chapter 10

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Il ricordo di tutti quei momenti tetri passati a piangere, a disperarmi, a pregare che qualcuno mi aiutasse inutilmente, tornarono così facilmente a galla.

La memoria di quegli attimi fin troppo dolorosi per potergli rievocare e rivivergli una seconda volta mi stavano offuscando ormai la mente.

Il solo pensiero di quelle mani che mi si scagliavano contro solamente per far sì che provassi una qualche emozione, mi faceva venire un conato di vomito e arrabbiare allo stesso tempo con me stessa per essere stata fin troppo debole in quella situazione.

Il contatto tra la mia pelle e quel tessuto in pelle tanto odiato dalla sottoscritta, faceva sì che mille brividi percorressero la mia spina dorsale dove decine e decine di cicatrici erano ancora ben visibili.

E la cosa peggiore fra tutte era che in fondo pensavo che ogni cosa fosse in un certo senso un bene. Nella mia testa contorta pensavo che lui mi volesse bene, ma allora perché lo aveva fatto?Era questa l'unica domanda che all'età dei miei quattordici anni mi continuavo a ripetere in testa come una specie di mantra, in cerca di una misera risposta che però non ricevetti mai.

Come una stupida cercavo di comprendere le sue azioni, di giustificarle in qualche modo, perché dopotutto lui era stato l'unico uomo tra migliaia che aveva deciso di adottarmi e portarmi via dalle grinfie di quell'orfanotrofio sudicio, ma ora come ora vorrei che non lo avesse mai fatto.

Il male che mi veniva inflitto a quella giovane età mi rendeva sempre più consapevole in che razza di mondo di cui facevo e faccio tuttora parte. Quante persone sempre più giovani e innocenti subivano cose talmente atroci da decidere di togliersi la propria vita?

Ma nonostante tutto la cosa che più mi fece male tra tutte non era la visione del sangue fuoriuscire dalle mie ferite il giorno seguente, ma che in fondo un po' mi piaceva tutto quello. Mi sentivo in pace con me stessa nell'esser riuscita anche solo a provare una minima parte del male che la mia povera famiglia aveva provato quel giorno.  E probabilmente era stato proprio questo il motivo per cui non avevo mai mosso un dito mentre quella cintura di pelle che tanto odiavo mi colpiva, ma non riuscì a fare altrimenti. 

Era l'unico modo che conoscevo e non volevo privarmi di qualcosa di tanto doloroso.

Ogni qual volta che sentivo bruciare il punto in cui poco prima la mia pelle era entrata in contatto con quella cinta, non facevo a meno di chiedermi se anche loro avessero sentito lo stesso dolore, se anche loro avessero versato almeno una lacrima prima di aver esalato l'ultimo respiro.

Ma poi compresi che non esisteva alcun dolore comparabile a tutto quello che loro provarono, e solo allora mi detti della cretina per aver anche solo creduto per un momento che tanta angoscia si sarebbe potuta compensare con un altro vuoto tanto esteso.

Ogni notte, ogni giorno, ogni ora, e ogni minuto della mia inutile esistenza solo dio sapeva realmente quanto avrei desiderato che la mia vita terminasse seduta stante, ma non potevo farlo.

Non potevo dimostrare a tutte quelle persone che ogni giorno sopportavo, studiavo e vedevo, quanto debole fossi apparentemente.

Per quanto però mi sforzassi di comprendere ciò che non mi era possibile di osservare e spiegare, non riuscivo a capire il perché. Perché persino l'universo mi riteneva una persona tanto spregevole da far in modo che patissi le pene dell'inferno?

Senza neanche rendermene conto per quanto persa fossi, mi trovai con le spalle al muro, con le ginocchia al petto, con il mio sguardo che si posava in un punto impreciso di quella stanza offuscata e i miei singhiozzi strozzati che interrompevano il silenzio sovrano lì dentro.

Stavo avendo un attacco di panico e l'unica cosa a cui riuscivo a pensare in quel momento, era che molto probabilmente nel corso della mia esistenza avevo deluso più persone che averle mai rese fiere di me.

"Hey hey che cos'hai?" Cercò di dirmi il più dolcemente possibile Lewis, nonostante la sua tonalità di voce lasciava intendere quanto allarmato fosse.

Con due grande falcate si trovò immediatamente di fronte a me e senza perdere altro tempo si sedette anche lui a pochi centimetri di distanza dalla mia figura, tanto che potei sentire il suo ginocchio sfregare contro l'interno della mia coscia, distraendomi di conseguenza un minimo dai miei pensieri.

"Nien-te" Singhiozzai di nuovo cercando inutilmente di nasconderlo posando il capo tra le ginocchia, ma quando sentì la sua mano calda poggiarsi sulla parte superiore della mia schiena sussultai sorpresa di tale gesto.

Nonostante fossero passati 10 minuti scarsi dall'abbraccio che gli avevo riservato poco prima, non ricordo l'ultima volta in cui avevo ricevuto un qualche minimo d'affetto da parte di qualcuno.

"Mentire non fa proprio per te." Cercò di alleviare la tensione scherzando leggermente, ma ciò invece la fece peggiorare ulteriormente.

Perché mi comportavo così? Perché non potevo essere una di quelle tante stupide ragazzine con la vita perfetta? Perché proprio a me doveva succedere tutto questo?

Ormai stavo tremando inconsolabilmente da non so quanto, e nonostante i vari tentativi dell'inglese mentre cercava di aiutarmi, fu tutto quasi inutile.

Sempre con il suo tocco leggero ma deciso, mi scosse leggermente le spalle per poter riavere la mia attenzione su di lui, ma non appena lo guardai cercando di comprendere che cosa mi stesse cercando di dire la sua voce mi giunse ottavata, e ciò che fece successivamente mi lasciò senza fiato in corpo per quasi un minuto intero.

Quando lo vidi spostarsi dalla mia visuale pensavo che avesse oramai perso le speranze nel cercare di farmi riacquistare la calma che avevo perduto troppo in fretta, ma invece, con la mia sorpresa, si mise al mio fianco sinistro con un semplice gesto rapido. Questo fece quindi sì che mi appoggiassi interamente su di lui.

Il mio capo era posizionato sul suo petto, con una mano mi cingeva la vita e con l'altro invece accarezzava i miei capelli nel vano tentativo di calmarmi mentre mi sussurrava all'orecchio frasi rassicuranti.

Sapevo che avrei dovuto spostarmi o come minimo cercare di darmi un minimo di contegno, ma non volevo. Il suo fiato caldo sul mio collo mi mise i brividi, ma non di disgusto e questo non fece a meno di farmi sentire a casa tra le sue braccia e avvolta dal suo profumo di mare dolce.

Non mi accorsi nemmeno di star trattenendo il fiato finché non sentì i polmoni bruciare nel reclamare almeno un filo d'aria possibile per non andare in collasso totale, come invece aveva fatto già la mia mente.

Il silenzio regnava sovrano in quelle quattro pareti.

Non riuscivo a parlare, e neanche il tipo con le treccine sembrava avesse intenzione di interrompere in qualsiasi modo, quel piccolo ma significativo momento.

Ma come sempre non riuscì a fare a meno di pensare a come l'indomani non mi sarei neanche più ricordata gli avvenimenti di quel dannato giorno deprimente, perché lo era senza ombra di dubbio. L'aver fatto perdere tempo al pilota britannico più rinomato nel mondo dei motori, mi faceva intristire. Ero delusa da me stessa per aver fatto prevalere in un momento del genere delle inutili facciate della mia vita quotidiana.

Pensai a come quelle dannate ricadute non facevano a meno di perseguitarmi, e di come mi sarei sentita persa il giorno seguente nel sapere che nessuno si trovava a fianco a me ad asciugare le mie continue lacrime salate.

Perché sì anche se non volevo ammetterlo, tutti quegli anni passati senza qualcuno accanto non mi erano mai pesati più di tanto, ma ora che avevo provato come ci si sentisse in compagnia di qualcuno che tanto apprezzi come persona ma soprattutto come amico, non era affatto male.

Chiusi gli occhi involontariamente, mi lasciai cullare dal suono dei battiti regolari del cuore dell'inglese e dal suo tocco finché non mi rilassai completamente e mi lascia andare, addormentandomi di conseguenza tra le sue braccia ben allenate. 

Fino a te.. [in pausa]Unde poveștirile trăiesc. Descoperă acum