Dedicata a @giumanheim
Firenze 2025
Vedere Edoardo così vuoto mi faceva male. Camminava senza energia, il pallone tra i piedi, ma senza quella passione che solitamente lo caratterizzava. Ogni tanto si fermava, guardava il cielo con occhi che sembravano perdere luce, poi ricominciava a camminare. Il suo silenzio era più forte di qualsiasi parola.
-Sharon, ti vedo... è evidente che anche tu hai bisogno di parlare con qualcuno, non solo Edo- disse Raffaele, il suo allenatore, avvicinandosi con un'espressione sincera mentre io seguivo con lo sguardo Edoardo.
-Ne ha più bisogno lui che io. Ce la faccio, davvero- risposi, ma sentivo una fitta allo stomaco. La verità era che stavo mentendo a me stessa. Non ce la facevo affatto. Ma non potevo abbattermi, non con lui. Dovevo restare forte, anche se sentivo che dentro di me stavo crollando.
-Raffaele, lo apprezzo davvero, ma non è quello che penso. Non sono io quella che ha bisogno di aiuto- insistetti, cercando di sembrare indifferente. Tuttavia, il tremore nella voce tradiva la mia disperazione.
-Lo so che vuoi essere forte per lui, Sharon, ma ti dico che non devi farcela da sola. Anche tu meriti qualcuno a cui parlare, qualcuno che ti ascolti- continuò, con la sua consueta gentilezza.
-Ancora? Ti ho detto che sto bene, davvero. Non sono io quella che deve essere aiutata- sbottai, più per difendermi che per convinzione. Le lacrime minacciavano di scivolare lungo le guance, ma le trattenni a fatica.
-Vieni qui- disse, aprendo le braccia. Non risposi subito, ma poi mi avvicinai a lui. Sentivo il suo abbraccio come un rifugio sicuro, come qualcosa che non avrei mai potuto chiedere, ma che avevo bisogno di ricevere.
-È difficile vedere la persona che ami, stare cosí male e non poter far niente- dissi tra i singhiozzi.
Stavamo così, quando un colpo di tosse secca alle nostre spalle ci fece voltare. Edoardo stava fermo sulla porta dello spogliatoio, lo sguardo torvo, le mani strette a pugno.
-Vado a casa. Ti aspetto in macchina- disse con tono brusco, senza aggiungere altro, poi si girò, e la porta si chiuse dietro di lui con un rumore sordo.
Mi bloccai, incapace di muovermi per qualche secondo. Raffaele, che aveva percepito il peso dell'aria, non disse nulla, ma mi guardò con quella comprensione che solo una persona che sa davvero come ti senti può avere.
-Stai attenta, Sharon- mormorò, poi annuì, indicandomi di andare.
Corsi fuori, sentendo la tensione crescere in me come un fuoco che si stava rapidamente espandendo. Salì in macchina con Edoardo, ma lui non mi guardò nemmeno. Il silenzio nell'abitacolo sembrava amplificato, ogni respiro sembrava pesante.
Arrivati a casa, Edoardo parcheggiò con un movimento brusco. Non scese subito, restando dentro l'auto, mentre le mani stringevano le chiavi come se volesse spezzarle. L'atmosfera era densa, e io cercavo di trovare le parole giuste, ma non ci riuscivo.
-Per favore, dimmi cosa c'è che non va- chiesi, cercando di non sembrare troppo vulnerabile, ma Edoardo non rispose subito.
Finalmente, scese dall'auto, e mentre chiudeva la portiera con troppa forza, lo vidi voltarsi verso di me, con uno sguardo che conteneva una rabbia che non capivo.
-Edoardo, che c'è?- chiesi, sentendo il cuore battere forte.
-Il mio problema?- rispose, la voce bassa ma con un sarcasmo che non avevo mai sentito in lui. -Che non mi parli più. Non sei più sincera con me. Mi nascondi tutto.-
Mi fermai, confusa.
-In che senso?- chiesi, cercando di comprendere dove volesse arrivare.
-Nel senso che preferisci rifugiarti da Raffaele, invece che da me!- disse, lanciandomi una frecciata che mi ferì più di quanto avrei voluto ammettere. -Lui è il tuo confidente, il tuo punto di riferimento. E io? Dove sono io, Sharon? Dove sono io quando ne hai bisogno?-
La sua voce era carica di una gelosia che non avevo mai visto. Mi colpì come un pugno allo stomaco, ma non era solo la gelosia a farmi male. Era il fatto che non capiva. Non capiva davvero.
-Edoardo, non è come pensi!- risposi, cercando di mantenere la calma. -Raffaele è solo un amico. È come un padre per me. È quello che non ho mai avuto, e mi ha dato la forza di cui avevo bisogno quando tu non eri... non eri in grado di esserci.-
Lui mi guardò incredulo, come se quelle parole lo avessero colpito più di quanto avesse immaginato. Il suo viso cambiò, si fece pallido, e un'espressione di dolore attraversò i suoi occhi.
-Un padre?– chiese, la voce incrinata. –Mi stai dicendo che lui è come un padre per te? E io cosa sono allora, Sharon?-
-Non è questo, Edoardo!– cercai di spiegare, ma le parole sembravano non uscire come avrei voluto. –Tu sei il mio compagno, il mio amore. Lui è qualcuno che mi ha dato qualcosa che tu non sapevi potermi dare, qualcosa di cui avevo bisogno. Ma tu... non lo sapevi, non sapevi che mi sentivo così... sola. Non mi lasciavi entrare nel tuo mondo, e lui mi ha dato quella piccola parte che mi mancava.-
Edoardo stava ormai teso, i pugni chiusi. Il suo sguardo sembrava andare oltre, come se cercasse di comprendere tutto, ma ci riusciva a malapena.
-Ho paura, Sharon- disse, e quelle parole furono come una confessione che mi fece capire quanto fosse fragile. -Ho paura di crollare del tutto. E vedere che ti rifugi in lui mi fa sentire che non ci sono più. Che non ti importa più di me.-
Il dolore che traspariva dalla sua voce mi fece vacillare. Mi avvicinai a lui e gli presi le mani con dolcezza.
-Non sei solo, Edo. Non lo sarai mai. Ma devi lasciarmi entrare. Devi lasciarmi essere quella che sarò sempre, la tua compagna, non un'ombra- dissi, cercando di trasmettergli tutta la sincerità che avevo dentro.
Lui sospirò, e per la prima volta in tanto tempo abbassò la guardia. Mi strinse forte contro di sé, e il suo respiro si fece più calmo, come se, finalmente, avesse lasciato andare una parte di sé che stava trattenendo da troppo.
-Scusami- mormorò, con la voce che tremava. -Non voglio perderti.-
Sorrisi, cercando di essere forte per entrambi.
-E allora smetti di tenermi fuori dai tuoi pensieri- gli risposi, mentre lui mi guardava, come se le sue difese fossero finalmente abbattute.
-E tu smetti di tenere fuori me dai tuoi- controbatté, un sorriso che cercava di nascere tra le sue labbra.
Rimanemmo così, avvolti l'uno nelle braccia dell'altro. La strada sarebbe stata ancora lunga, ma almeno, finalmente, eravamo pronti a percorrerla insieme.

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short story piloti e calciatori (RICHIESTE APERTE)
De TodoShort story sia sul calcio sia su F1, F2, F3 e Moto Gp