4

5.6K 121 5
                                    

Anna

Quella mattina mi ero svegliata con la voce di Nunzia che annunciava fosse arrivato il momento di alzarsi. Mi stiracchiai per un bel po', per poi balzare dal letto, trovando Silvia già vestita e pronta per scendere in mensa.

-c' re sta facc?- mi guardò con il suo solito sorriso, e potetti solamente immaginare il mio aspetto

-facc schif?- chiesi mentre mi liberavo del pigiama, e mi cambiavo

-macchè, tu si semp bellissim, pur cu l'uocchi nu poc nir- rise alla seconda frase, mentre mi tiravo su lungo le gambe degli shorts di jeans

-ti ringrazio per l'incoraggiamento- infilai dentro i pantaloncini una canotta a bretelle bianca, e mi coprì da sopra con una felpa a zip

-intendevo dire, ca' t veca strana, stai pensann a iss ovè?- che senso aveva negarlo? Era la verità, aveva tormentato i miei sogni per tutta la notte, e al solo pensarci rabbrividivo.

-Silvia, certi cos nun s ponn mai scurdá- dissi mantenendo un velo di mistero nelle mie parole, ma ero certa che lei avesse inteso a cosa mi riferivo, o meglio, a chi.

Uscite dalla mensa Liz ci diede la notizia che la nuova direttrice da ora in poi avrebbe unito ragazzi e ragazze in sala comune. Cominciai a respirare con fatica al solo pensiero che avrei condiviso la stessa stanza con lui per un intera ora.

-mettetevi in fila, forza, muitv- ci richiamò Nunzia, e dopo esser stata risvegliata dai miei pensieri da Silvia avanzai seguendo le altre

Feci il mio ingresso nella sala comune, seguita da fischi e commenti da parte dei ragazzi che già avevano occupato la stanza, e non vedevano l'ora dell'arrivo di noi ragazze.

Incontrai gli occhi di Carmine ed una fiamma di speranza si accese in me. Andai verso di lui, e presi posto al tavolino dove era seduto a rigirarsi fra le mani un mazzo di carte.

-stai rischiann a t'assettà ca' Annè- vidi i suoi occhi completamente diversi dal giorno precedente, e mi feci una vaga idea di chi fosse il responsabile

-ca' fatt?- chiesi prendendo il mazzo dalle sue mani, e distribuendo le carte per cominciare una partita

-ieri sera, iss e cumpagn suoij s'ann piglit co chiattil- inarcai le sopracciglia confusa, e lui lo capì

-o' chiattil?- ripetei a bassa voce, e lui si voltò per indicarmi il ragazzo che aveva condiviso la cella la notte del nostro arresto

-chiattì- lo richiamai, e alzò lo sguardo per incrociare il mio. Gli indicai di raggiungerci, e lo vidi avanzare intimorito. Ero perfettamente consapevole di avere addosso i suoi occhi e quelli dei suoi amici, ma per qualche secondo provai a dimenticarmene.

-il mio nome è Filippo, non chiattilo- mi corresse e con un po' di coraggio si sedette

-sai giocare a scopa, chiattì?- conclusi la mia frase con un sorriso furbo, e vidi Carmine sorridermi

-si, ci so giocare- distribuii anche a lui le carte, e diedi inizio alla partita

-chiattì, ti hanno accolto bene?- gli chiesi mentre Carmine tirava la sua carta, e Filippo non mi diede risposta

-non ti devi fidare di nessuno di loro, sono tutti cagnolini suoi. Fatt e cazz tuoij, e vedrai che neanche ti noteranno- lo avvertì sperando che comprendesse quale spregevole persona avesse contro

-o' chiattil nun o capisc, però- sbuffò Carmine, ed intuii che già avesse provato ad avvertirlo

-lui non fa mai niente per niente, crede che tutto gli è dovuto, e al minimo sbaglio già nun si chiù buon. L'agg pruvat ngopp a pell mij- cercai i suoi occhi coperti dai lunghi e folti ricci

-mo e' capit cu chi hai a che fa chiattì?- Carmine sbatté la sua carta sopra quella che aveva appena posato Filippo

-scopa- interruppi il contatto visivo tra i due, cogliendoli di sorpresa, facendo un breve risolino ad entrambi

-Annarè, vienit a fa na partit a biliardin- sentì Totò chiamarmi, e mi voltai verso il biliardino accerchiato dal rosso, cardiotrap, e pirucchio.

-è arrivato il momento di lasciarvi- mi alzai dalla sedia, e mi avvicinai svelta ai ragazzi afferrando i manici del gioco

-jamm bell pirù, ca' t scassamm- saltellò Totò al mio fianco e Gaetano lanciò la pallina, ed in seguito iniziai a muovere velocemente le mani sulle aste, segnando il primo goal

-simm tropp fort- il rosso si gasò ancora di più, e mi battè il cinque

-pirù lievt a miezz ja- qualcuno spintonò Gaetano e prese il suo posto, posizionandosi dinanzi a me.
Stava giocando sporco.
Restai con lo sguardo basso ed il silenzio mi accerchiò. Totò e Cardio avevano lasciato il biliardino per ordine suo, e probabilmente lo avevano seguito anche Pino, ed Edoardo che stavano assistendo a quella che era diventata la nostra partita.

La tensione mi assalì tanto da farmi perdere la concentrazione, e in un attimo la palla entrò nella buca segnando il suo goal. Persi il controllo ed i miei occhi saettarono sui suoi, che mi stavano fissando già da parecchio. Qualunque cosa ci fosse attorno a me scomparì.
Avevo cercato di rinviare quell'evento il più tardi possibile, ma avevo fallito, e adesso mi ritrovavo a combattere contro i miei sentimenti.
Mi fece un sorriso vittorioso, tipico di chi aveva appena ottenuto ciò che voleva.

-ma vafangul- Tirai un pugno al biliardino, e andai verso la grande finestra sbarrata, dopo esser stata rimproverata da Lino.

Mi fermai a guardare la vista sul mare che di giorno splendeva meravigliosamente, nonostante preferissi osservarlo di notte. Dei passi si fecero man mano più vicini a me, fin quando non sentì un soffio battermi sul collo.

-ancor nun te mbarat a perdr- rise leggermente, e la cosa mi fece infuriare ancora di più. Il fumo della sua sigaretta mi colpì la guancia, ed io inspirai dalle narici.

Mi voltai trovandomi faccia a faccia con Ciro Ricci dopo un anno. L'osservai meglio: aveva gli occhi piccoli incurvati verso di me, torreggiando col suo metro e ottanta, sul mio scarso metro e sessanta, e fra le rosee labbra stringeva una sigaretta, che gli rubai, portandola alla mia bocca per poi liberare il fumo aspirato sulla sua faccia.

-pozz perdr nde pazziell, ma ij nda vit nun perd mai, Ciro- sussurrai appositamente con voce rauca il suo nome, e lo vidi subito prender fiato

-co piecur e co chiattil nun cia tener a che fa, ti devono stare lontana- mi sfiorò delicatamente con la sua mano lo zigomo ancora arrossato per poi voltarsi verso i due.

-si t' pienz ca' m può cummanná, stai sbagliann e ruoss, non si chiù nu cazz p me, nient- lo allontanai da me, non appena superò la distanza che avevo posto tra di noi, ed uscì dalla sala comune con gli occhi di tutti addosso, soprattutto di Viola, la quale era da quando Ciro era venuto a parlarmi non aveva staccato occhio dalla scena.

Annarè | Ciro RicciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora