8. Il coraggio di vivere

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Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza.
caratteri più solidi sono cosparsi di cicatrici - Khalil Gibran

Taylor

Aprile 2009

Giorno di pasquetta, tutti i miei cugini si divertono in montagna insieme ai loro amici e io invece resto sempre a casa. Tutti penserebbero che sono asociale, che non amo stare tra la gente, ma le apparenze spesso ingannano. 

Sono un'adolescente abbastanza timida, provo a relazionarmi con gli altri ma ogni volta mi sento inadeguata. I modi di ragionare dei miei coetanei sono troppo diversi dai miei e allora mi isolo tornando nel mio mondo, quello in cui solo io posso capirmi. 

Ho provato più volte a instaurare dei legami, partecipare alle iniziative ma poi accade sempre che mi mettano in disparte. Le uniche con cui trascorro qualche pomeriggio sono Maddison e Chloe, ci divertiamo a travestirci e insceniamo delle scenette divertenti. 

Una volta abbiamo addirittura realizzato un piccolo video comico da inserire sui social. Con il tempo i rapporti tra me e Chloe sono declinati, scopro che il suo essermi amica riguarda soltanto i compiti di scuola. Esiste la vera amicizia? Qualcuno che mi apprezzi senza secondo fini? Credo di non averla mai incontrata. 

L'unica che ha la capacità di scalare il muro della mia diffidenza è mia nonna. Oggi ha deciso che saremmo andate al mare insieme all'altra nonna Sophie. Il suo intento è di arrivare sulla spiaggia e deliziare il nostro palato con un abbondante pic-nic. 

Prima di partire, prendiamo una cesta e iniziamo a inserire dentro ciò che vogliamo portare: il pane tagliato a fette, la frittata, del formaggio a cubetti, qualche pomodoro, un po' di torta di mele e infine delle bottigliette d'acqua. Il pranzo non è quello di un riccone ma per me, qualsiasi cosa prepari la nonna, è pura poesia. 

Loro cominciano a seguirmi a piedi mentre io decido di prendere la bicicletta perché, abitando in discesa, è più comodo sfrecciare con un mezzo a due ruote piuttosto che usare le proprie gambe. Sono sempre stata pigra quando si tratta di praticare attività fisico-motorie. 

A scuola, tutti i martedì che c'è educazione fisica, sembro la ragazza più annoiata sulla faccia della terra. Il motivo principale è che, ogniqualvolta la professoressa Harrison ci dà degli esercizi da svolgere in palestra, il giorno dopo sono invasa da dolori ovunque. 

Impiego una settimana per riprendermi, ma poi torna di nuovo il momento di allenarmi e la routine ricomincia. L'unico sport che forse, ma dico forse, lo definisco meno faticoso è il badminton. 

Per chi non lo conosce, si gioca colpendo con una racchetta un oggetto leggero di forma conica aperta, chiamato volano, facendolo oltrepassare la rete e mandandolo nella metà campo opposta, dove dovrà essere ribattuto al volo dall'avversario. Mentre la famosa "cavallina" mi irrita così tanto che fingo di avere qualsiasi tipo di problema, pur di non prendere lo slancio. 

La mia peggior paura è quella di cadere: sia in alta quota che da una semplice scala. Non capisco come mai la mia insegnante ci tenga particolarmente, è un gioco stupido. È meglio fare una corsa per tre o quattro volte, piuttosto che saltare su quell'aggeggio. 

Preferisco il mio comodo divano e una bella lettura del mio amato Nicholas Sparks. Sono fin troppo sedentaria ma stare sulla poltrona con un ottimo libro è un buon allenamento, quello mentale.

Decidiamo di recarci prima al parco, quando ero piccola dell'età di circa otto anni, non aspettavo altro che correre per quei sentieri, giocare con l'altalena e far finta di essere una regina nelle costruzioni di legno con lo scivolo. C'erano addirittura dei pony, potevi prenotare e ti permettevano di cavalcarli. 

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