Forse

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Lavinia Pov

Quando quella voce venne trasportata dal vento, mi ritrovai in piedi a fissare un ragazzo.

Questi stava agitando le braccia per attirare la mia attenzione, motivo per cui iniziai ad avviarmi verso la riva.

Mentre mi avvicinavo la figura di fronte a me iniziava a farsi più nitida e mi accorsi dei suoi capelli biondo sporco, legati in un codino e gli occhi di un azzurro glaciale.

«Stiamo per chiudere» Disse lui con le mani poggiate sui fianchi.

«Si, mi scusi. Avevo bisogno di-» Mi voltai verso il mare. «Di nuotare un po'»

Lo sentii ridere. «Il tu va bene, non sono tanto più grande di te.»Si fermò un attimo a guardarmi prima di chiudere l'ombrellone di fronte a sé.

«Non credo di averti mai vista qui quest'anno.»

«E' perché non sapevo se tornare o meno» Presi l'asciugamano dalla borsa per asciugarmi i capelli.

Lui si portò l'asta dell'occhiale alla bocca prima di portarseli sopra la testa per tirare indietro alcune ciocche,sfuggite sulla fronte.

«Tornare?»

«Vengo qui tutti gli anni da quando ne ho sei.»Risposi avvolgendomi l'asciugamano intorno al corpo.

«Capisco.» Si apprestò a chiudere un altro ombrellone, illuminato dall'ultimo squarcio di sole.
«Immagino che ci vedremo in giro, quindi.»

«Immagino di sì.» Afferrai la borsa e me la misi in spalla prima di avviarmi lungo la passerella, quando sentii alcuni passi dietro di me.

«Sai della festa dei gavettoni di stasera?» Chiese d'un tratto ed io scossi la testa con la fronte aggrottata. Poi fece un mezzo sorriso consapevole.

«E' una festa. In realtà ce ne sono molte qui, specie a Luglio.» Si fermò di nuovo. «Ma questo già lo sai.» Gli occhi di nuovo su di me. «Potresti venire.»

«Beh, in effetti potrei.» Ammisi guardando ovunque, ma non il ragazzo. «Ma ho un libro da scrivere.» Mi voltai e sentii di nuovo quei passi, poi la sua voce.

Profonda come non ne sentivo da un po'.

«Un libro è più semplice da scrivere se prendi un po' d'ispirazione da quello che ti circonda, no?» Chiese fermo stropicciandosi la canottiera rossa.

Rimasi ferma senza voltarmi, arricciai le labbra e, senza dargli una risposta, mi incamminai sulla passerella. Sentivo gli occhi del ragazzo addosso anche a distanza, ma non mi voltai.

Una volta arrivata sul pianerottolo, rimasi colpita dal forte odore di peonie della signora Tricarico. Non sapevo molto di lei, se non che amasse il suo gatto Midnight e il profumo dei fiori sul balcone.

Diceva che servivano a rendere di nuovo bello il mondo. Pensai a quanto fosse fortunata ad aver visto una versione migliore del posto dove vivevamo e provai una leggera punta d'invidia, prima di girare la chiave nella porta del mio piccolo appartamento delle vacanze.

Niente può deluderti più di un odore che non riesci a riconoscere come quello di casa.

E questo fu esattamente quello che provai una volta entrata.

L'odore di stantio colpì le narici quasi istantaneamente. L'umidità che aveva regnato in quella casa per tutto l'Inverno non era riuscita a portarsela via nemmeno il caldo torrido di quell'estate.

Andai in camera senza badare alle cianfrusaglie sparse in giro. Aprii la finestra per permettere alla leggere brezza estiva di entrare, e portar via tutti gli odori che non avrei più voluto sentire.

La libreria vicino alla finestra era piena dei libri che leggevo da bambina: da Stilton a Rodari, di gran lunga miei preferiti.

Poi candele e fiori finti perché a contrario della Signora Tricarico io non avevo visto la bellezza perduta del mondo.

Io ero nata e cresciuta in un luogo dove la fragilità era un difetto e non era vista come un qualcosa da proteggere, bensì da eliminare e rimpiazzare con cose meno autentiche.

Una volta riposti i miei vestiti nell'armadio a muro, e dopo aver aperto tutte le finestre per dare aria, mi buttai sotto la doccia per togliermi il salmastro di dosso e i miei capelli tornarono di nuovo piatti.

Mi avvicinai alla finestra e mi sedetti sul davanzale, sfogliando distratta le pagine del taccuino che continuavo a portarmi dietro da anni.

Lo usavo per annotare qualsiasi cosa mi passasse per la testa, qualsiasi particolare o emozione potesse servirmi per scrivere. Non era niente di speciale, non facevo altro che imitare i poeti romantici con la loro recollection in tranquillity.

Più mi impegnavo ad appuntare le idee, più queste si andavano a nascondere tra gli angoli più bui della mia mente, affinchè non li trovassi.

Provai ad impegnarmi, cancellando più e più volte la stessa parola che mi tornava in mente e che, senza volere, avevo appuntato sul taccuino prima di gettarlo sul letto.

Appoggiai il mento sul pugno chiuso e mi misi ad osservare Tirrenia e tutti i suoi numerosi bagni. Le mini lucciole si susseguivano quasi come fosse Natale e le camicie a fiori spiccavano sulla pelle abbronzata. Poi non troppo distante da casa mia, vidi l'insegna del mio bagno.

Avevo rinunciato a troppo, avevo perso troppo. Ma per fortuna era Estate e si sa che al mare non importa chi sei o cosa hai fatto.

Il mare ti prende e ti travolge senza avvertire; ti permette di avere un'altra occasione, se la desideri.

Mi alzai velocemente ed aprii l'armadio. Lasciando sul letto il taccuino che nascondeva sotto il peso della penna soltanto una parola.

Il mio cuore era stanco di mendicare seconde occasioni, ma proprio non poteva farne a meno.



Nota autrice

Fun fact: avevo scritto parola del taccuino, ma l'ho eliminata perché sono curiosa di sapere cosa pensate abbia scritto. Faccio anche la burlona.

Cosa ne pensate di questo bagnino? L'avete riconosciuto il biondino?

A Mercoledì
S

Le stelle dentro | Harry Styles |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora