Flashback​🌌 2008

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Poppy Clegg non era una donna qualunque, suo marito glielo diceva spesso. Dopo la morte di Ansel e della figlia che portava in grembo, finì per convincersene davvero; così tanto da credere di essere riuscita a superare tutte le fasi del lutto in breve tempo, e di esserne guarita.

Aveva accettato, o almeno così pensava. Accettato che non l'avrebbe più rivisto, che la loro vita insieme fosse finita. Poi, aveva odiato quel giorno, quel momento preciso in cui era morto, da solo, senza di lei. Si era sentita colpevole.

Provò a mettere su carta tutte le strade che avrebbero potuto prendere al posto di quella: tre.

Tre deviazioni. Tre possibilità.

Poi pianse.

Poi smise di mangiare.

Poi anche di parlare.

Ma una mattina si alzò, e capì che le restava una sola cosa da fare per la sua famiglia spezzata: dare un senso al dolore.

In realtà, Poppy non era mai uscita nemmeno dalla prima fase del lutto.

La negazione.

Negava che la vita di Ansel fosse finita, che la sua fosse cambiata; si aggrappava ai ricordi di suo marito e della bambina che non avrebbe mai conosciuto. Si annullò e, nel farlo, trovò uno scopo.

Lasciò il lavoro, si trasferì a Oakdale, e giurò a se stessa, e ad Ansel, che non se ne sarebbe andata senza conoscere i nomi dei colpevoli. Perché non serviva essere una grande reporter per capire che quello che era successo non era stato un litigio finito male.

Al Lume.

Era il nome del locale in cui tutto era cominciato e che la perseguitava, eppure ogni dettaglio sul caso era sparito, secretato, inghiottito.

Solo un anno dopo scoprì che quella notte c'era stato un testimone. Un uomo che aveva visto Ansel prima che morisse, e che aveva chiamato i soccorsi.

Ogni contatto, ogni regola infranta, ogni favore fatto sottobanco, tutto il lavoro sporco l'aveva portata fin lì: davanti alla porta dei coniugi Blanc.

Bussò con il cuore in gola; poteva essere la vera svolta.

La porta si aprì ma, davanti a lei, non c'era un adulto.

«Buongiorno» disse una vocina.

Abbassò lo sguardo. C'era un bambino con capelli neri, occhi scuri, un dito in bocca e l'altra mano aggrappata alla maniglia.

Poppy si bloccò, le si spezzò il fiato.

Osservò le sue dita minuscole e si chiese se anche quelle della sua bambina sarebbero state così. E se fosse stato un maschietto? Forse con quei capelli scuri, forse con quella boccuccia?

«Buongiorno!» Un uomo arrivò alle spalle del bambino, sorridendo. «Piccolo D., vai per di là, forza» disse dolcemente, spingendolo verso il corridoio.

Poppy lo guardò sparire dietro l'angolo, incapace di distogliere lo sguardo.

«Posso aiutarla?» chiese l'uomo.

Poppy si ricompose, aprì la borsa e gli porse un biglietto da visita.

«Poppy Clegg, reporter per "Segni di Cronaca". Lei è Gareth Blanc, giusto?»

Gareth lo lesse corrucciato. «Sono io. "Segni di Cronaca" è...»

«Un giornale indipendente.»

Annuì. «Cosa vuole sapere?»

«Quello che è accaduto la notte del 13 ottobre 2007.»

Il suo sorriso svanì all'istante. Gareth si irrigidì e non parlò, eppure, dentro di sé, aspettava e sperava che accadesse esattamente questo.

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