirò il fumo e passò la sigaretta ad Esther. "Ma voglio prima sapere che cos'è quell'oggetto che tanto hai perso".

Esther non seppe in quel momento se fidarsi o no, perché sapeva che, se avesse dato qualche informazione di troppo, il suo segreto sarebbe stato scoperto e, in tal caso, tanti, cari saluti alla bella vita che si era costruita in quegli anni. Guardò gli animali in acqua, pensò che ogni tanto anche lei sarebbe dovuta essere così, senza problemi.

Si voltò verso Cinque, la cui attenzione era al massimo. Poi, guardò le mani e giocherellò un po' con l'anello che portava al mignolo della mano destra.

"Il mio grimorio..."
"È ciò che è andato bruciato?"
"Esatto".
"Ma perché ti preoccupi tanto, scusa? È un libro, puoi prenderlo dal negozio in cui l'hai comprato".
"Il problema è che non posso trovarlo da nessuna parte", aumentò il tono della voce dicendo ciò, ma si rese conto che doveva darsi una calmata. "L'ho scritto io, tutti gli incantesimi riportati lì sono quelli che ho lanciato in tutta la mia vita! Per me, per la famiglia, per il mondo".
"Tu... pratichi incantesimi?"
"Papà e tutti gli altri mi chiamano La strega, io però mi considero la protettrice della mia famiglia..." Sorrise quando vecchi ricordi le ritornarono in mente. "E soprattutto lo sono stata perché ho sempre usato quel libro e... adesso che non ce l'ho più è come se... come se la mia intera esistenza in questo mondo si stia per cancellare da un momento all'altro..."

"Non usare paroloni..."

"E se ti dicessi che è la verità?"

The universe and our love || Five HargreevesWhere stories live. Discover now