9.Mi piaci tanto!

1.8K 88 237
                                    

Sono in bilico.

Una parte di me è spaventata dalla labilità di quella stretta prudente, voluta da lui; l'altra parte non vede l'ora di ribellarsi all'imbarazzo disarmante.

Non so dove perdere l'equilibrio e buttarmi a capofitto.

È la mia patetica sensibilità. Mi soffermo a lungo sui comportamenti degli altri anche dei più improbabili come lui. Penso, ripenso, sviscero nel niente per trovare un significato che esiste solo nella mia fantasia.

Ricordi, parole, gesti, si perdono l'un l'altro fino ad assorbire pure me.

È lui che stacca il flusso di corrente, ritrae la mano, la domanda è stampata sul suo volto: "Ti ho tenuto la mano tutto questo tempo?"

E sul mio si può interpretare la risposta senza problemi: "Sì, e non ho detto niente perché sono uno zerbino, uno di quelli patetici con la scritta home sweet home".

Siamo in un piccolo parco non troppo distante dalla scuola, da soli.
Il crepuscolo imminente, il freddo che si insinua nelle ossa.

Ian si siede su un tavolo di legno da pic- nic, i piedi poggiano sulla panca sottostante.

«Se salti una volta scuola non succede nulla» afferma secco intanto che rolla una sigaretta.

Mica si nota che sono agitato?

«Tanto già l'ho fatto» mi affretto a rispondere, «una volta avevo un interrogazione, ma sono rimasto a casa, faccio quello che voglio!»

Non so perché ma ho sempre un desiderio inconscio di apparire sfrontato davanti a lui, di gettargli una temerarietà che in realtà non ho.

Ma non c'è paragone.

Lui, un fisico forte e allenato fasciato in comunissimi indumenti che non compromettono il suo fascino, la posa scomposta che comunica sicurezza da tutti i pori. Imperturbabile, troneggia su di me mentre mi nascondo dentro la mia giacca imbottita oversize, la punta del naso ghiacciata. Un pulcino spennato pronto per il tritacarne.

«Wow, che ragazzaccio» commenta, spoglio di qualsiasi emozione. Alza gli occhi su di me per poi bloccarli sulla scintilla che fa scattare dall' accendino.

Perfino la cartina che brucia lenta a ogni tiro, il fumo che evade dalle sue labbra, sono gesti teatrali, ingannatori, come se fosse l'unico che riuscisse a farli.

«Vuoi passare il corso senza sforzi. Faccio gli esercizi al posto tuo, camuffo pure la calligrafia, faccio quelle ricerche di poco conto. Ma quando arriveremo ai compiti in classe, che non saranno tutti test a crocette o alle esposizioni dei progetti di gruppo, dove sarai valutato dal professore, come farai?» Prendo la bustina del tabacco e una cartina dal tavolo. «Insomma, dovresti saperlo, hai già frequentato il corso.»

Gli fanno schifo le sigarette già fatte?

Non so proprio farle, aiuto. Non riesco a rinchiudere il tabacco e il suo sguardo scottante peggiora il tremolio alle mie mani.

«Ci sono andato solo tre volte l'anno scorso e tranquillo, quando arriverà il momento vedrò di cavarmela. L'importante è non destare sospetti, altrimenti la prof mi punta, poi chiama i genitori, il preside!» dice scazzato, prende tutto dalle mie mani e me la fa lui.

Menomale.

«C'è la possibilità che posso farli di sbagliato apposta.»

«Impossibile, non sei il tipo. E poi già sei agitato per aver saltato un giorno di corso,» sogghigna.

Già mi conosce bene.

«Tu non puoi studiare come faccio io?»

«Ho da fare» afferma indisposto.

This could be nothingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora