18 - Dovere

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Poggiata al balcone, Anita osservava l'auto di Ducan allontanarsi. Era la stessa storia che si ripeteva ininterrottamente: lui correva per schiarirsi le idee e rimetterle, magari, al posto giusto. Lei lo sapeva e glielo lasciava fare, glielo permetteva perché l'unica azione giusta da compiere era lasciarlo andare.

Anita entrò nell'appartamento e chiuse la portafinestra. La solita oscurità la baciò, ma quella volta a seguito di uno schiaffo, come per rassicurarla dopo averle regalato, ancora una volta, sofferenza ingiusta. La casa era vuota e lei inaspettatamente si sentì sola. Il petto venne schiacciato da un peso, da un'angoscia che la fece allarmare. "È meglio accenderla la luce, questa volta", si dice, mentre correva a schiacciare l'interruttore. I suoi occhi osservarono tutto ciò che la circondava, dal divano, alle poltrone, all'angolo bar. Pensava che la luce l'avrebbe aiutata, si sbagliava.

Chiuse gli occhi, inspirò ed espirò per dieci volte, riempì i polmoni e poi espulse l'aria, provò a tranquillizzarsi, a riprendere il controllo e ci riuscì. Le sue iridi si posarono sull'angolo bar: aveva bisogno un po' d'acqua. E non solo per berla. Dissetata, si avviò verso il bagno. Lungo il cammino abbassò la cerniera della tuta, lasciando scoperta la pelle limpida e il reggiseno nero; abbassò anche la zip laterale del pantalone, evidenziando il fianco sinistro, per poi accompagnare delicatamente la porta del bagno, finché non venne chiusa a chiave. Aprì l'acqua della doccia per far uscire quella fredda e far arrivare quella calda, nel frattempo slacciò gli stivali e li tolse; sfilò i pantaloni; tolse la maglia e, in intimo, controllò che l'acqua fosse della giusta temperatura. Decise che per lei era ancora troppo fredda, così si prese un attimo per togliere gli ultimi indumenti, poi però in quella doccia ci entrò.

Il suo corpo nudo venne bagnato dall'acqua tiepida, chiuse gli occhi, così che il getto potesse arrivare sul suo viso e lo potesse lavare da tutte le intemperie. Boccheggiò, l'acqua scorse sulle ciglia, sulle guance e sulla bocca.

"Puliscimi. Lavami. Liberami".

Anita sfilò l'elastico che teneva ancora la treccia intatta e lo posò nel ripiano all'angolo della doccia, i suoi capelli ormai fradici si attaccavano al collo e alle spalle, ma a lei non importava. Si beò dei minuti che aveva a disposizione per redimersi, battezzarsi di nuovo con qualcosa di puro: l'acqua. Anita aprì gli occhi, si abbassò per prendere la spugna e il bagnoschiuma di Ducan pronta ad accarezzare la pelle per ricoprirla di sapone. Era quasi un tocco delicato, tuttavia presto diventò irruente, non era abbastanza. Strofinava, strofinava, strofinava tanto e con forza fino a che la sua pelle diventò rossa come l'inchiostro di una biro. Doveva pulirsi, redimersi. Era sporca di peccati e crimini che la ingabbiavano.

Il campanello suonò, i suoi pensieri e il suo strofinare cessarono, Anita si allontanò fulminea dal getto e lanciò spaventata la spugna a terra. L'unico suono era il rimbombo dell'acqua che cadeva dal soffione sulle piastrelle. "Riprendere il controllo", si disse. Così respirò e noncurante di chi all'esterno stesse suonando, si sciacquò con cautela, lavò via il sapone e poi il viso più volte. Infine chiuse il rubinetto e uscì dall'elegante doccia in stile minimal dal colore dei suoi stessi capelli, non prima di aver strizzato questi ultimi. Indossò l'accappatoio bianco di Ducan e scalza andò in salotto, prese la sua pistola in mano e guardò dallo spioncino chi fosse.

Anita aprì il portone e si appoggiò contro di esso, Ducan alzò il capo e puntò gli occhi sul suo viso. Avrebbe voluto dirle che era bellissima avvolta nel suo accappatoio, dentro casa sua pronta ad accoglierlo, ma abbassò il capo e rimase in silenzio.

La donna aprì ancora di poco la porta e lui ne approfittò per entrare, la giovane fece un passo indietro e sospirò, quando chiuse il portone. Aveva la tentazione di poggiarci la testa e lasciarsi andare, si limitò a far scattare la serratura e a sedersi sulla poltrona, tenendo, senza sforzo, schiena e spalle erette. Coprì per bene il suo corpo e osservò l'uomo riempire un po' d'acqua nel bicchiere in cui aveva in precedenza bevuto lei. Una volta aver bevuto lo riposò sul ripiano, infine si sedette sul divanetto di fronte alla corvina.

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