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Jimin si ritrovò di fronte al grosso edificio pezzato di vetro e decise di entrarvici

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Jimin si ritrovò di fronte al grosso edificio pezzato di vetro e decise di entrarvici.

Con passo sicuro attraversò la hall raggiungendo il piccolo bancone nel quale sedeva una donna vestita in blu.

«315.»
Enunciò scioltamente ricevendo uno sguardo peccaminoso da parte dell'addetta.
«Oh, signor Park! Prego»
La donna prese tra le mani una chiave in oro per poi rendergliela.
«La stavamo aspettando.»

Una volta raccolto l'oggetto, Jimin, si diresse immediatamente all'ascensore, spinse il bottone in grado di richiamarlo e vi ci entrò.

—"lo stai facendo per Jungkook."
Si incoraggiò mentalmente, sospirando nel notare che la sua destinazione era ormai vicina.

Quando le porte dell'apparecchio scattarono il respiro di Jimin prese a farsi irregolare.

—"Torna indietro park, sei ancora in tempo."
Gli occhi del ragazzo seguivano attenti ogni numero presente nel corridoio.

Decise di non dar retta alla parte di se coscienziosa proseguendo il suo cammino.
"312..313.. ah!"

Eccola lì la 315, portò lo sguardo verso il basso studiando le sue mani, o per meglio dire, ciò che reggeva all'interno di esse.
Con un sospiro si diede coraggio inserendo la chiave all'interno della serratura facendola scattare.
La porta si aprì e Jimin entrò all'interno della camera invasa da una fievole luce aranciata.
Il pavimento era in parquet sui toni del rosso e le pareti di un blu scuro si armonizzavano perfettamente con il mobilio presente, il quale andava ad espandersi verso un enorme vetrata fungente da finestra dalla quale si poteva scrutare tutta la città.

«Noto con piacere che sei venuto!»
Una voce fece capolino all'interno del campo uditivo del ragazzo che assottigliò lo sguardo congelandosi sul posto.

«Sai benissimo perché sono qui.»
Rispose freddamente rimanendo immobile con il capo rivolto verso la vetrata accennata precedentemente.

Senza che potesse rendersene conto un calore gli invase le spalle e delle mani gli contornarono il collo, un fiato bollente s'infranse contro il suo orecchio mentre ad ogni spostamento muscolare i suoi nervi si irrigidivano.
Una sensazione di bagnato si fece spazio sulla pelle di Jimin, che si fece scappare un sospiro basso.

«Da qui si vede come mi appartieni Jimin.»
La stessa voce udita precedentemente si fece più chiara e roca sussurrata sul suo collo.

«Appartenere»
Ghignò divertito il ragazzo ormai pervaso da una ventata di calore improvviso.
«Sono una persona non un oggetto Hoseok.»

Mihanae.Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz