14 - Un'ottima idea

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Certe cose non sarebbero mai cambiate, alcune lo avrebbero fatto, altre, invece, avevano bisogno del cambiamento; ma attenzione alla tempistica: se si fosse tardato non ci sarebbe stata alcuna redenzione. Anita lo sapeva bene.

Certe cose erano già mutate così come altre non lo avrebbero mai  fatto e l'assoluzione mai sarebbe avvenuta, e lei, consapevole di ciò, in tutta la sua bellezza oscura, avvolta da una sicurezza fatale, viveva seguendo quell'ideale, punendo, uccidendo, giocando con chi la redenzione non riusciva ad averla. Le anime dannate, folli e corrotte erano le sue preferite: accadeva solo perché anche lei era una di loro. Folle, dannata, corrotta. Oh! Questo la eccitava. Tuttavia possedeva qualcosa in più, un lusso per pochi: il controllo sulla sua follia. La domava e la rendeva una sua arma, oltre la Beretta 92 calibro 9 nera che teneva sempre con sé, era chiaro.

Se non fosse stato per le luci fioche, provenienti dalla grande vetrata spoglia delle tende, l'attico sarebbe avvolto da un buio tetro. Tuttavia Anita, seduta a gambe accavallate al tavolo posto acanto al vetro, veniva baciata da quel pallido bagliore. Quello squarcio immenso nel suo appartamento la costrinse a osservare le luci degli edifici e delle macchine che scorrevano sulle strade di Birmingham. Lo faceva con il bicchiere di scotch in mano e la pistola riposta sul tavolo in vetro. Poiché stava riflettendo non le dispiaceva essere obbligata a osservare, lo aveva richiesto lei.

Quella quiete apparente venne però infranta dalla sua figura che, felina, si alzò dalla sedia, perché la sua mente le aveva regalato un pensiero fulmineo, eccitante. Era incerta, Anita, dunque posò il bicchiere semi vuoto accanto alla Beretta, facendo schioccare il vetro del bicchiere con quello del tavolo.

«Devo... devo controllare...», sussurrò a se stessa, mentre, a piedi nudi, si avvicinava alla vetrata.

Osservò le strade umide e aggrottò le sopracciglia, donando al suo viso un'espressione immersa.

"Non è una buona idea", fu il suo pensiero.

Non si decise, quindi, fasciata da un vestito nero, che cadeva lieto sulla sua pelle, si avvicinò di nuovo al tavolo. Il tessuto si mosse lento, seguendo i passi della donna.

Ma poi tutto tacque. Lei si fermò e proprio accanto al ripiano parve esser colta da un pensiero astuto.

"Non è affatto una buona idea farlo questa sera", ribadì.

Chinò poco il busto, prese il suo bicchiere ed entrambi tornarono alla vetrata. Portò il suo amico alla bocca e, guardando ancora fuori, ingoiò il liquido che le bruciò la gola, poi il petto e infine la pancia.

Era proprio perché era una pessima idea che la rendeva un'ottima idea. Un sorriso si fece spazio sulle sue labbra e i suoi occhi finirono per sedurre la sua stessa figura riflessa sulla grande vetrata.

Con ancora gli occhi sul percorso da lei appena deciso, dal momento che la sua Arena, adibita per quella sera, era stata smontata, piegò il braccio sinistro sul fianco destro, come per abbracciarsi, per donarsi una carezza. Invece no. Lo fece per sorreggere il gomito del braccio in cui vi era la mano che stringeva il bicchiere, ormai vuoto, di scotch.

Subito dopo, la serratura scattò per tre volte.

Hunter aveva aperto il portone e, con due buste piene di attrezzi, aveva messo piede nell'oscurità in cui si trovava l'appartamento.

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