Capitolo 7

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Corsi fuori dal locale e mi fermai a metà del vialetto. Mi mancarono le forze e mi piegai in avanti, poggiando le mani sulle ginocchia. Respiravo affannosamente e avevo gli occhi sgranati per la rabbia. Davide mi raggiunse poco dopo. Appoggiò la mano sulla mia spalla, ma la spostai immediatamente.

«Non toccarmi!» esclamai irritato, mettendomi eretto di fronte a lui.

«Cos'hai?» mi chiese Davide preoccupato.

Respirai a fondo. Potevo sentire la rabbia crescere sempre di più dentro me. Con la mano destra, riavviai indietro un ciuffo di capelli.

«Quello stronzo... ci guardava e sogghignava... mi ha fatto innervosire!»

Urlai contro Davide tutto ciò che sentivo in quel momento. Lui non disse nulla. Mi guardò con sguardo neutro e mi lasciò sfogare.

«Non capisco: perchè ci devono giudicare?! Solo perchè ci tenevamo per mano! Non è giusto! Perché non pensano ai fatti loro!»

Rimasi quasi senza fiato tanta era la rabbia che provavo. Mandai giù a forza il nodo che mi si era formato in gola.

«Tutto qui?» mi disse Davide con una calma disarmante.

«Come scusa?»

Fui sempre più perplesso e lui lo notò subito.

«Di che ti preoccupi? La gente critica e criticherà ogni scelta che farai, perciò ignora e basta.»

Restai senza parole e lui continuò a parlarmi.

«Torniamo dentro adesso.»

Mi diede le spalle e cominciò a camminare verso l'entrata del casale.

«No, preferisco andare a casa. Mi vergogno» ammisi a voce più che bassa.

Davide fermò il suo incedere sicuro e si voltò ancora una volta verso di me. Mi guardò, ma questa volta i suoi splendidi occhi azzurri erano furiosi e allo stesso tempo increduli.

«Come scusa? Ti vergogni? E di cosa? Baciarmi e stare in mia compagnia ti piace, purché sia al chiuso. Purché nessuno ci veda, no?»

Abbassai lo sguardo, non volevo davvero che arrivasse a pensare una cosa simile.

«Sai cosa ti dico: una relazione segreta non la voglio. Io voglio poterti amare alla luce del sole. Voglio prenderti per mano e passeggiare assieme a te. Non voglio dovermi nascondere, perché amare non è mai sbagliato!»

Sollevai lo sguardo ed incrociai il suo. Mi sentivo in colpa per avergli detto che mi vergognavo, ma era quello che sentivo in quel momento.

«Se pretendi da me un amore segreto, allora è meglio terminare qui, prima che io possa innamorarmi ancora di più di te...»

Le sue parole arrivarono dritte al mio cuore, come fossero coltellate. Una ad una le sentivo infilarsi nel mio petto, facendolo sanguinare.

Lui si voltò e questa volta si diresse verso la macchina. Mi mossi quasi istintivamente verso di lui. Cinsi le sue braccia e la sua vita con le mie in un tenero abbraccio. La vita senza Davide non riuscii nemmeno a immaginarla.

«Non lasciarmi...» gli sussurrai ad un orecchio.

Davide s'impietrì all'istante. Lo sentii rilasciare un grande sospiro e le sue mani accarezzarono le mie.

«Scusa, sono proprio un ragazzino.»

«Non lo sei, sei solo un po' stupido!» esclamò divertito.

Sciolse per un attimo il mio abbraccio e si voltò verso di me. Sorrise, poi mi baciò la fronte.

«Andiamo a mangiare, sto morendo di fame!» esclamò ridacchiando. Mi prese per mano ed entrammo all'interno del ristorante.

*   *   *

Rimanemmo a parlare anche dopo la fine del pranzo, seduti comodamente al tavolo, uno di fronte all'altro. Sorseggiai piano il mio caffè, mentre alternavo lo sguardo sui presenti attorno a noi. Erano per lo più famiglie con bambini e qualche coppia.

«Sei stato con altri uomini?» chiesi all'improvviso a Davide, che fece un piccolo sobbalzo dalla sedia, sulla quale sedeva.

«Come mai questa domanda all'improvviso?»

«Curiosità» mi limitai a dire.

«Si» rispose semplicemente lui e tornò a bere il suo caffè.

«Con quanti?» incalzai io.

Davide appoggiò la tazzina sul piattino dinanzi a sé e prese scrutarmi in profondità, cercando forse di riuscire a capire quello che mi passava per la testa.

«Due. Perché lo vuoi sapere?»

«Nulla di che. Curiosità» mi affrettai a dire. Appoggiai anch'io la tazzina sul piattino e, dopo qualche secondo di pausa, continuai a fare domande. «Quando? Chi erano?»

«Sei geloso?» mi chiese ridacchiando.

Sbuffai innervosito e, incrociando le braccia al petto, mi poggiai sullo schienale della sedia di legno e vimini.

«La mia prima storia è stata al liceo. Lui... non voleva che si sapesse in giro ed io ero troppo cotto di lui per rifiutare. Finita la scuola non l'ho più sentito.»

S'interruppe solo un attimo e si passò la lingua fra le labbra, che divennero di un rosso acceso.

«Poi durante il tirocinio di medicina. Era il mio supervisore. Era solo sesso però.»

«Come mai hai sposato una donna?» gli chiesi ancor più incuriosito.

«Perchè sono attratto sia dalle donne sia dagli uomini.»

Sfoggiò in quel momento il sorriso più bello e sincero che mai gli avessi visto fare. Non potei fare a meno di restarne affascinato.

«Io credo che l'amore abbia molte forme. Se ci sto bene con una persona che sia uomo o donna e ne sono attratto, non lo rinnego.»

Come poteva dire queste cose con così tanta semplicità?

«Ho amato donne e uomini allo stesso modo, non facendo alcuna distinzione, perchè mi sembra giusto. Come ti ho detto prima, penso che l'amore non sia mai sbagliato.»

Accompagnò quella frase con un dolce sorriso. Mi sporsi sulla sedia e, allungando la mia mano verso la sua, l'accarezzai.

                                                                                             *   *   *

Davide si offrì di accompagnarmi a casa dopo il pranzo. Quando ero con lui riuscivo a dimenticare la realtà. Come se avessi potuto affrontare qualsiasi sfida, qualsiasi ostacolo solo avendolo al mio fianco.

Era questo l'amore?

Ci salutammo e lui mi baciò brevemente le labbra. Arrossii all'istante e gli sorrisi imbarazzato. Lui ridacchiò divertito.

Salii in fretta le scale del palazzo dove abitavo e fui subito in casa.

«Mamma...» la chiamai, ma non ricevetti risposta.

La brusca realtà mi si pose con violenza davanti. La favola che avevo vissuto con Davide, si distrusse in pochi attimi.

«Mamma!» esclamai a gran voce, mentre entravo in camera da letto.

La trovai addormentata nel letto, con le coperte pesanti tirate su fino al naso. Le toccai piano la fronte e scottava. Al mio tocco fresco si destò e mi guardò con quei suoi occhi piccoli.

«Sei tornato» mi disse con un fil di voce e mi sorrise piano.

«Si, scusa se ho tardato.»

Continuai ad accarezzarle la fronte e scesi sulla guancia. Mi accovacciai su di lei e le stampai un bacio sulla fronte.

«Hai preso qualcosa per la febbre?» le chiesi, mentre sedevo sul letto accanto a lei.

Annuì soltanto, poi mi prese la mano e me la strinse forte. Dopo dischiuse la bocca e, guardandomi negli occhi mi disse: «vorrei solo che tutto questo finisse...»

FragileWhere stories live. Discover now