10. Il ritorno, la vita, la sfida

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Non è vero che il cuore si trova
nello stesso punto, in ognuno di noi.
In alcuni è a pochi centimetri dall'Ego, 
in altri è a pochi centimetri dall'Anima.
Fabrizio Caramagna


Una settimana dopo...

Taylor

Maggio 2019

Oggi finalmente tornerò a casa, sembra passata un'eternità da quando ho messo piede in quest'ospedale a causa di una fatalità. Nonostante gli investigatori si sono adoperati per comprendere chi sia stato, non ci sono riusciti. 

Ieri, l'agente Hale mi ha esposto lo sviluppo delle indagini. Sull'asfalto sono stati rinvenuti residui biologici miei e di Thomas, mentre quelli metallici riguardano il nostro veicolo. Ci sono solo tracce di pneumatici del presunto colpevole. 

In poche parole, il pazzoide è andato dritto contro di noi, ma la manovra tempestiva del mio ragazzo ha evitato l'impatto frontale, tuttavia senza scongiurare il cappottamento della macchina. Chissà se mai riusciranno a catturarlo. 

Sono rimasta sconcertata quando ho scoperto il nome della clinica, "Jefferson", la stessa che si è portato via mia nonna. Ogni mattina, quando mi sveglio, mi vengono i brividi. Magari ho dormito nella medesima stanza e ho usato il suo letto. 

Il suo problema era neurologico, vicino alla situazione in cui mi trovo. Ancora non mi spiego come mai, durante il coma, abbia incontrato lei. Forse è rimasta la sua forza vitale in questo luogo. 

Un'infermiera arriva e mi accenna che fra dieci minuti sarebbe passato il dottor Owen, al quale devo la vita. Sono convinta che, se ci fosse stato lui tre anni fa, mia nonna sarebbe ancora viva. 

Divento malinconica nel ripensare al suo sorriso. È stato spento così velocemente che non riesco ad accettare la sua assenza. Il medico che mi segue ha un animo buono, l'ho capito fin da subito. Una lacrima inizia a scendere lungo il viso mentre il dottor Owen entra, mi affretto a toglierla via. 

Indossa il suo solito camice bianco, lo stetoscopio intorno al collo e dei capelli che ricadono sugli zigomi. Si avvicina sorridente, è così solare. Come riesce a esserlo sempre? Ha tra le mani una cartella verde da cui sporgono dei fogli. Attendo questo giorno con ansia, potrò rivedere mia sorella; mi manca tantissimo.

‹‹Salve Taylor, sono passato per portarle il foglio firmato con le dimissioni. Prima di andare, legga il piano terapeutico che le ho prescritto. Mi raccomando, prudenza. La testa è guarita ma al momento occorre che prenda i farmaci riportati sul documento e, se ci dovessero essere problemi di qualsiasi natura, mi contatti. Soprattutto se sente dolore. Cerchi di stare serena, il ritorno a casa deve essere graduale. Nessuno sforzo che non sia necessario, la raccomando.›› Adagia tutto sul mio letto, mi porge il suo bigliettino da visita ma non lo lascio andare via. Mi ha promesso una cena.

Lo afferro dal braccio. ‹‹Pensa di liquidarmi così?››

‹‹Come scusi?››

‹‹Mi ha promesso un aiuto, se lo ricorda?››

‹‹So quello che ho detto. Non credo che sia una buona idea. Quella sera era in preda all'ansia. È stato un modo per calmarla, le ho dato la possibilità di avere un motivo per non abbattersi.›› 

Scatto in piedi e mi dirigo verso di lui. Essendo più bassa, sono costretta ad alzare lo sguardo per parlargli. Sono alta circa centosessantotto centimetri: una nana. Il mio viso è vicinissimo al suo petto.

‹‹Non si promettono illusioni!›› punto l'indice verso di lui. ‹‹È per caso bugiardo come gli altri uomini? È una sorta di abitudine?›› Non perdo il contatto, voglio che quei occhi azzurri non smettano di fissarmi.

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