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Anna

-ma pcchè sul ij- quella mattina Liz era venuta in mensa per avvertirmi che avrei partecipato al laboratorio d'argilla

-perchè le tue compagne non lo vogliono fare- mi spiegò mentre percorrevamo il cortile

-e chi la itt ca' ij o vogli fa?- alzai le spalle e mi fermai

-jamm bell, cammina!- Liz mi afferrò il braccio e mi trascinò nel laboratorio dove trovai Edoardo a spostare sacchi d'argilla

-annetta- canzonò e venne ad avvolgere il mio collo con il suo braccio

-stamatin se' scetat Michelangelo- mi avvisò Gennaro, ed io risi

-Michelangelo spuost a man, sennò aggià chiamà o padron tuoij- mi allontanai quando la sua mano dal collo si spostò alla schiena

-ma Cir o' sape ca si vec na bella femmn l'aggia corteggià- si spostò difronte a me con un sorriso fiero. Povera amica mia.

-e Carmela c' n' pens?- non la vedevo da un po' di mesi, da quando era rimasta incinta ci vedevamo sempre di meno, ma mi capitava di sentirla. Era stata la mia migliore amica nel periodo dell'adolescenza. Le avevo fatto conoscere Edoardo, e assieme a Rosa, la sorella di Ciro, eravamo un trio inseparabile.

Al ricordo di quei bei tempi non mi accorsi che Michelangelo era già passato ad un'altra. Una biondina sicuramente del Vomero, o di qualche parte di Napoli alta, che portava al collo un cartellino riportante il nome del suo liceo. La sua camicetta di lino, coperta da un cardigan di un blu spento, erano totalmente differenti dai miei pantaloncini di jeans, la mia canotta di un magenta slavato, e la maglietta nera che mi lasciava una spalla scoperta. I suoi capelli erano raccolti in una perfetta coda, mentre i miei erano raccolti solo per metà, e oltretutto da un mollettone nero.

Storsi il naso alla sua presenza, e fortunatamente la mia attenzione fu attirata da Carmine che era appena entrato nel laboratorio. Ci mettemmo a lavoro, eseguendo gli ordini di quella chiattila.

-qua va bene?- Carmine guardò la bionda mentre spostavamo un grosso scatolone pieno di sacchi d'argilla

-un po' più dietro, poi li dobbiamo mettere sul tavolo- sbuffai e guardai Carmine che mi fece segno di spingere lo scatolo.

Cominciai a mettere apposto i sacchi nel totale silenzio. Di solito il mio amico era sempre pronto a raccontarmi tutto quello che succedeva nei loro dormitori, e di quello che combinavano lui e Filippo. Ma quella mattina, avevamo scambiato si o no 3 parole.

-Ca' ma che tieni?- mi decisi a chiederglielo, e lui mi guardò restando in silenzio. Si voltò e tornò a mettere a posto ignorando la mia domanda.

-ij nun cia facc chiù, nun cia facc chiù- Carmine sbraitò mentre le scatole che stavamo sistemando vennero ribaltate giù dallo scaffale.

-ma c fai... venit tutt e duij- Vidi da lontano arrivare il comandante che afferrò entrambi per il polso

-ma ij c'agg fatt- protestai e l'uomo si fermò davanti la porta della sala barca.

-tu aspiett ca' e nun t movr- mi avvertì e trascinò Carmine dentro la stanza.

Restai lì impalata per almeno dieci minuti fin quando il comandante non si fermò davanti a me. Alzai lo sguardo verso di lui, e sospirò.

-parlc nu poc tu Annè- mi toccò la spalla e se ne andò

Guardai in alto, e raggiunsi il mio amico dentro. Lo vidi appoggiato al grande tavolo con le braccia conserte, ed il viso rigato da lacrime.

-si pop na cap e cazz carmniè- mi alzai sulle punte per potermi sedere sulla superficie del tavolo

-o sacc'- sospirò ed io gli passai una mano dietro la schiena

Annarè | Ciro RicciWhere stories live. Discover now