chapter 12

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15.35 – Lando Norris sale in P6. 1'12"379 per il pilota della McLaren.

15.36 – Ferrari momentaneamente in prima e in terza posizione, grazie all'1'12"093 di Leclerc, che si porta a 12 millesimi da Verstappen.

15.38 – Hamilton si porta in P2 in 1'12"074. Lewis, Max, Leclerc e Bottas sono attualmente tutti dietro Sainz, l'unico sotto l'1'12.

15.42 - Leclerc è al momento al comando in 1'11"684. La Ferrari è davanti a tutti gli altri con la doppietta composta dal monegasco e dallo spagnolo.

15.45 - Ancora Leclerc, che dà quasi quattro decimi a Lewis e a Verstappen a parità di mescola.

15.46 – Sainz invece è in modalità passo gara: 11 giri per lui sulle soft. Lo spagnolo ha accumulato finora 28 giri su quelle gomme.

Panico, ecco cosa provai quando scorsi una bandiera gialla lampeggiare luminosa sullo schermo.

Speravo nella mia mente che fosse a causa di un testacoda di qualcuno, e non di certo per un'incidente davvero ma davvero pericoloso. Ma quando vidi il replay di un certo Mick Schumacher andare contro le barriere nella salita verso il casinò, non feci a meno di preoccuparmi e sperare che stesse bene.

Per quanto amassi sporcarmi le mani e aiutare le carrozzerie a tornare in sesto in quel momento l'auto ormai rovinata in ogni punto, passava in secondo piano. La vita di una persona è decisamente più importante di quattro pezzi di ferro messi insieme e questo io lo sapevo benissimo.

Dopo vari richiami preoccupati dal proprio ingegnere di pista il tedesco rispose, facendo intendere che stesse bene nonostante tutto l'accaduto, si poteva però notare quanto dispiaciuto fosse per il fatto che la sua sessione fosse ormai andata perduta.

Mick poco dopo nella sua Haas iniziò a procedere lentamente verso i box con la posteriore destra forata, ma il motore sembrò non avesse alcuna voglia di collaborare. Quest'ultimo infatti si spense improvvisamente e Schumacher fu costretto a parcheggiare la sua Haas dopo la chicane.

Il team principal al mio fianco non fece a meno di sbuffare spazientito, mentre io attendevo che la monoposto venisse trainata fino ai box. Ma neanche un minuto più tardi la bandiera rossa scattò, facendo sbuffare nuovamente non solo Toto ma anche i vari meccanici all'interno del box.

"Che cosa succede?" chiese Hamilton via radio, come anche molti altri piloti che erano pronti per lanciarsi in quel momento. "Bandiera rossa Lewis, torna ai box."
"Oh andiamo." imprecò l'inglese mentre rallentava leggermente per non prendere una penalità.

Ero confusa, sorpresa e arrabbiata. Se solo quello stupido motore non si fosse fermato, a quest'ora Hamilton sarebbe riuscito a fare un giro da favola, per non sminuire ovviamente il fantastico lavoro delle due Ferrari fino a quel momento. Ma quando la FIA dette l'avviso che la sessione non sarebbe ripresa, non riuscii a sentirmi pienamente d'accordo con loro.

Certo comprendevo il perché di quella bandiera rossa, del perché avessero fatto tornare le auto ai box, ma non comprendevo il perché far perdere la possibilità a dei piloti di migliorarsi e di avere maggiore confidenza con i componenti delle proprie monoposto.

Spostai lo sguardo sull'auto numero 44 e non feci a meno di pensare a quanto l'immagine dell'inglese che scende da quella vettura, spettinato leggermente e arrossato sulle guance, lo facesse apparire ancor più bello del normale.

Egli si diresse a parlare di dati e valori con i propri ingegneri non avendo ancora notato la mia presenza.

Io invece presi in considerazione l'idea di andare a far visita a un'altra scuderia poco distante. In fondo ero lì per un motivo, e non avevo proprio nulla da perdere. Presa da questa irrefrenabile voglia di curiosare, mi alzai dallo sgabello scuro, e mi diressi verso il colore della passione e dell'amore che avevo sempre provato nel pensare a quella squadra molto ma molto grande e favolosa.

Il rosso prevaleva su ogni cosa, che fossero sedie, caschi, o meglio ancora le bottiglie. Era una specie di paradiso interiore, e a differenza della Mercedes, lì si poteva ben distinguere la differenza tra i due top team. I rossi erano uniti da un unico desiderio, da un'unica forza, e da un'amore senza precedenti verso quei due piloti, che in quel momento stavano parcheggiando nella pit line le auto.

Avevo sempre amato il loro spirito, e nonostante quella stagione non stesse andando da favola, non si davano per vinti, e in ogni caso cercavano di mettere pressioni agli altri. La scelta dei piloti era ben accetta invece, Leclerc con i suoi immancabili sorpassi, e la sua voglia di redimersi riusciva a portare a casa punti davvero fondamentali. Sainz invece non era da meno, in fondo è stato cresciuto da uno dei più grandi piloti automobilistici, era ciò che tutti si aspettavano da lui. Insieme erano invincibili, e da soli erano davvero una forza.

Amavo vederli, tifare per loro e pregare che ogni cosa andasse per il verso giusto durante i weekend di gara, visto quanta sfortuna perseguita soprattutto il pilota monegasco nel suo gran premio di casa. Ma ciò non toglieva quanta forza d'animo avevano e hanno tutt'ora, e non mi stupirei di certo se l'anno prossimo vincessero il campionato costruttori e forse anche quello dei piloti.

Essere inglese aveva i suoi vantaggi ma anche i suoi difetti, infatti per quanto amassi la Mercedes e i suoi piloti, non riuscivo a non pensare alla Ferrari talvolta. Sapevo che in un certo senso stavo voltando le spalle verso ciò che ero e sempre sono stata, ma non riuscivo a farne a meno.

L'Italia aveva un non so che di fantastico, e nonostante avessi cercato di imparare l'italiano perfettamente non avevo mai avuto l'opportunità di usufruirne. Hamilton era e sarà sempre il mio inglese preferito, ma in fatto di scuderia non riesco a fare a meno di mettere al primo posto quella rossa.

Quando smisi di fantasticare su quei tanto amati ragazzi, mi recai a fianco ad alcuni ingegneri che guardavano attentamente alcune statistiche. Quest'ultime sembravano riportare i vari dati e confronti tra la monoposto numero 16 e quella del giovane Max Verstappen.

Eppure non mi stupì di scorgere il nome dell'olandese come maggiore rivale, in fondo quel ragazzo aveva davvero talento da vendere.

Fino a te.. [in pausa]Where stories live. Discover now