8. Fa sempre così e stronzate!

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Gli allenamenti vanno alla grande, i ragazzi sembrano carichi e io sono felicissima. La prima partita con loro, con il mio papà, dopo tanto tempo.
Mi sento in famiglia e mi godo il momento, mentre faccio il tifo da lontano con la maglia con il numero 1, gentilmente offerta dal mister.

Mi diverto tantissimo e mando baci a tutti i membri della squadra. Mi avranno presa per pazza ma non me ne importa.

Purtroppo, però, la partita non va altrettanto bene, poiché finisce 3-2 per il lazio, che si aggiudica così la Supercoppa.
Riesco a leggere la delusione negli occhi di tutti, compresi i miei.
Nonostante ciò tengo il capo ben alto e l'espressione fiera, perché amo la mia squadra. Quando vince è di tutti noi, ma quando perde è soltanto mia.
Sorrido nonostante tutto mentre mi dirigo nello spogliatoio, da cui sento forti schiamazzi.

Busso alla porta e i ragazzi si zittiscono immediatamente.

"Chi è?" grida una voce, non molto calma. La riconosco come quella di Barzagli, ma non sono sicura.

"Sono io, Helena."

Alla mia risposta la porta si spalanca, rivelando una squadra distrutta, leggo la delusione nei loro occhi ma purtroppo questa volta non posso dire che non sia colpa loro, perché hanno giocato davvero male, fatta eccezione per Dybala, che ha segnato due gol.
Nonostante ciò, il ragazzo argentino è seduto sulla panca, e appena entro nella stanza e mi chiudo la porta dietro, alza lo sguardo di scatto.

Gli occhi sono rossi e lucidi, l'espressione triste. Probabilmente per lui questa partita era davvero importante, data la grande responsabilità che si cela dietro la maglia numero 10.

Comunque, il nostro contatto visivo non dura molto poiché lui distoglie subito lo sguardo, iniziando a vestirsi.
Mi dispiace così tanto per la mia famiglia, quasi scoppio a piangere davanti a loro: non tanto per la sconfitta, ma per il fatto che loro siano così distrutti da tutto ciò.

"Mi dispiace per come è andata ragazzi, vi meritavate quella coppa," dico, consapevole del fatto che qualsiasi cosa gli dica ora non servirà a niente poiché sono tutti troppo delusi.

"Già, la meritavamo. Ma sembra che abbiamo una sfortuna per le finali," replica Barzagli, mentre si riveste, così come tutti gli altri.

"Andrà meglio in Serie A. E comunque vada testa alta, sempre. Siete una grande squadra." gli ricordo, provando a motivarli.

Alcuni di loro sforzano un sorriso e mi ringraziano per le parole, mentre Dybala sembra in una bolla di vetro, ignora tutto e tutti completamente. Il numero 10 della juventus mi passa accanto, urtandomi leggermente la spalla per poi uscire dalla stanza a testa bassa.

Mi mordo il labbro per la frustrazione e lo guardo andare via, con dispiacere.

"Non farci caso, fa sempre così." cerca di tranquillizzarmi Gonzalo. Mi limito ad annuire, ma mi sento davvero male per lui.

Questo ragazzo sembra così forte, ma dietro si cela un'anima fragile che voglio disperatamente conoscere. Solo ho paura non me lo lasci fare, dopotutto non sono nessuno per lui, se non la figlia del portiere della sua squadra.

____

Le cose iniziano ad andare meglio, è passata una settimana da quella fatidica sconfitta che, per l'ennesima volta, ha buttato giù la nostra squadra.
Col passare del tempo i ragazzi hanno ripreso la voglia e la determinazione, ed io non posso che essere felice per questo.

Mi sento sempre più a mio agio con la squadra, e poi stare accanto a mio padre mi fa sentire protetta e amata.

Sembra non mancare nulla, ma l'unica cosa storta in realtà non è una cosa, ma una persona: Paulo Dybala.
Ultimamente non facciamo altro che litigare, raramente ci capita di scherzare. Parliamo davvero poco ma ci scontriamo spesso, e questa cosa mi pesa abbastanza. Vorrei semplicemente costruire un'amicizia o comunque una conoscenza normale con lui, ma ogni pretesto è buono per iniziare una discussione.

Inizialmente pensavo fosse perché era giù per la sconfitta ed ero convinta gli sarebbe passata entro poco, ma non è stato così.
Non so più che fare con lui onestamente.

Attualmente siamo a casa sua, di Paulo, ma sono sempre più convinta che non mi avrebbe invitata se non fosse stato per mio padre. Non è presente tutta la squadra, infatti ci sono: Pjanic, mio padre, Alex Sandro, Costa e Bernardeschi.

Abbiamo cenato a casa sua, ma praticamente io non ho parlato. Ho fatto solo qualche piccola battuta per stuzzicare Bernardeschi, che non ha esitato a ricambiare.
Hanno giocato a Fifa, ovviamente. Federico ha insistito poiché provassi, ma abbiamo appurato insieme che ho un talento per il fare schifo in tutto non indifferente.

Mi alzo per andare in cucina poiché non reggo più così tanta tensione. Ogni tanto Paulo mi lancia sguardi di fuoco e non riesco a capire: cosa gli ho fatto?
Sospiro, arrivando in cucina e chiudendomi la porta alle spalle.

Appoggio le mani al bancone della cucina e chiudo gli occhi per un attimo.
Mi prendo un bicchiere d'acqua e lo sorseggio lentamente, lasciando che il liquido freddo mi calmi e mi dia un po' di sollievo.

Noto che ci sono varie calamite e foto attaccate al frigo e non posso fare a meno di sorridere: un piccolo Dybala con mamma e papà è presente in una delle foto. Scorro con gli occhi tutte le fotografie, noto un'altra foto del ragazzo argentino con una torta enorme a forma di pallone e 10 candeline azzurre, circondato ancora da mamma e papà. Il suo sorriso è così ampio e brillante che quasi mi acceca. Sorrido istintivamente e sfioro la foto con le dita, immaginandomi un piccolo numero 10 girare per casa con il suo giocattolo nuovo.
In quella successiva, però, ci sono solo lui e sua mamma e abbasso lo sguardo, ricordandomi che suo padre sfortunatamente non c'è più.

Sono talmente persa nei miei pensieri che non sento la porta aprirsi e chiudersi alle mie spalle, infatti trasalisco quando sento una voce profonda provenire da dietro di me.

"Cosa stai facendo?" la sua voce è inconfondibile, è sempre lui.

Mi volto di scatto e mi allontano dal frigo, mentre la mia mente ragiona in fretta per trovare una scusa. Decido poi che la scusa non mi serve a niente e dico la verità.

"Guardavo le foto attaccate al frigo." spiego sorridendo, ma la sua espressione è seria. "Eri davvero molto carino," provo a smorzare la tensione ma senza successo.

Quando non ottengo risposta mi innervosisco, sbattendo la mano sul ripiano della cucina.

"Ascolta, Paulo, puoi dirmi cosa ti ho fatto? Onestamente, sono giorni che non facciamo che litigare senza motivo, posso sapere che ti succede?" sbotto, stando attenta a non alzare la voce per non attirare l'attenzione degli altri membri della squadra.

"Niente, non succede niente." mi dice, il tono della voce piatto. Si passa una mano tra i capelli e sospira.
No, non mi va più bene.

Mi avvicino a lui di scatto e mi ritrovo a pochi centimetri di distanza.

"Stronzate!" esclamo, ormai arrivata all'esasperazione.

E poi succede tutto in un millesimo di secondo, Paulo mi porta le braccia ai lati della testa, spingendomi verso il muro. Appena la mia schiena si scontra con la superficie dura alle mie spalle, emetto un gemito di dolore per l'atterraggio brusco.

Il suo viso è a pochissimi centimetri di distanza dal mio e i miei occhi sono colmi di spavento.
Lo guardo per la prima volta negli occhi dopo tanto e realizzo solo ora quanto mi siano mancati.

"Vuoi sapere che succede?" dice piano, la mascella contratta. Annuisco. "C'è che mi è davvero difficile stare lontano da te quando tu sei così fottutamente attraente."

Il battito del mio cuore accelera e mi sento soffocare, non dalla sua vicinanza, ma da quello che mi ha appena detto. Cosa dovrebbe significare? Il mio cervello va in tilt alle sue parole.

"Questo non spiega il perché mi tratti di merda." mi costringo a dire. Le sue labbra sono ad un soffio dalle mie, sento il suo respiro sulla mia pelle e il mio cuore batte più forte.

Paulo sospira, chiudendo gli occhi per un attimo, per poi riaprirli subito dopo.

"Perché così mi è più facile non farlo." replica serio. I suoi occhi incastonati nei miei, come se riuscisse a leggere ogni mio pensiero.

"Non fare cosa?" dico in un sussurro.

"Questo."

E come se non aspettasse altro, le sue labbra morbide premono prepotentemente sulle mie.

Despacito. || Paulo DybalaWhere stories live. Discover now