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Daniel

22 ottobre

"E Ande? Come sta Ande?" domandò Lucrezia vedendomi, all'uscita da scuola, dirigermi frettolosamente verso la fermata del pullman che mi avrebbe portato in direzione dell'ospedale.
Voltandomi in sua direzione, mi vidi obbligato a risponderle nonostante la GTT avesse annunciato l'arrivo del mezzo alla fermata in meno di un minuto.
"Ti vedo sempre di fretta, all'uscita da scuola" confessò, fermatasi davanti a me con le mani in mano, lo sguardo fisso sul mio volto.
"È tutto a posto?" domandò nuovamente.
Stupito dal suo atteggiamento, mi voltai un paio di volte per accertarmi che l'autobus non fosse giá arrivato, ma purtroppo il suo avanzare senza sosta lo aveva portato addirittura a superare la fermata senza arrestare la sua corsa. Nessuno l'aveva prenotata.
Consapevole che mi sarebbe toccato attendere ancora per almeno un quarto d'ora, decisi di concedere qualche confessione alla mia amica che, a differenza delle altre, forse per maggior coraggio o semplicemente interesse, aveva avuto la tenacia di pormi la domanda in maniera esplicita, anche se totalmente fuori luogo.

"Sta abbastanza bene, ma non troppo" dissi, rimanendo sul vago. Non sarebbe stata mia intenzione, ma l'attendibilitá della mia risposta era messa in dubbio dallo stesso che l'aveva pronunciata.
"Cosa intendi dire?".
"Mel, secondo te?". Era incredibile come il non saper più dosare le parole mi avesse portato a contestare in maniera sgarbata anche a una domanda banale.
"Non lo so, Dane. Sinceramente, se non sei tu a dirmi qualcosa, evito di farmi paranoie". Aveva perfettamente ragione, così tanta da avermi zittito.
"Spero non sia nulla di grave" tornò a parlare, notando il mio mutismo.
Scuotendo il capo dai miei pensieri, bofonchiai qualcosa di incomprensibile.
"Come?' chiese la mia amica.
"Nulla. Sta bene, credo" dissi, voltandomi per dirigermi alla fermata del pullman, mani sulle bretelle dello zaino, sguardo rivolto davanti a me.

"Aspetta, ti prego!" esclamò lei, raggiungendomi.
"Per favore, sii sincero con me" sussurrò, guardandomi negli occhi.
"Ma soprattutto con te stesso". Sospirando, mi vidi obbligato a non evadere dalla questione.

"Insomma... è lì dal ventuno settembre" dissi abbattuto mentre, di passo svelto, raggiungevo la mia meta assieme con Melissa, nella direzione opposta rispetto a casa sua. 
"Cavolo, è ormai più di un mese che Andrea si trova lì..." disse lei, portandosi una mano alla bocca.
"Giá, un mese e tre giorni" precisai. Melissa mi accarezzò una spalla. Le sorrisi con un tocco di rammarico.
"Vai a trovarlo tutti i giorni, vero?" mi domandó poi.
"Certamente" dissi, facendo comparire una lieve curva sulle mie labbra.
"E come ti senti tutte le volte che entri lì? Ciò che provi è cambiato, ti sei abituato o è sempre come il primo giorno?". A quella domanda non potei non riflettere
"No, no, non è esattamente lo stesso del primo giorno. Insomma, un po' mi sono abituato. Diciamo rassegnato, piuttosto, al fatto che lui sia così e vi rimarrà per chissà quanto altro tempo. La speranza non manca mai ma sentimenti di paura, sensazioni spiacevoli e timore ci sono sempre. Ho tanta paura per lui, ma ho imparato ad entrare nella sua stanzetta col sorriso sulle labbra, a sperare fino all'ultimo, a fargli godere ogni giornata cercando d'intrattenerlo con qualche racconto. E soprattutto, a non piangere perchè non serve. Si tratta di una cosa così immensa, ciò che Andrea e di conseguenza io, sta vivendo, che ogni lacrima che verserei scivolerebbe sulla situazione, così come una goccia di pioggia si disperde cadendo in un oceano". Melissa mi guardò in silenzio. Provò ad aprire bocca, ma tacque, volgendo lo sguardo a terra.

"Mel, cosa ti succede?" domandai, vedendola reagire a quel modo.
"E tutto okay?" domandai poi.
"Sì, ma..." parlò, interrompendo lo scorrere della frase.
"È che... hai così tanto coraggio" continuò la frase cominciata poco prima.
"Sei da solo accanto ad Andrea a lottare contro la sua solitudine e la mestizia della sua condizione" parlò poi.
"Come fai?" domandò, facendomi spuntare un sorriso.
"È naturale, sono il suo ragazzo. Non potrei pensare di fare diversamente" dissi come se si trattasse della cosa più normale che dovessi stare facendo.
"Anche lui farebbe così con me. Ne sono certo" dissi, sorridendo e guardando nel cielo limpido, un aereo attraversarlo lasciando una scia bianca man mano che si allontanava dietro ad un alto palazzo di periferia.

Non ti lascerò dormire da solo Where stories live. Discover now