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Avrei smesso di vivere fino a quando
lui non avrebbe ripreso a farlo.

Daniel

Non potevo lasciare che le giornate mi scorressero davanti senza che mi adoperassi per svolgere la minima cosa al di fuori del respirare, atto compiuto per via involontaria, spontanea ed inevitabile. Non potevo lasciare che ciò che avevo vissuto un anno prima con Sonia si ripetesse. Non dovevo lasciarmi trascinare dalle emozioni da cui inizialmente non ero proprio riuscito ad escludermi.
Il dolore doveva essere soltanto nella psiche; non si trratrava di qualcosa di fisico fatto di ferite, sangue, tagli. O almeno, quelli che avevo sulla pelle non erano stati causati da Andrea. Era solo autolesionismo.
Avevo giá provato una volta quelle sensazioni, frutto di pazzia, di un momento di squilibrio mentale.
Avrei patito per Andrea in altro modo.
Ma non di certo proseguendo con la violenza fisica sulla mia persona.
Non ne trassi alcun beneficio; ed anzi, ció che mi spinse a smettere di agire a quel modo fu proprio il pensare a come avrebbe reagito Andrea nello scoprire le mie azioni.

"Dane...". Una voce, proveniente dalle mie spalle, si fece udire all'improvviso.
Concentrato sul far scivolare la lama sulla mia pelle, ormai tintasi di una tonalitá violacea, avevo udito, fino a quel momento, il solo rumore del digrignare dei denti, sintomo di resistenza al dolore che provassi, ma che non volevo ammettere a me stesso.

"Dane..." insistette nel sibilare. Serrai gli occhi, cercando di far prevalere il dolore al suo sussurrare del mio nome.
"Daniel!". Il sentirmi pronunciare per intero non poté fare altro che convincermi che il voltarmi avrebbe posto fine a quel continuo, fastidioso, superfluo vociare.
"Cosa c'è?" domandai girando il busto, prima ancora di visualizzare ció che sarebbe presto comparso di fronte a me.

"Tu..." sussurrai, incontrando le iridi di colui che, con impazienza, aveva ripetuto fino al mio sfinimento il mio nome.
Un sorriso comparve sulle sue labbra, dello stesso incarnato del sangue che colava a fiotti dal mio braccio, leso da numerosi tagli.
"Tu sei quello dell'ultima tesserina del mio cuore..." dedussi, osservando i suoi lineamenti. Lentamente, s'avvicinó a me fino a raggiungere pochi centimetri dalla mia persona.
Sfiorai il suo viso con le mie dita, mentre i nostri occhi si osservavano.
"Sí, sono io" pronunció appoggiando la sua mano sulla mia, a sua volta sulla guancia del mio interlocutore, liscia e tenera.

"Cosa sono questi?" chiese osservando la mia mano, macchiatasi di rosso ed attraversata da profondi tagli.
"Non... non é nulla" risposi frettolosamente cercando di retrarla. Ma fu inutile. La sua presa fu abbastanza rapida da bloccare la mia mano fra le sue.
"Ah..." gemetti al contatto brusco, scrutando le sue azioni. Con i suoi polpastrelli accarezzava i miei, facendomi avvertire dei brividi.

"Perché lo fai?" domandó osservando prima le nostre mani, unite in una specie di fagotto, poi le mie pupille, forse a verificare che ció che avessi intenzione di dirgli fosse la veritá. E siccome gli occhi sono lo specchio dell'anima, difficilmente si sarebbe sbagliato.
"Non lo so" risposi frettolosamente.
"Ci deve essere una risposta, non credi?".
"Forse" rimasi sul vago, stringendomi fra le spalle.
"E non credi che sarebbe bello scoprire di cosa si tratti?".
Mugugnai combattuto. Dovevo ammettere.

"In realtà lo so. So il motivo per il quale io lo faccia".
"E qual é?".
"Sai, ho fatto come mi avevi detto tu" iniziai a parlare. Intanto lui mi ascoltava con le sue orecchie piccole, attaccate al capo, sovrastate da qualche ciuffo di capelli mosso, castano e ribelle che ricadeva poco sopra ai suoi  lobi.

Non ti lascerò dormire da solo Where stories live. Discover now