Al cuor non si comanda

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Al cuor non si comanda


Guardai di sfuggita la sveglia che avevo sul comodino e mi accorsi che fossero già le undici e trenta. Avevo studiato per quasi due ore ed io non me ne ero neppure resa conto.

La verità era che non avevo voglia di rimanere indietro rispetto ai ragazzi della mia vecchia scuola. Mia madre mi aveva insegnato ad amare e rispettare lo studio fin da quando ero una bambina. Mi ripeteva spesso che la cultura era importante e che quando sarei diventata grande mi avrebbe permesso di trovare un lavoro che mi avrebbe regalato tante soddisfazioni.

Mi alzai dal morbido tappeto, ricollocando il libro sullo scaffale. Papà e Friedhelm sarebbero tornati per l'ora di pranzo.

Uscii dalla mia camera e bussai in quella di Charlotte, volevo chiederle se si fosse ambientata e se avesse finito di sistemare la sua camera.

«Chi è?» Domandò mia sorella con voce squillante.

«Anne, posso entrare?»

«Sì, certo. Entra pure.»

Aprii la porta e la richiusi alle mie spalle, salutandola con un gesto della mano. «Che fai, Charlie?» Domandai, sedendomi per terra accanto a lei.

Si guardò intorno, indicando il nulla. «Niente di niente. Mi sto annoiando a morte, Anne.» Mormorò scocciata. «Tu cosa stavi facendo?» Domandò, improvvisamente interessata.

Prima che avessi potuto rispondere mi anticipò, scuotendo la testa. «A parte studiare, intelligentona.» Ironizzò, sorridendo sorniona.

Abbozzai un sorriso, alzando un sopracciglio. «Non ho voglia di rimanere indietro rispetto agli altri. E poi... non c'è nient'altro da fare.» Sospirai.

«Già! Sto aspettando Friedhelm, così ci aiuterà a costruire l'altalena.» Sorrise apertamente.

«Sarà difficile con tutta questa neve...» replicai, guardando la finestra e notando i fiocchi che continuavano a scendere ininterrottamente.

«Che altra scelta abbiamo?» Guardò i miei occhi, sospirando.

«Ce la faremo, siamo una bella squadra noi tre.» Accennai un sorriso, schioccando la lingua.

***

Verso mezzogiorno avvertimmo nitidamente il campanello del portone principale ed intuimmo fossero arrivati papà e Friedhelm.

Scendemmo le scale e Charlotte si avvicinò a Friedhelm, abbracciandolo affettuosamente.

Io decisi di rimanere qualche passo indietro.

«Fried! Finalmente sei tornato! Dobbiamo costruire l'altalena, ricordi?» Esclamò Charlotte, euforica.

Friedhelm guardò Charlie per qualche secondo, poi il suo sguardo si posò su di me.

Riuscii faticosamente a sostenerlo.

«Appena terminiamo il pranzo, prendiamo tutto l'occorrente e andiamo in giardino. Anne, ci sei anche tu, vero?»

Annuii distrattamente. «Sì, certo...»

Sogghignò, riportando poi l'attenzione su Charlotte.

«Grazie Fried!» Gli occhi nocciola di Charlie erano raggianti.

Era davvero raro vederla così felice. Dovetti ringraziare questa casa più volte per aver cambiato Charlotte in positivo.

Mia sorella era cresciuta con le idee malsane di papà, mentre Hanna le aveva sempre inculcato e trasmesso la sua passione per il denaro e il lusso in generale.

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