Capitolo tre

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Anastasia

È tarda notte quando finisco di studiare, mamma dorme da un bel pezzo, quello che staranno facendo Chris e Logan non lo voglio nemmeno immaginare. Chiudo il libro fiera di me stessa e mi lancio sul letto con le uniche energie rimaste.

Fisso il piatto vuoto e pieno di briciole sulla scrivania, quel piatto che qualche ora prima conteneva il mio umile spuntino di mezzanotte: un panino con dentro dell'affettato che, se fosse rimasto nel frigo per qualche altro giorno sarebbe tornato vivo. Battutaccia, lo so. Animalisti non me ne vogliate.

Mi infilo nelle coperte e allungo la mano per spegnere la luce.

Il buio pesto e la comodità del materasso dovrebbero farmi addormentare nel giro di qualche secondo.

Dieci minuti passano e sono ancora sveglia a fissare il soffitto.

Altri cinque minuti, la mia pazienza si sta esaurendo e ora grazie al nervosismo provocato da svariati fattori non neanche un minimo di stanchezza. Mi metto a sedere sul bordo del letto e controllo i messaggi che mi sono arrivati.

Poi si fanno le 1:13, e mi rimetto a fissare il soffitto sperando che un qualche miracolo mi faccia addormentare.

Esattamente dieci minuti dopo, cade qualcosa dalla sedia ricoperta completamente dai miei vestiti e altre cianfrusaglie varie, quindi non ci faccio troppo caso.

Un lampo illumina la mia stanza tramite l'ampia finestra dietro la sedia, e mi sembra di scorgere una figura umana. Un brivido mi percorre la schiena, da testa a piedi. Mi dico che sarà solo la mia immaginazione e mi giro dall'altra parte. Il sonno riempie i miei pensieri e mi trascina nel mondo dei sogni.

La mia coscienza torna in questa realtà a causa del rumore della pioggia che batte con violenza all'esterno. Non apro subito gli occhi, provo a rimanere aggrappata all'ultima parte del mio cervello rimasta addormentata, ma non riesco. Emetto un verso irritato e apro gli occhi.

Un urlo terrorizzato fuoriesce dalla mia bocca.

«Chris, amico. Ti sto aspettando da mezz'ora. Piove, se non te ne fossi accorto»

C'è un ragazzo davanti a me, nella stanza un clima glaciale è causato dalla finestra aperta dallo sconosciuto in camera mia. Mi alzo in piedi, e lui sembra riuscire a scrutarmi nel buio, forse a causa del tuono che per qualche millisecondo ha illuminato la stanza.

«Tu non sei Chris»

«Direi proprio di no»

«E non sei nemmeno Logan»

«Sei scaltro», l'ironia è marcata nel suo tono ti voce.

Con uno scatto mi alzo e prendo le forbici dalla scrivania. «Perché cerchi Chris e Logan? Li vuoi uccidere?» dico con un tono di voce molto lontano dall'essere calmo, sono presa dal panico.

Una persona di cui non conosco niente, nemmeno il volto, poiché in penombra, è in camera mia. La porta è chiusa a chiave e non ho via d'uscita.

«Non ho ucciso e non ucciderò nessuno»

«Come faccio a crederti?», sfodero la mia arma, «Non avvicinarti a me». Gli punto l'arma contro.

«Rispetterò la tua scelta, ma sappi che non è perché sono spaventato da quelle forbici dalla punta arrotondata»

Mi scappa un riso, perché sono imbarazzata e anche un po' umiliata, e mi sento ridicola, ma la mia espressione cambia istantaneamente quando si alza. «Ho detto che non devi avvicinarti» la voce mi esce molto più roca del previsto.

I Knew You Were TroubleWhere stories live. Discover now