4. Ricordi

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Dobbiamo essere grati alle persone che ci rendono felici, 
sono gli affascinanti giardinieri che rendono 
la nostra anima un fiore. - Marcel Proust

Christian

Settembre 1995

Stamattina mi devo svegliare presto, è il primo giorno di scuola nel nuovo istituto. Sono circa le sette, un suono fastidioso vibra nella stanza e invece di alzarmi, allungo la mano per spegnere quella stupida sveglia. 

Riprendo le coperte e mi rannicchio così da riscaldarmi. Dopo circa cinque minuti mia madre si presenta nella camera, spalanca le tende e vengo investito da una luce fastidiosa. 

Dei piccoli lamenti fuoriescono dalla mia bocca ma lei non demorde, sposta il lenzuolo e si avvicina chiedendomi con gentilezza di non brontolare. Prova a incoraggiarmi dicendomi che conoscerò nuovi amici e potrò vivere una vita dignitosa. 

I suoi capelli neri cadono sul mio viso provocandomi un prurito al naso, parte uno starnuto così forte che scoppia a ridere. I suoi metodi sono innovativi, non urla mai e cerca sempre di convincermi che, se mi impegno, smetteremo di vivere in questa catapecchia di casa. 

Per mia madre sono quell'unico regalo speciale che le ha concesso la vita. Mi ripete sempre che non devo rinunciare ai miei sogni e, se voglio realizzarli, dovrò lottare con l'unica arma che possiedo: la mia intelligenza.

‹‹Mamma... non voglio andare a scuola!›› mi impongo con uno sguardo imbronciato. ‹‹Non sono di quel mondo, non mi accetteranno mai!››

‹‹Su tesoro smettila, non hai nulla di diverso. Guarda, hai gli stessi occhi, lo stesso viso, lo stesso sorriso›› mentre pronuncia queste parole, mi prende tra le sue braccia e mi fa il solletico. Agisce così quando cerca di tirarmi su il morale.

Che bella la mia mamma. Un giorno, quando sarò grande, voglio essere come lei. La stessa forza, dolcezza e bellezza. È la mia roccia. Non saprei sopravvivere senza di lei. 

Prima di scendere a fare colazione, mi aiuta a vestirmi. Indosso un pantalone nero con piccole cuciture sulle ginocchia, nascondono i segnali della mia situazione economica poco agiata ma questo è l'indumento che più amo, mia madre sa quanto ci tengo. 

Poi metto anche una maglia rossa abbastanza scolorita, mostra i segni dei continui lavaggi che ha subito. E infine le scarpe, le uniche a essere nuove perché me le ha comprate con i risparmi di due mensilità. Vado in cucina e trovo sul tavolo un'enorme tazza di latte e dei biscotti. 

I miei occhi si illuminano, una colazione così abbondante non la vedo da tantissimo tempo. Afferro il cucchiaio e comincio a mangiare, alzo la testa e lei sembra essere felice. Però noto che non tocca nulla. 

È da un po' di settimane che si comporta in tale maniera, forse non avrà fame. Le offro un po' della mia zuppa ma rifiuta con dolcezza, mi dice che ha assaggiato qualche biscotto prima di salire a chiamarmi. 

È giunta l'ora di andare a scuola, sono molto ansioso, non conosco nessuno e integrarmi non sarà per niente facile. Ancora non comprendo come possa essere possibile per me studiare in una scuola tanto costosa. Lì ci sono figli di avvocati, medici e professori. 

Chi sono io rispetto a loro? Nessuno! L'unico modo per poter sopravvivere è cercare di rimanere nell'ombra il più possibile. Quello che non posso abbandonare è il coraggio di tentare ma, senza un amico, sarà tutto troppo difficile. 

Usciamo di casa ed entro in macchina con il viso abbassato, mia madre se ne accorge subito. "Ti lascio un po' distante, così nessuno vedrà questo catorcio", mi dice. È come se avesse la capacità di leggermi nel pensiero. 

Ci fermiamo a circa due metri di distanza dall'entrata e, prima di scendere, mi dà un bacio sulla fronte accarezzandomi dolcemente. Alcuni genitori che passano ci osservano di sottecchi, la nostra auto deve aver attirato la loro attenzione. 

Ma non importa, il sorriso di mia madre mi trasmette speranza e quando sarò grande, le regalerò un mezzo nuovo di zecca rosso fiammante come le sue labbra carnose. Devo essere bravo, devo farcela per lei. Voglio che sia orgogliosa di me. 

La saluto e mi dirigo verso il cancello, tenendo fra le mani il mio zainetto. Sono pronto per questa nuova avventura anche se percepisco le mie gambe esili che tremano. Appena giungo davanti l'ingresso, sollevo la testa e un immobile mi lascia a bocca aperta dallo stupore. 

È davvero enorme, dotato di un grande giardino ben curato e l'edificio pare abbia moltissimi anni per l'aspetto un po' gotico che mostra ed è di colore grigio e blu. Mi sento piccolo come una formica che cerca di farsi spazio tra le altre. 

Entro nel corridoio e improvvisamente mi fermo restando paralizzato. I miei arti inferiori quasi cedono, ma perché sono qui? Le lacrime rigano il mio viso, fino a quando una mano mi tocca la spalla.

‹‹Hey, primo giorno?›› Un bambino dagli occhi verdi e capelli castani adornati di riccioli, si rivolge a me sorridendo.

‹‹Sì, mi sono perso.››

‹‹Oh... la tua mamma perché non è con te?››

‹‹È andata a lavoro, non poteva restare›› abbasso lo sguardo, non desidero rivelargli che è stata una sua scelta non entrare. Quale madre abbandona suo figlio nel momento più importante della sua vita? Non ne comprendo la ragione.

‹‹Oh non essere triste, ci sono io. Non ti preoccupare. Io e mia mamma ti aiutiamo. Vero?›› si rivolge a una signora che lo tiene per mano.

‹‹Certo tesoro!›› risponde la donna con un certo portamento regale.

‹‹Ti ringrazio...ecco...non so cosa dire›› stringo ancor di più lo zaino mentre provo a essere gentile come mi ha insegnato la mamma.

‹‹Non devi dire nulla, anzi ti siedi anche accanto a me. Comunque mi chiamo James. James Parker.››

‹‹Christian. Christian Owen.››

Song: A modo tuo - Elisa

Song: A modo tuo - Elisa

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SPAZIO AUTRICE

In questo breve frammento, vi ho catapultato nei lontani ricordi del nostro Christian. Come vedete la vita per lui era molto difficile ma nonostante ciò, sua madre affrontava tutto con il sorriso. Spero che riuscirete ad apprezzarlo sempre di più, al prossimo aggiornamento!! Non tarderà ad arrivare. 

Dark TruthsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora