Capitolo 11

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Davide partì nel pomeriggio per Firenze. Non ebbi il coraggio di accompagnarlo alla stazione. Sicuramente non l'avrei lasciato partire. Arrossii a quel pensiero, mentre riorganizzavo gli appunti per la tesi. Avevo già scritto una buona parte della biografia di Shakespeare, non mi rimaneva che citarne i testi ed analizzarli. Mentre rimettevo a posto i fogli sparsi sulla scrivania, me ne cadde uno per terra. Lo raccolsi prontamente e, nel mentre lo sollevavo dal pavimento, ne lessi il contenuto.

Separarsi è una pena così dolce, che vorrei dirti addio fino a domani. (Romeo e Giulietta)

Sospirai profondamente e subito pensai a Davide. Rimisi il foglio assieme agli altri. Ne formai una pila ordinata che sistemai sulla scrivania. Afferrai poi il cellulare. Lo accesi, ma sullo schermo non comparvero nè chiamate nè messaggi. Sbuffai e mollai il cellulare sulla scrivania. Richiusi anche il portatile dinanzi a me. Incrociai le braccia e le posai davanti a me e vi poggiai sopra la testa. Non vedevo Davide da ieri sera e già mi sembrava di non vederlo da una vita. Socchiusi per un attimo gli occhi e vidi il suo sorriso, sentii le sue braccia che avvolgevano il mio corpo.

Alle mie spalle la porta della mia camera prese a bussare e mia madre entrò nella stanza. Aprii gli occhi di scatto e, voltandomi verso di lei, la guardai avanzare verso di me.

«Non esci?» mi chiese, sedendosi sul letto alle mie spalle.

Voltai completamente il busto, pur rimanendo seduto e continuai a guardarla. Il suo volto era sempre più scavato e magro. I suoi occhi, un tempo pieni di vita, adesso sembrava si spegnessero ogni giorno sempre di più.

«No, rimango a casa»

«Come mai?» mi chiese, con una certa apprensione.

«E' fuori per lavoro. Tornerà fra qualche giorno» le dissi con un sorriso forzato.

Lei annuì silenziosa. Abbassò per un attimo lo sguardo. Il berretto, che ormai le stava largo, scivolò in avanti, rivelando la sua nuca ormai nuda. Sollevò entrambe le mani ossute, cercando di sistemare il berretto. Mi sollevai sulla sedia e sedetti accanto a lei sul letto. Le accarezzai le mani e fermai quei suoi gesti impacciati. Presi il berretto con la mano destra e lo tirai via piano dal suo capo. I suoi capelli erano ormai quasi tutti caduti, se non per qualche ciuffo che ancora resisteva. Rimasi a guardarla in silenzio per qualche attimo. Lessi il suo turbamento sul volto, che divenne di un leggero color rosato. Infine le sorrisi e con la mano sinistra le accarezzai la mano.

«Sei sempre bellissima mamma» le dissi quasi in un sussurro.

Lei mi guardò stupita e poi sorrise appena. Con entrambe le mani si riappropriò del berretto e se lo rimise in testa.

«Che ne dici di vedere un film stasera insieme?» mi propose sorridendomi.

«Si, va bene» le dissi annuendo «Cosa guardiamo?» le chiesi alzandomi dal letto.

«Un film d'amore, ovviamente» mi disse seguendomi nel salotto «Lo sai che mi piacciono» disse, ridacchiando allegra.

* * *

Squillò il cellulare, mentre ero intento a sistemare uno scatolone nel magazzino. Scesi immediatamente dalla scala traballante e, dopo aver afferrato il telefono, spinsi il tasto di risposta.

«Davide!» dissi in risposta alla sua chiamata.

«Ale, ciao!» mi salutò ed io sorrisi solo sentendo la sua voce.

«Dove sei? Sento un sacco di voci...» gli chiesi, sentendo il frastuono sullo sfondo della chiamata.

«Sono appena fuori dalla sala conferenza. Tra poco inizia e volevo sentirti... anche solo per un attimo.»

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