17.You ain't nothin' but a troublemaker (parte l)

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«...Sì, si sono uniti a noi altri nostri amici e abbiamo passato la serata tranquilli a casa.»

La luce pallida del mattino bacia le onde castane di Remi. Le sue pupille seguono i post che scrolla dal display, come sempre. Curva un angolo della bocca in alto, il piccolo neo sulla guancia si solleva. È un messaggio. Due. Lo capisco dal suono della notifica. Il sesto senso mi suggerisce che è June.

«Poi?» libero a vuoto. La risposta è il sottofondo della città appena sveglia.

«Nulla, che altro dovrei dirti» risponde indisposto passati una manciata di secondi, senza elevare lo sguardo.

Siamo seduti all'esterno di una caffetteria deserta a pochi metri da scuola. Da solo o in sua compagnia non noto grandi differenze. E poi qui non fanno nemmeno il latte al pan di zenzero come lo voglio io.

Ricevo dei messaggi.

Alfie
"Non ho studiato, non entro. Tu ci sei?"

Ian
"Buongiorno 🍓"

Allega una foto appena sveglio. Metà viso sprofonda nel cuscino, intravedo la schiena nuda e il resto è coperto da un lenzuolo che lascia tanto spazio all'immaginazione.

Cazzo.

Scusa, solo quando dorme con me è vestito?

Cazzo, parte due.

Non l'ho pensato veramente?

"Tra dieci minuti suona la campanella e tu ora ti sei svegliato!" Scrivo.

"Davvero pensi alla scuola? Sei un caso perso"

Non è rimasto a dormire con me, non mi ha detto il perché. Tuttavia, mi ha messaggiato e mandato vocali idioti fin quando non mi sono addormentato.

«Devo correre in classe, sono in mega ritardo!» Remi si alza, sistema lo zaino in spalla. «Finisci tutto il cappuccino con calma e non farti venire le fisse» sentenzia. Lascia un bacio sfuggevole sulle mie labbra e se ne va.

Non farti venire le fisse.

È riuscito a incenerire il mio sorriso. Forse ho sbagliato a parlarti dei miei periodi bui col cibo.

Dopo la morte di mio padre, dovevo riprendere in mano una vita che non sentivo più mia, cercare un posto pur sapendo di non appartenere a nulla. Seppellivo il dolore nei modi che la mia mente conosceva, sopravvivevo alle notti insonni. E tornando a scuola mi è apparso Remi, una luce nel suo sorriso migliorava la giornata, la tristezza non lo rasentava mai. E ogni volta che il destino me lo faceva incrociare, non potevo fare a meno di guardarlo. Era perfetto, in tutto.

Una distrazione in più dal dolore, la più potente.

Mi immaginavo come sarebbe stato parlare con lui, stare con lui. E a quei pensieri il mio cuore iniziava a far capricci. Una vita fatta solo di sole e serenità. Senza ombre, senza cicatrici.

E poi qualcuno schiocca le dita, pone fine alla magia. L'idea che mi ero fatto su di lui crolla ai miei piedi e il cuore comprende i buchi di trama in questa grande recita. Non è solo per June. È che è vicino ma lontano anni luce. Mi fa sentire inadeguato, in continua elemosina del suo affetto. Alimenta le mie insicurezze.

E continuo lo stesso. Semplicemente ti aggrappi all'idea di poterti sbagliare. Perché preferiresti questo piuttosto che sentirti stupido nel realizzare che quella felicità in cui hai creduto è solo una bugia.

In fin dei conti pretendo troppo. Neanche io mi affezionerei a me. Ho una tristezza che a nessuno piacerebbe comprendere, delle paranoie ossessive per tutto.

This could be nothingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora