35 LIV.

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La botta che ho preso cadendo mi ha fatto male, un dolore sordo che mi pulsa ancora lungo tutta la schiena e il sedere.

Ma la faccia di Perkins, con quell'espressione di preoccupazione mescolata all'imbarazzo, ha cancellato ogni traccia di sofferenza fisica.

Ora, mentre cerco di trattenere la ridarella che esplode incontrollata, mi rendo conto che non riesco proprio a smettere. Le risate mi escono a raffica, tanto da farmi piegare in due, con le lacrime che scorrono lungo le guance. È come se la tensione degli ultimi giorni si fosse liberata tutta insieme in questo momento ridicolo.

Perkins è vicino, troppo vicino.

Si accuccia accanto a me, e il suo profumo, un mix micidiale di muschio e borotalco, mi avvolge in una nuvola che mi stordisce.

È così penetrante, quasi ipnotico, che per un attimo mi dimentico della rabbia che provo per lui, una rabbia bruciante che mi consuma dall'interno.

Sono incazzata nera con lui.

A morte.

Eppure, la sua presenza riesce a confondermi.

«Dai, ti aiuto ad alzarti», dice con quella sua voce, bassa e sensuale, che mi colpisce dritta all'anima, come un pugno ben assestato. 

C'è qualcosa di irresistibile nel suo tono, una sicurezza che mi disarma, ma devo resistere. Mi sono illusa fin troppo su di lui, e non posso permettermi di cadere ancora. Così, con un fare scostante, lo allontano bruscamente, come se toccarlo mi provocasse un'ustione. 

«Non ho bisogno di te per alzarmi in piedi», ribatto, cercando di mantenere un tono di voce deciso, anche se dentro di me ho le budella in subbuglio.

Con molta calma, ostentando un'indifferenza che non sento, mi tiro su da sola. Ma appena sono in piedi, me lo ritrovo davanti, in tutta la sua maledetta bellezza. I suoi occhi mi trapassano, e per un istante il respiro mi si blocca, il cuore accelera in un ritmo folle.

Sono furiosa, furiosa con me stessa per come continuo a sentirmi quando c'è lui, nonostante abbia sbattuto di faccia contro la realtà più dura. Mi detesto per essere ancora così vulnerabile al suo essere, dopo tutto quello che è successo.

«Cosa cazzo hai da fissare? Eh?!» sibilo, lasciando trasparire tutta la mia ostilità. Mi è sempre venuto naturale trattarlo di merda, adesso più che mai.

È una difesa, lo so, ma è l'unica che ho.

Iniziamo a battibeccare, come al solito, le parole si intrecciano in un botta e risposta velenoso. Ogni frase è una lama che affondo sempre più in profondità, sperando di ferirlo quanto lui ha ferito me.

Poi, improvvisamente, una voce femminile cattura la mia attenzione, interrompendo il nostro litigio. È come un colpo di scena che mi riporta brutalmente alla realtà.

«Logan, che diavolo sta succedendo lì?» La voce è stridula, carica di impazienza.

Cretina! Ci sei stata pure male per dei giorni!

La realizzazione mi colpisce come uno schiaffo in pieno viso, toglie il fiato, crea un'ondata di umiliazione che monta dentro di me.

Non mi escono le parole, la lingua sembra impastata, bloccata. Le ho perse nell'attimo in cui quella voce mi è esplosa dentro le orecchie. 

Lo punto con lo sguardo più intimidatorio che posso, cercando di mascherare la mia fragilità dietro un'espressione di sfida. Mi sento così sciocca, così terribilmente sciocca per aver anche solo pensato di poter immaginare qualcosa tra noi due. 

HEARTBEATS- OUTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora