Flashback​🌌 2023

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Suo padre morì in un incidente a lavoro, cadendo da un'impalcatura montata male e in fretta.

Sua madre, che non riuscì a superare il lutto, si attaccò alla bottiglia dell'alcol, e per Marcus iniziò un'adolescenza che di spensieratezza aveva davvero ben poco. Fu costretto a crescere in fretta, probabilmente troppo, ma non diede mai ai suoi genitori la colpa di quello che divenne dopo.

Forse, per lui, non c'era neanche nulla di cui incolpare.

Non il primo pacchetto di gomme da masticare che rubò a sedici anni, in una tabaccheria vicino casa, quando il proprietario non guardava. Non quando se le gustò con un sorriso sulle labbra, scoprendo che il furto lo faceva sentire bene.

Lo faceva sentire vivo.

Non incolpò i suoi genitori neanche quando a vent'anni iniziò a rubare cose più importanti, di valore; o quando per farlo, si unì a un gruppo di ragazzi più grandi di lui che aveva bisogno di qualcuno con la mano veloce e i piedi ancora di più.

A ventuno anni se ne andò di casa, stanco di prendersi cura di una madre che non aveva mai pensato a lui e che ora fingeva di preoccuparsi per il suo futuro.

Lui il futuro se l'era già scelto, ed era fare l'unica cosa che lo faceva sentire vivo.

A trent'anni scoprì che il furto non era l'unica fonte di adrenalina, ma che là fuori c'era un'infinità di opportunità che gli avrebbero fatto sentire il cuore battere fino in gola. Scoprì che rubare era incredibilmente eccitante, ma rivendere e trafficare droga e armi, lo faceva restare allerta costantemente; e quando fu quasi beccato dalla polizia locale, il cuore gli batté con tanta violenza nel petto da essere convinto che sarebbe morto dall'ansia.

Cavolo. Era questo che stava cercando.

A trentanove anni però, la manette gli sfiorarono per davvero i polsi, e lui fu costretto a scappare dalla grande città che lo aveva messo al mondo.

Scappare. Non aveva fatto altro che scappare.

Marcus rubava e fuggiva, vendeva e si nascondeva.

Capì che voleva iniziare una nuova vita dove la fuga non era più parte del piano. E quando si trasferì a Crimson Hollow, sentì sulla pelle che era il posto giusto dove passare il resto della vita.

Anche ora, dentro al suo negozio di sigarette aperto da pochi mesi, guardava fuori dalla vetrina e ripensava a tutte le cose che aveva dovuto passare per poi finire lì dentro, circondato da tabacco.

Tabacco e altro.

Era un piccolo locale dove ci stava giusto un bancone con qualche accendino in vendita e, alle sue spalle, una parete ricoperta da pacchetti di sigarette e confezioni di tabacco sciolto che riempivano l'aria di un odore persistente e pregnante di legno e spezie.

Marcus se ne stava seduto dietro al bancone, di tanto in tanto leggeva un fumetto o giocava con il cellulare, niente di più noioso per uno come lui, ma il vero business non era lì.

Un uomo sui trent'anni aprì la porta del negozio. Marcus distolse lo sguardo dal cellulare solo per dargli un'occhiata di sfuggita: aveva un look completamente nero, dalle scarpe, i pantaloni, la camicia, la giacca, persino i capelli erano scuri. Si chiese se se li fosse tinti apposta, e gli scappò una risata mentre scrollava la testa.

Il cliente si guardò intorno con le mani in tasca, ma non ci voleva un tipo sveglio per capire che stesse facendo finta.

«Che cosa vuoi?» chiese sospirando Marcus.

Il cliente sorrise arrogante, si avvicinò al bancone e storse la testa per cercare lo sguardo del proprietario che non sembrava affatto intenzionato a ricambiarlo.

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