Capitolo 30

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Lacrime salate mi rigano il viso senza sosta. Posso sentirle scivolare persino sul collo. Non riesco a pensare a nulla se non correre lungo il corridoio che sembra non finire mai davanti a me. Arrivo quasi alla fine di esso quando, a causa dei tacchi, prendo una storta inciampando e sbattendo violentemente contro il pavimento. I gomiti riescono a salvarmi da un impatto totale. Piango ancora più forte non riuscendo a trattenermi. Sento dolore. Dolore non alla caviglia, dolore non a tutte le ossa, dolore al cuore. Il respiro in gola sembra bruciare tutti i miei organi interni. Lo stomaco mi gira e mi fa male e mi sento come se stessi per vomitare proprio qui, su questo tappeto costoso color lavanda. Non provo nemmeno ad alzarmi, non ne ho la forza. Vorrei poter scomparire. Vorrei poter urlare e rendermi conto che si tratta solo di un brutto sogno.

"Lily, cosa cazzo ti è successo?" Henry si avvicina a me, inginocchiandosi. Il suo viso è pallido e il respiro irregolare.

Le lacrime non smettono di scendere lungo le mie guance e io non voglio altro che insultare questo ragazzo che mostra preoccupazione per una banale caduta quando in realtà il dolore nella sua forma più profonda, allo stato puro, è dentro di me ed è stato lui a causarlo.

"Non osare toccarmi." La mia voce è irriconoscibile e impastata dalle lacrime mentre stendo una mano verso di lui facendogli gesto di fermarsi e non fare nulla.

Spalanca gli occhi per la sorpresa, si irrigidisce. Continua a guardarmi.

"Lily, non è come credi. Te lo giuro." La voce affannata e dispiaciuta.

Non mi farai pietà Henry. Nemmeno se tremi come stai facendo.

Provo ad alzarmi. Le braccia non vogliono saperne di darmi la forza necessaria e finisco col cadere di nuovo.

"Permettimi di aiutarti." Mi supplica.

I miei occhi truci incontrano i suoi, lucidi. Non sa cosa fare e continua a diventare più pallido.

"Ho detto che non devi toccarmi." Guardo il pavimento per non guardare lui un attimo in più.

"Hai perso qualcosa a terra, bambolina?" Alzo gli occhi verso di lei. Quanto è patetica, quanto è inutile.

Dovrebbe mettersi in un angolino e vergognarsi eppure eccola qui, con aria sfacciata osare rivolgermi la parola. Ma sarebbe stupido da parte mia dare tutta la colpa a lei. Henry è un uomo, poteva respingerla invece di incollare le sue labbra a quella bocca di serpe. Mi fanno schifo entrambi, però lui di più.

"Adesso basta." Afferma a voce alta lanciando un'occhiataccia alla ninfomane.

Henry mi prende in braccio, mettendo una mano sotto le mie cosce e una dietro la schiena, così come farebbe uno sposo il giorno del suo matrimonio.

Il solo collegamento quasi mi fa ridere nervosamente. Amanda ci osserva con un sopracciglio alzato e le braccia conserte, pronta a ridere di me, come se potesse addirittura osare fare una cosa del genere. Non mi oppongo all'azione di Henry solo perché lei è presente. Avvolgo un braccio intorno al suo collo per restare in equilibrio mentre i suoi occhi blu mi osservano da così vicino. Sento il suo respiro caldo su di me. Henry supera Amanda che si allontana producendo un ticchettio fastidioso e pesante. Per fortuna non ha detto più una parola. Provo subito a divincolarmi, ma Henry forza la presa impedendomi di muovermi.

"Fammi scendere subito." Cerco di spingerlo mettendo i miei palmi sul suo petto e comincio a muovere le gambe nervosamente.

"Non fino a quando la cosa non sarà chiarita." Il tono di voce è più calmo mentre io mi sto agitando. E tanto.

Non c'è più niente da chiarire. Io e lui abbiamo chiuso. Punto.

Henry supera il bagno continuando a camminare. Si ferma in corrispondenza di una porta e si piega leggermente per aprirla. I nostri visi sono a pochi millimetri. Cerco di non farmi ammaliare dal suo profumo e continuo a guardare un punto fisso immaginario, evitandolo, mentre posso sentire il suo sguardo pesante su di me. Entriamo in una stanza, sembra una camera da letto, di cui non distinguo molto poiché è resa scura dal crepuscolo e dalle tende sulla finestra; chiude con un calcio la porta alle nostre spalle producendo un rumore secco. Mi poggia delicatamente sul letto a pochi metri da noi. Si inginocchia davanti a me. Non ho la capacità di proferir parola, solo di osservare i suoi movimenti. Mi toglie le scarpe delicatamente e le poggia accanto a lui. Afferra il piede destro, e avvolge una mano intorno alla caviglia e posiziona l'altra sotto il tallone.

Gabbia d'oroWhere stories live. Discover now