Capitolo 1 - Un incontro speciale - 2°parte

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Qualche giorno dopo, Savior stava proseguendo con i suoi lavori quando si rese conto che Jessie non si era fatta vedere quella mattina. La cosa gli sembrò un po' strana: lei veniva sempre a fare un giro in laboratorio, le piaceva curiosare e tenersi aggiornata sui progressi. Pensò che forse non si sentisse bene. Per sicurezza, decise di andare a cercarla alla villa. Del resto, lei a Silver Town non aveva né parenti né amici, quindi toccava a lui sincerarsi che fosse tutto ok. Si presentò davanti alla porta della villa, bussò e dopo qualche minuto l'ereditiera aprì. Aveva gli occhi lucidi, come se avesse pianto. Il professore, con tono un po' preoccupato, chiese:

«Scusa il disturbo, stamattina non ti ho vista in laboratorio. Ero solo venuto a vedere che fosse tutto a posto...»

Jessie, con la voce un po' rotta, rispose:

«Sì, non ti preoccupare. È che oggi è un giorno un po' particolare per me... Non volevo disturbare il tuo lavoro, quindi sono rimasta a casa.»

Il professore, incuriosito, replicò:

«Beh, non voglio essere indiscreto, ma se posso esserti di aiuto in qualche modo, non farti scrupoli a chiederlo!»

La ragazza, non riuscendo più a trattenersi, scoppiò a piangere, buttandosi tra le braccia del dottore. Lui non conosceva le motivazioni, ma si sentì stringere il cuore vedendo la sofferenza della giovane, che fino ad allora aveva sempre visto allegra e solare. Così le domandò:

«Che succede? Perché piangi?»

Lei, singhiozzando, confessò:

«È l'anniversario della morte di mia madre.»

Savior cercò di consolarla come poteva. Purtroppo non era molto bravo in queste cose, ma ci mise tutto il suo impegno. La portò in casa, la fece sedere sul divano e le prese un bicchiere d'acqua dalla cucina. Poi le stette accanto finché non si calmò. Si vedeva che la ferita nel suo cuore era ancora aperta. Probabilmente, la tristezza l'aveva assalita durante tutta la mattinata e adesso aveva bisogno di sfogarsi. Così il professore le disse:

«Vuoi raccontarmi di lei?»

La giovane, lasciandosi andare, iniziò a parlare:

«Lei era fantastica, cercava sempre di appoggiare le mie scelte e di esserci quando avevo bisogno di una mano o solo di qualcuno che mi ascoltasse. Praticamente mi ha cresciuta da sola. Mio padre è sempre stato autoritario e assente, interessato solo a gestire la sua azienda, e di questa cosa ne soffriva parecchio anche lei, pur cercando sempre di giustificarlo ai miei occhi. Durante l'adolescenza ci siamo scontrate spesso, ma poi, con il passare degli anni, abbiamo avuto modo di riconciliarci e il nostro rapporto è diventato intimo e sincero.»

Il dottore l'ascoltava attentamente. Così lei proseguì:

«Poi, un giorno si ammalò e per la prima volta vidi mio padre mettere da parte i suoi affari per starle accanto. Si rivolse ai migliori specialisti, mobilitò tutte le sue conoscenze ed esercitò la sua influenza, ma non riuscì a trovare il modo di guarirla. Così sprofondò sempre più nella rabbia, non potendo accettare di non avere il controllo su quell'evento. Probabilmente anch'io avrei seguito il suo esempio se non fosse stato per lei...»

Lo sguardo della ragazza si illuminò e continuò a raccontare:

«Lei affrontò quel terribile momento come un'occasione per migliorarsi, buttandosi alle spalle il rancore e la disperazione, per cercare di trovare un senso più profondo a ciò che stava accadendo. È grazie al suo esempio che ho cominciato il mio percorso di crescita, interessandomi alla teologia, alle discipline orientali, cercando di dare un senso all'esistenza e di trovare il vero scopo della vita. Lei mi ha lasciato, dandomi la più importante delle lezioni, mostrandomi come nell'ora più buia si possa trovare il coraggio per risplendere nel mondo.»

Transcendental Worlds - InfernoWhere stories live. Discover now