3.Coucou!

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Le mie mani sono scosse da leggeri tremori. L'adrenalina scorre fino alle dita dei piedi. Prendo un respiro profondo e mi volto.

Non l'ho mai visto prima. Mai incrociato nei corridoi della scuola.

Ah, sono io quello che non fa caso al mondo esterno al mio.

I suoi capelli corvini e spettinati mi ricordano la tinta che avevo in mente di farmi, metà viso è nascosta dal colletto di una giacca sportiva. Sorregge la testa col palmo della mano, presta attenzione a una domanda, segue le parole con la punta della sua penna. Devo averlo fissato troppo a lungo perché alza lo sguardo su di me e non scovo niente nei suoi insignificanti occhi, c'è solo il nero più profondo. L'unica luce proviene dal sottile anello alla narice.

La prof ci avvisa che è scaduto il tempo e che dobbiamo consegnare i test. Metto le crocette alle ultime domande a casaccio e aspetto sulla soglia della porta.

E quando l'ultimo studente se ne va e rimaniamo da soli, la mia agitazione dilaga, è palpabile da chilometri.

Il tipo aggancia lo zaino su una spalla, i piccoli cerchi che agghindano il lobo sinistro, dondolano ai suoi movimenti.

«Beau? Ma che razza di nome è! Non chiamerei nemmeno un cane così!»

Avanza verso di me, tre piastrelle ci dividono. È calmo mentre io mi trovo in bilico tra incredulità e angoscia.

Schiocca la lingua contro il palato. «Molto avventato quello che hai fatto ieri. Se penso a chi lo hai dedicato, è ancora più sensazionale!»

Lo incenerisco con un semplice scatto degli occhi, tiro fuori le parole incastrate in gola. «T-tu, cioè... Ma che ti salta in mente?»

«Davvero lo hai fatto per Remi?»

«Non era per nessuno tanto meno per lui!»

«Sai che la tua faccia ti tradisce?» Inclina la testa di lato, qualche ciocca si ribella alle altre, scivola sulla fronte.

L'ira sta sguinzagliando i suoi fili, presto sarò un burattino nelle sue mani. Torturo la lingua tra i denti, non so cosa dirgli.
Mi allontano dal mio posto di qualche passo. Calma.

«Come pensavo,» mi sorride compiaciuto.

Incrocio le braccia al petto, lo guardo torvo. «E allora? Dimmi che vuoi, senza giri di parole e senza perdere tempo con le tue provocazioni e i messaggini irritanti!»

«Come fai a non ridere del pollo, è troppo buffo!»

«Sei serio?»

Si limita ridacchiare.
Giuro mi sta mandando su di giri. «Cancella quel video!» tuono, due passi falciano la distanza che ci divide.
Sono a pochi centimetri dal suo volto, i miei occhi schizzano in ogni piega, non c'è muscolo che tradisca la sua indifferenza.

Guardo oltre la sua spalla, verso l'uscita, fingo un'espressione sorpresa.«Non stavamo facendo niente prof!»

Ci casca in pieno. Si volta dietro fulmineo per scoprire chi fosse e io ne approfitto per assestargli un calcio.

Le sue dita già stringono il mio polpaccio in una morsa infrangibile. Ha dei riflessi spaventosi.

«Certo che sei proprio coglione» brontola, stringendo di più la presa.

Mi fa slittare la sola gamba che mi tiene in equilibrio con un colpo di caviglia. Mi ritrovo con la schiena sul pavimento, non ho il tempo di metabolizzare la piccola fitta di dolore alla spina dorsale che uno scoppio acuto all'attaccatura dei capelli lo sovrasta. Mi tira anche per il colletto della felpa e mi spinge contro il muro, tenendomi bloccato.

This could be nothingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora