Brevi attimi di felicità

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Brevi attimi di felicità


Si respirava un'aria piacevolmente calda e rasserenante quella mattina del 19 Aprile del 1943. 

Gli uccellini cinguettavano sugli alberi e un Sole grande ed accecante illuminava l'immensa campagna polacca. Margherite e lillà, dalle sfumature tenui e delicate, adornavano come uno splendido quadro l'intero paesaggio circonvicino.

Le nostre narici erano gentilmente accarezzate dalle loro fragranze gradevoli e delicate, regalandoci un torpore rilassante senza eguali.

Fermarti a guardare tutto ciò era inevitabile... 

Non vi era nessuna guerra, qui. Neanche l'ombra. 

Per alcuni attimi ti saresti potuto ricordare della vita vissuta prima dell'orrore e della distruzione... 

Mi tornavano alla mente momenti che mai avrei pensato di dimenticare, di accantonare in un angolo recondito del cuore.

Qualche sorriso nostalgico si formava involontariamente sulle mie labbra, ma esso non aveva mai forza a sufficienza per rimanervi di più di qualche istante.

Quando quei ricordi riaffioravano dalle profondità della mia anima, mi coglievano sempre impreparata, alla sprovvista. Essi cominciavano a tormentarmi, ad invadermi la mente, a stravolgermi pian piano. 

Senza farlo apposta, senza volerlo, la guerra ti cambiava radicalmente. Ti rendeva sua schiava e ti obbligava a cancellare ogni episodio della vita dove eri stato felice, dove non avresti mai avuto paura. 

Viverla e raccontarla erano due cose ben distinte: la guerra era quel nemico che non combattevi soltanto di giorno, la combattevi ogni istante della tua giornata e puntualmente essa non si arrendeva mai, continuava a tormentarti fin quando non crollavi, sconfitta, sulle tue ginocchia; dopodiché lei finalmente ti infliggeva il colpo finale, quello decisivo, quello mortale.

In quel preciso momento pensai a quanto la mia vita fosse davvero cambiata, per non dire stravolta del tutto: di punto in bianco mi ritrovavo completamente sola, lontana da Charlie, Friedhelm ed Olga. 

E lontana dalla mia vera famiglia: mia nonna Edith e la mia cara e dolce mamma Helene. 

Era così assurdo, quasi irrazionale... Ero terribilmente e consapevolmente sola.

Il mio cuore diventava ogni giorno più arido, assetato. Ma non vi era nessuno che avrebbe potuto dissetarlo, riscaldarlo, farlo tornare a battere come una volta. 

La guerra ti allontanava, ti torturava, ti perseguitava, ti uccideva. 

Come avrei potuto non provare paura? Era un sentimento naturale, una sgradevole sensazione che non aveva alcuna intenzione di abbandonare il mio corpo; ormai spoglio, inerme, vulnerabile. 

Essa mi seguiva fedelmente come un'ombra indesiderata... 

La verità che non volevo ammettere a me stessa era quella che, come tanta gente, anch'io avrei potuto ritrovarmi da sola da un momento all'altro. 

Era la verità; quella verità che ti ostini sempre a nascondere per paura. Eccola, infame e traditrice, sempre lì pronta a tenderti una trappola. 

Intertwined destiniesWhere stories live. Discover now