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Capitale Città-Stato Cronon

Regno di Cronon



«Meel!»

La lama riuscì a scheggiare appena il resistente tronco della quercia. Non era abbastanza. Meel ritirò il braccio, massaggiandosi i muscoli della spalla destra, ora dolente.

Raccolse dall'erba il pugnale, prese nuovamente lo slancio, e lo scagliò con tutta la sua forza contro il legno.

«Meel! Dannazione!»

Le urla di sua madre la raggiunsero troppo in fretta. Se la ritrovò accanto prima di potersene rendere conto.

«Cosa diavolo stai facendo?» sbraitò la donna, poi la sua testa saettò da una parte all'altra del giardino per assicurarsi che nessuno l'avesse sentita imprecare. Guai a rovinare la sua perfetta immagine. Tornò a fissare la figlia, e l'istante successivo afferrò con forza le guance della giovane tra le sue dita tozze. «Questo è fango?» domandò, le labbra arricciate in una smorfia di puro disgusto.

Meel cercò di scostarsi dalle sue grinfie, ma la donna strinse la presa.

«Guarda come ti sei conciata, continui a essere una delusione» sputò tra i denti. Un'ultima occhiataccia e la liberò. «Va' a cambiarti, tra poco abbiamo ospiti.»

Meel deglutì. «Sì, madre» rispose, gli occhi cristallini piantati nell'erba sotto di lei.

Sì incamminò verso l'entrata riservata alla servitù dell'immensa villa dei suoi genitori.

Attraversò la porta in legno ritrovandosi negli alloggi delle cameriere, che incrociandola lungo il corridoio chinavano rispettosamente il capo. Nessuna di loro era sorpresa di vedere la propria padrona lì, le visite di Meel negli alloggi della servitù erano qualcosa di quotidiano.

«Buongiorno Signorina» la salutò la Prima Cameriera, una donna tarchiata sulla quarantina, un viso gentile incorniciato da dei lunghi capelli castani.

«Buongiorno Isidora, sai dove si trova Lissa?»

«Dovrebbe essere nella sala delle letture.»

Meel la ringraziò, poi a passo svelto salì le scale che portavano dalle camere della servitù al corridoio del primo piano. Svoltò l'angolo diretta verso l'ala ovest, mentre i suoi stivaletti marroni lasciavano piccole impronte di fango sul marmo dei pavimenti.

Oltrepassò la sala della musica e subito dopo quella della biblioteca, poi svoltò l'angolo e spalancò le porte della camera delle letture.

Lissa era vicino al tavolo da tè, intenta a pulire con un panno bianco un grosso vaso in cristallo.

Presa alla sprovvista dall'inaspettata intrusione, la ragazza fece quasi cadere il prezioso oggetto che aveva tra le mani.

«Meel!» quasi urlò. «Santo cielo!» si portò una mano al petto, come se potesse in quel modo riuscire a rallentare i battiti impazziti del suo cuore. «Credevo fosse...»

«Mia madre?» terminò Meel per lei.

Lissa annuì, riposizionandosi una ciocca dei capelli biondi dietro l'orecchio sinistro.

«Non dovresti essere qui» sentenziò la giovane cameriera, lanciando all'amica uno sguardo mesto. Gli occhi verdi che indugiavano sugli stivaletti sporchi di lei, i capelli castani disordinati, e una macchia di quello che sembrava fango sulla guancia destra. «Tra poco hai ospiti.»

Kingdoms Of AshimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora