Chissà dove sei ora... Anima fragile
(Friedhelm POV - Ospedale di Aquisgrana, Germania, 7 Ottobre 1944)
Abituai pian piano gli occhi alla debole illuminazione della stanza, ripercorrendo rapidamente i tragici eventi accaduti il giorno prima.
Quel paesaggio ormai devastato dalle bombe - disseminato da cadaveri e macerie - prese orrendamente forma nella testa, costringendomi a richiudere le palpebre con forza.
Quella visione spaventosa sfumò con la stessa velocità con il quale era apparsa, concedendomi un attimo di respiro, di tregua, di muta rassegnazione.
Stavolta riaprii gli occhi di scatto, puntandoli al soffitto decadente, abbandonato ad un evidente stato di incuria.
La stanza in cui mi trovavo era avvolta da un cupo silenzio: l'unico rumore appena percettibile era quello delle piccole goccioline d'acqua che si scontravano pigramente contro i vetri delle finestre.
Non vi era nessun altro, lì dentro, a parte me.
La camerata era vuota, anonima, asettica; i due letti sistemati di fronte al mio non erano ancora stati occupati.
Le lenzuola, spaiate, erano pulite; le coperte più calde poggiate sul materasso, ripiegate con cura, pronte per essere adoperate in qualsiasi evenienza.
All'improvviso la porta semi-socchiusa venne spalancata dal dottore, il quale avanzò nella mia direzione con andatura cadenzata.
«Ben svegliato!» Esclamò, sfilandosi lo stetoscopio dal collo. «Come ti senti?»
Il mio sguardo seguitò a fissare un punto imprecisato dinanzi a me, ignorando la domanda posta dal medico.
Gli occhi guardinghi del dottore mi osservarono minuziosamente, scandagliando palmo a palmo la mia espressione impassibile, inerte; trasfigurata dallo stato di abulia che mi aveva avvolto come in un abbraccio indesiderato.
«Mi sento come se mi fosse passato sopra un treno. Le basta come risposta?»
«L'antidolorifico presto farà effetto, devi pazientare ancora un po'.» Disse, controllando che il medicinale contenuto nella sacca stesse defluendo correttamente.
«Il gesso va bene o è troppo stretto?» Domandò, esaminandolo con cura.
«Va bene.» Gli risposi, lapidario.
«Non sei un tipo molto loquace...» proseguì il medico, rifilandomi un'occhiata indagatrice.
Mi scoprì leggermente, spostando le coperte. Controllò velocemente il torace fasciato, accertandosi che fosse tutto a posto.
«Non ho niente da dire.» Biascicai tra i denti, ignorando faticosamente una fitta dolorosa provenire dalle mie costole incrinate.
«Davvero? Non ci credo che tu non abbia nulla da raccontarmi.» Si assicurò che non mi fosse salita la febbre, sfiorandomi la fronte con la mano.
«Un soldato ha sempre qualche eroico episodio da condividere con gli altri. Le numerose cicatrici sul tuo corpo me lo confermano.» Indicò, con l'indice, la lunga linea grigiastra presente sul mio addome, fissandola qualche momento.
«Un russo mi ha perforato il ventre e mi ha spappolato la milza con la sua mira infallibile. Bell'atto eroico.» Emisi un gemito sarcastico, continuando a preservare un atteggiamento freddo e distaccato.
Il dottor Keller spostò la sua attenzione su di me. «Però... hai proprio una pelle d'acciaio, ragazzo.» Ironizzò, tentando stupidamente di stemperare la tensione.

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Intertwined destinies
Historical FictionBerlino 1942; Annelies Von Falk è una giovane ragazza figlia del Colonnello delle SS Wilhelm Von Falk. Ella è costretta a vivere parte della sua infanzia e adolescenza con un padre dispotico, rigido e scostante che le porterà via le cose a cui tiene...