Evelyn.1

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<<Resta dove posso vederti>> fu l'avvertimento che Trevor Miller diede alla sorella poco più piccola ma molto più spericolata.

Si trovavano in un quartiere nemico e dovevano acquisirne il possesso, e l'unico modo che conoscevano era quello di fare la guerra. Così armati delle loro mitragliette accompagnati da un esercito di uomini rimasero nascosti nell'ombra aspettando il momento adatto per abbattere chiunque osava intromettersi nel loro cammino.

Fu lei, Evelyn a dare il via, una volta accertatasi che nessuno li potesse colpire alle spalle. Non ci fu storia, conquistarono quel territorio abbattendo ogni uomo che si metteva nel mezzo, Trevor e Evelyn si guardavano le spalle, proteggendosi a vicenda eppure non misero in conto che potevano essere traditi, erano sicuri degli uomini che avevo scelto, non ci fu scelta più sbagliata.

Una lama affilata entrò in collisione contro la spalla della ragazza facendole sgranare gli occhi, il bruciore la pervase ma questo non la limitò ne la spaventò, strinse i denti e estrasse la lama andandosi poi a nascondere fin quando il fratello non l'avrebbe trovata.

<<Ev cazzo! Chi è stato?!>>

La voce baritonale di James suo amico d'infanzia le riempi le orecchie, e poi subito dopo lui si accovacciò davanti a lei ispezionando bene il corpo della ragazza, non ci fu risposta, così fece scontrare i suoi occhi verdi contro quelli troppo neri di lei "è proprio tosta" pensò il ragazzo ammirandone il coraggio e soprattutto la bellezza.

Evelyn aveva i capelli neri lunghi fin sotto i glutei, gli occhi anch'essi neri, il corpo allenato ed era alta sopra il metro e settanta, e tutto ciò che la riguardava faceva di lei un angelo.

<<Mi ha colpito alle spalle, credo sia uno dei nostri>>

Ma non ne ebbe la conferma, perché una volta che suo fratello le arrivò accanto la portò via senza ammettere obiezioni, e lei si fece portare via, perché poteva anche essere ferita, ma aveva comunque vinto.

<<Andiamo con l'auto>> asserì duro Trevor, ma non si sorprese più di tanto quando vide la sorella salire sulla sua moto total Black e sgommare via.

Lei era così, sembrava l'angelo più bello del paradiso, ma non lo era, lei era l'inferno, era il mare lei, era calma, pacifica quando serviva ma sapeva essere pericolosa e mortale quando qualcuno pensava di poterle fare un torto.

E qualcuno le aveva fatto un torto, qualcuno l'aveva colpita alle spalle, qualcuno aveva firmato la sua condanna a morte "lo ucciderò lentamente" penso mentre correva fra le strade di New York, la sua New York. La rabbia le ribolliva nelle vene, e non fece nemmeno caso a quella ferita che continuava a sanguinare imperterrita tanto per ricordarle che anche lei era fatta di carne.

Fu quando sterzò bruscamente incamminandosi nel vialetto che portava a casa che la rabbia iniziò ad affievolirsi, eppure ancora non aveva fatto i conti con chi da lì a poco avrebbe incrociato la sua strada...

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