Unexpected

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"Scusa, forse avrei dovuto chiamare un po' prima" il musetto preoccupato di Caleb gli fece scuotere la testa. Era ancora stordito, ed era certo di non avere altro dietro alle palpebre che le labbra, il gusto e la delicatezza di Nathaniel. "No no, è tutto ok" finse, nonostante non lo fosse per niente.

Caleb parve rendersene conto e si perse un po' ad osservare le sue guance arrossate accigliato. "Che cosa ti è successo?" fece cadere a terra persino il casco, avvicinandosi a passi svelti per osservarlo da più vicino. Il più piccolo gli poggiò le mani sulle guance con fare piuttosto delicato, spaventato dal fargli male e lo guardò in cerca di spiegazioni. Aveva gli occhi blu colmi di ansia, non come Nathaniel no. Lui li aveva scuri e cupi per via della rabbia nei confronti di Cameron, erano terrorizzati e fin troppo colmi di affetto. Erano così diversi da quelli di Caleb da avvertire al collo un brivido, sentendo l'impellente bisogno di voltarsi per cercarlo alla finestra.

Si erano baciati, voluti, stretti ed era scappato via alla prima occasione proposta, nonostante il desiderio di restare fosse molto più forte. Un buco al centro del petto gli si allargò in maniera spropositata e guardare Caleb, in quel momento, lo fece sentire un piccolo insetto insignificante.

"Non è niente" mormorò, il respiro gli uscì spezzato e volle scappare al ricordo di quella strana danza che avevano intrapreso sensualmente la notte prima. Eppure, quelle immagini non contavano più nulla se messi a paragone a ciò che Nathaniel gli aveva risvegliato dentro.

La passione, la voglia di conoscere, di vivere, di esplorare, di lasciarsi curare e amare da mani esperte e morbide; l'aveva portato a scoprire sentimenti che non aveva mai provato o che aveva lasciato soffocare col passare degli anni ed il cuore gli esplodeva di sensazioni.

"Ti hanno picchiato? Chi è stato?" persino sul suo volto spuntò una ruga di preoccupazione. "No, cioè sì ma non ti preoccupare sto bene" si premurò di mettere a tacere le sue preoccupazioni, allontanandosi solo di un passo. Caleb lo guardò a metà fra il curioso e l'infastidito, ma non aggiunse nulla. Era consapevole del suo carattere chiuso, cupo, non voleva forzarlo ed avrebbe aspettato con pazienza.

"Fingerò che vada davvero bene" asserì con convinzione, recuperando da terra il casco, rotolato ai loro piedi. Joris si leccò le labbra facendo una smorfia di dolore, la saliva bruciò il labbro spaccato che giusto poco prima aveva premuto contro quello di Nathaniel, dimentico di tutto. "Ero venuto per scusarmi con te, credo di aver esagerato ieri" riprese il discorso fingendo bellamente che sul suo volto non ci fosse nessuna escoriazione. Il francese fece tanto d'occhi, ripensando al momento in cui si era ritrovato stretto al corpo del ragazzo, con il suo respiro addosso e la sua bocca sulla gola. In quel preciso istante, un dolore allo stomaco lo fece irrigidire. Era stato sbagliato e sentiva dentro di aver fatto un torto a qualcun altro, lo stesso che aveva baciato la stessa notte.

"E' tutto ok" si sforzò di pronunciare quelle parole, inghiottendo della saliva in eccesso. In quel momento di totale confusione e atterrimento avrebbe tanto voluto svanire nel nulla, rifugiarsi fra le mura della sua camera. Le mani presero a prudergli e quello fu il chiaro segnale: voleva imprimere su carta la qualsiasi cosa gli si figurasse in mente. "Ti ho fatto scappare e beh diciamo che non mi capita spesso" e dal suo tono di voce, Joris capì che non si stesse vantando ma più che altro auto-infliggendo colpe che chiaramente credeva di avere. In realtà era sua la colpa, era lui quello che scappava dai sentimenti, dai tocchi, dagli esseri umani.

Caleb era un bravo ragazzo, non era uno sbruffone ma più che altro uno determinato a perseguire i propri obiettivi, ed era comunque felice di avere a che fare con lui. Ma non voleva coinvolgerlo troppo, perché non voleva aprirsi con lui, non voleva rivivere l'orrore e non voleva ferirlo nel caso in cui le cose si fossero fatte più profonde. Ma il solo pensiero gli fece perdere il respiro, perché non era quello che desiderava. "Non sono bravo in queste cose, mi dispiace Caleb, non volevo" si scusò per togliergli dal viso quell'espressione da cucciolo ferito. Era un misto fra la preoccupazione – per le contusioni sul viso suppose – e i sensi di colpa, come se effettivamente avesse fatto qualcosa di male. "Non è colpa tua, dico davvero"

The Perfect StormWhere stories live. Discover now