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Foresta Settentrionale

Regno di Asedara


La luna era alta nel cielo, ed emanava una fredda luce sulla vegetazione intorno a lei. Il vento fresco della notte si insinuava sotto i suoi vestiti, provocandole dei brividi insistenti lungo il corpo. Erano passati due giorni dal suo incontro con Daerian e di Kevdar non vi era ancora nessuna traccia. Aveva promesso che l'avrebbe trovata, che sarebbe tornato da lei, e per quanto Nyë si sforzasse di credergli, temeva non sarebbe successo. Temeva di star attendendo invano qualcuno che era già morto.

Il pensiero le causò una morsa allo stomaco. Si accucciò su sé stessa, portandosi le ginocchia al petto. Che cosa avrebbe fatto se Kevdar non fosse tornato? Si accorse in quel momento di quanto fosse dipendente da lui. Lei non si era nemmeno accorta della trappola, mentre il soldato aveva notato subito che vi era qualcosa che non andava. Nyë sospirò, sperava solo che stesse bene.

Sul punto di scivolare in un sonno profondo, udì un rumore provenire tra le fronde degli alberi dietro di lei. Spalancò gli occhi e la sua mano andò lesta a estrarre il pugnale dalla fodera.

Lo strepitio si fece più forte. Qualunque cosa fosse, si stava avvicinando.

Prese un grosso respiro, poi si voltò fulminea, il pugnale a mezz'aria che cercava di colpire l'assalitore. Una mano le bloccò il polso.

«Fermatevi, sono io!» le bisbigliò una voce familiare.

Nyë strizzò gli occhi, la poca luce a disposizione illuminò la mascella squadrata della sua guardia del corpo.

«Kevdar?» espirò, sorpresa, poi gli si lanciò contro, catturandolo in un abbraccio.

«Sto bene» affermò lui, ma Nyë se ne convinse solo dopo essersi separata dalla stretta e averlo scrutato un paio di volte.

«Sei qui» palesò lei, e deglutì decisa per liberarsi da un fastidioso nodo alla gola. «Sono passati due giorni, credevo che non ci saresti riuscito. Ho anche provato a non allontanarmi troppo, temevo di renderti le cose difficili, ma avevo paura che loro...»

«Lo so,» la interruppe lui, «siete stata brava.»

«Come mi hai trovata?» domandò, alzandosi in piedi.

Lui sorrise appena. «Per fortuna non sapete coprire le vostre tracce,» poi sospirò vistosamente, «ma per lo stesso motivo adesso dobbiamo muoverci. Come vi ho trovata io possono farlo anche loro.»

Nyë annuì, poi rinfoderò il pugnale. «Non aspettiamo l'alba?»

Kevdar scosse la testa. «Non so quanto sono vicini, ma sono sicuro che loro eviteranno di viaggiare di notte. Questo ci dà un vantaggio, dobbiamo farlo noi e allontanarci il più possibile.» L'uomo scrutò gli alberi intorno a lui qualche istante, poi tornò a guardare la giovane ragazza. «Avete freddo?» domandò, ma non attese una risposta; si sfilò il mantello grigio e lo poggiò sulle spalle di Nyë.

«Grazie» disse lei.

Si immersero nella vegetazione, cauti, mentre la poca luce che la luna forniva loro gli illuminava la via. La foresta di notte aveva un fascino particolare; tutto sembrava così calmo, come se ogni cosa stesse dormendo. Nyë scrutò l'uomo al suo fianco. Anche se il buio non le permetteva di vedere ogni dettaglio, era sicura che Kevdar non avesse nemmeno un graffio. Com'era possibile dopo aver affrontato tutti quei uomini?

«Come sei riuscito a battere una dozzina di soldati da solo?»

«Non l'ho fatto» rispose subito, «non avevo intenzione di combattere. Volevo solo diminuire il numero dei soldati che vi avrebbero inseguito nella foresta. Così ho finto di voler battermi, quando poi mi sono assicurato che voi eravate già lontana, mi sono dato alla fuga anche io. Per quanto sia abile, uno contro dieci non è uno scontro fattibile.»

Kingdoms Of AshimaWhere stories live. Discover now