12.Re di cuori

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Una rosa viola sbuca dal bouquet rosso. Rappresento io, il colpo di fulmine secondo Remi. Mi inebrio ancora qualche secondo dei loro petali, faccio accomodare l'orsetto marroncino sul sediolino.

«Lui può venire con noi, se vuoi.»

«Oh no, lo lascio qui. Ho paura di perderlo.» Chiudo la portiera della sua auto, Remi mi richiude tra le sue braccia e tortura le mie guance di baci.

«Sono bellissimi, grazie!» E ora sono le mie labbra che non vogliono abbandonare le sue.

Ci incamminiamo verso la meta. Gli ho detto che ho avuto un incidente e che da allora non mi sento a mio agio in auto. È un miracolo che riesca a prendere bus o treni. Mi ha accolto con un sorriso indecifrabile.

Purtroppo le ombre che incastro dentro di me riescono sempre a fare breccia all'esterno e ad assorbire chi mi sta attorno.

Tipo Ian.

Mi ha lasciato dormire tutta la mattina, occupandosi di mia sorella. Li ho trovati in cucina a preparare i pancake al ritmo di una canzone.

Lui cantava e ondeggiava i fianchi, mescolando l'impasto in una scodella stretta al petto. Belle, con le guance picchiettate di farina, gli passava gli ingredienti, gli occhi sfolgoranti della sua stessa luce.

Una scena che spero di vivere ogni giorno nel mio futuro, il calore di una famiglia tutta mia che mi avvolge in un abbraccio rassicurante.

Ho intravisto l'artista dal suo Spotify: Gorillaz. Ian e i gruppi che ascolta solo lui e che non conosco, parte due.

E poi sono comparsi mia mamma ed Erik e la magia si è polverizzata. Ian non mi ha rivolto nemmeno una parola prima di andarsene. Forse, ho esagerato. La visione di me tremolante e impaurito deve averlo messo a disagio. Desidero sprofondare sotto terra per l'imbarazzo di essermi addormentato subito tra le sue braccia. Mi sono aperto con lui quando ho giurato di non farlo più e di provarci al massimo con Remi. L'ho già fatto in passato e gli altri non sono mai stati in grado di leggermi. Da allora ho deciso che è meglio non far fuoriuscire nulla, meglio far marcire le anormalità grigie dentro le cicatrici di un'anima morta.

«A che pensi?»

Poso gli occhi su Remi, la sua mano sopra la mia, tra i tè fumanti di un piccolo Starbucks.

«Mi dispiace di averti fatto camminare.»

Affonda le labbra sul dorso della mia mano, potrei sciogliermi all' istante. «Lo so che era una scusa per avere altre rose, ma sono tutti chiusi a quest' ora.»

Ormai sa che ne vado pazzo.

«Preparati che appena prendo la patente ci sarò io alla guida!»

«Ci conto! Scusa ma come vai a scuola ogni mattina? Non abiti nelle vicinanze...Non ti pesa tutto ciò?»

Rigiro il cucchiaino nella tazza. «No, in realtà mi piace camminare, ho la musica che mi tiene compagnia lungo il tragitto. Non mi fido a lasciare la bici fuori scuola, poi. È da quel giorno che... insomma la sto affrontando poco per volta. Ma... a chi scrivi?» Remi ha abbandonato la mia mano già da un po' e anche l'attenzione.

Se ti stavo annoiando bastava dirlo.

Sorride mentre picchietta sul display.

«Remi?»

«Ah.. è June una mia compagna di classe, mi ha chiesto dove fossi.»

«Remi!» squilla una voce dall'ingresso, attirando le teste degli altri tavoli.

Eccola June, saltella verso di noi con un'altra ragazza. Lascia un alone rosso sulla guancia di Remi. «Ecco perché ci mettevi tanto a rispondere, già eri impegnato!»

This could be nothingWhere stories live. Discover now