15 LIV.

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Sono seduta accanto a Noah, dopo aver rispedito Logan in cucina. Sapevo che il discorso del bacio sarebbe venuto fuori, credevo e speravo non stanotte. 

Dopo tutto quello che è successo, sono ancora più convinta che questa storia conti poco, per non dire niente, e poi anche se fosse stato un bacio sentito e voluto, a lui non deve importare.

Quando l'ho visto sulla soglia della cucina, mentre cercava di intromettersi nella nostra discussione, mi sono sentita quasi soffocare: mi mancava l'aria. 

Non può pensare di interessarsi a me come se fossi una delle sue trattative e non può minimamente pensare di padroneggiare sulla mia vita o su quel che ne faccio. 

È vero, è il mio capo ma, una volta varcata la porta della libreria, il nostro rapporto dovrebbe fermarsi lì; dovrebbe essere delimitato a quel luogo e contesto.

Invece, stanotte, ha preso le mie difese pestando a morte uno di quei criminali per poi suonare al campanello di casa mia per assicurarsi che fossi al sicuro. Non ci sto capendo più nulla.

Perché si comporta in questo modo? Nemmeno ci conosciamo.

È semplicemente un maniaco del controllo, Liv, cosa potresti mai aspettarti?

Hai ragione, vocina, motivo in più per detestarlo con tutte le mie forze.

Noah, che incastra la sua testa tra le mie spalle e il collo, disconnette dai pensieri e mi riporta al presente

«Grazie per non essere scappata, per avermi aiutato e portato a casa tua ma credo che sia meglio che me ne vada», cerca di rimettersi in piedi.

«Non vorrei mai ti accadesse qualcosa per causa mia e, con stasera, sono consapevole di averti trascinato in una cosa più grande di me» 

Allunga il braccio dietro la mia schiena stringendomi forte come se questo fosse l'ultimo abbraccio che riesce a darmi.

«Noah, puoi restare quanto vuoi, non ho intenzione di lasciare che ti possano fare del male. Non potrei mai perdonarmelo.» 

Nonostante la piccola incomprensione, Noah è stata la prima luce infondo al tunnel: quando sono atterrata in aeroporto ero spaventata e sicura di fallire ancora prima di iniziare, ma lui e quel suo taxi giallo mi hanno fatto trovare una mano tesa da afferrare e questo non posso dimenticarlo.

L'errore di scambiarci quel dannato bacio l'abbiamo commesso in due. È stato uno sbaglio ma siamo persone adulte in grado di riconoscere i propri errori. Giusto?

«Tranquilla Liv, credo che passerò da Kim: lei è abituata alle mie storie, sa che sono un coglione... e poi...»

Inclina la testa indicando la cucina, «non vorrei mai far incazzare il mastino napoletano che tieni nell'altra stanza... Non mi è parso molto tranquillo quando ha sentito quella parola...» 

Scoppia in una leggera risata che coinvolge anche me.

Mastino napoletano perché il nostro caro Perkins, detto anche "Il manipolatore", è alto quasi due metri con delle spalle larghe e muscolose che, insieme allo sguardo dominante, incutono un leggero timore.

Mi volto nella stessa direzione e lo guardo: credo si sia addormentato al tavolo, con davanti a lui la tazza di camomilla che chissà se avrà davvero bevuto.

Lo osservo e provo a lavorare di fantasia: immagino che quello che mostra non sia il vero lui che, più semplicemente, indossi una stupida e arrogante maschera prima di uscire di casa. 

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