[COMPLETA]
Una Terra divisa tra il Bene e il Male. Due Regni in balia all'odio li avevano portati a guerre sanguinose e stragi di morti innocenti.
Sigillare un patto era l'unico modo per riportare nel mondo la pace e la prosperità.
Ma ad un caro...
Più avanti ho il vantaggio di osservare il palazzo è fornito di cortile disposto su due livelli, il più basso definito ad est dall'ingresso ed a nord dalla grande muraglia dove è affacciata la figura smilza della balia. La parte superiore del cortile è aperta per permettere di godere della vista della natura circostante. La muraglia che unisce i due livelli del cortile è chiamata Torre, alta 40 metri, la quale dispone di solida piattaforma superiore, dai quali fianchi sono collocate un paio di scale che permettono la salita è la discesa tra i due cortili. Dietro di essa e per tutto il lato nord si trova la cosiddetta Casa della Servitù, collegata con la Torre e con l'ingresso corridoio che permette parallelo alle camere e da numerose arcate cieche sul cortile d'onore. La Casa della Servitù è il luogo di residenza deputato per i fedelissimi servitori del sovrano. La Dimora delle Dame, destinata a noi ragazze, proprio di fronte alla Casa della Servitù, costituisce anch’essa una serie di locali di servizio sul lato sud del cortile. I lati del cortile inferiore sono costituiti dalle stalle e dalle cucine. Il lato ovest del cortile d'onore è delimitato dal castello vero e proprio. Il complesso si presenta come due strutture di forma cuboidale incassate tra loro ad angoli sfalsati. Agli angoli di giunzione, distogliere il senso di distacco tra le due strutture, si trovano due alte torri, terminate da tetti poliformici, di cui una è la più alta, collocata a nord. L'intera struttura è sormontata da miriade di pinnacoli e camini ornamentali. Noi ci troviamo ancora nel cortile superiore, aspettando silenziose la discesa della balia. Infine la seguiamo fino all’entrata di un abitacolo, posto a nord, affiancato dalle cucine. Entriamo una ad una, tremanti di terrore ma scosse al contempo da tanta curiosità; felici di essere arrivate ma anche spaventate da cosa ci può accadere ora. La stanza è molto lunga, fredda e spoglia, alle pareti giacciono panche di legno impolverate. Alla parete parallela all’entrata, un uomo grosso, barbuto, con un espressione contratta dalla rabbia, seduto davanti ad un tavolo curvato a U, ci sta studiando una ad una. Isadora sussulta dallo spavento, e si nasconde dietro di me. «A cosa devo questo disturbo?», ringhia. La balia non perde il controllo. Anzi, appare abbastanza tranquilla e determinata. «Le ragazze sono qui per presentarsi. Dovranno fornire ogni loro caratteristiche» «E questa cazzata non poteva svolgersi domani mattina?», l’uomo sbatte il grande pugno contro il tavolo, creando una grossa crepa sulla superficie di legno. La pressione è abbastanza potente da far tremare il terreno e sobbalzare a noi. Sento Isadora lamentarsi. Ariel si avvicina a me e mi stringe il braccio. Io sono stranamente tranquilla, come la vecchia davanti a me. «Trova parole più consone alla tua professione, cane, altrimenti sai la punizione che ti aspetta», esclama la madre. Alle sue parole, l’uomo sembra calmarsi. «Voi ragazze sedetevi sulle panchine e mano a mano che vi chiamerò verrete qua da me per presentarvi. Sono stato chiaro?», dice, alzando il tono della voce all’ultima frase. Annuiamo e ci sediamo silenziosamente sulle varie panche che delineano le due pareti spoglie della stanza. Isadora si siede sulle mie gambe e mi abbraccia, nascondendo il viso contro il mio collo. Ariel, come sempre mi sta affianco. Casualmente, l’occhio vispo della madre ci studia una ad una, e potrete immaginare dove si ferma. «Quanti anni ha?», chiede a me, ma guardando lei. «Dodici», rispondo distaccata. Solleva lo sguardo, puntandolo a me, per vari secondi rimane in silenzio. «Ci sono altre sue coetanee?» «Sono morte tutte» Isadora stringe l’abbraccio. È stato abbastanza doloroso per lei ritrovarsi sola. La donna mi studia con attenzione finché non vedo i suoi occhi illuminarsi. «La ragazza che salvò la bambina», dice il gigante con sorpresa, i suoi occhi rotondi hanno la stessa luce della balia. «Abbiamo sentito parlare di te. Ti conviene stare alle regole, non vi trovate più sul treno», sintetizza lei. «Non sono molto brava ad obbedire, mi piace trasgredire, essere una donna libera». La ripicca fa irrigidire i muscoli quasi inesistenti dell’anziana. «D’ora in avanti non sarai più la ragazza libera di un tempo. Questa è la tua nuova casa, adeguati ad essa» Strinsi le labbra per non risponderle malamente, continuo a guardarla con astio finché rivolgendosi all’uomo dietro la scrivania da il permesso di procedere il lavoro. Non permetterò a nessuno di privarmi della libertà. A nessuno. L’appello comincia in silenzio e in tranquillità, ad ognuna viene chiesta nome, cognome, città o paese natio, le particolarità che possiedono, i nomi dei genitori. Al termine dell’esame, vengono portate in uno stanzino presente dietro le spalle dell’uomo. Difatti c’è una libreria che fa da porta, e dando una rapida occhiata noto che anche questa è spoglia e fredda. Il gelo non risparmia nemmeno all’interno di quattro mura. Ariel è la decima a trovarsi davanti all’uomo minaccioso. «Nome?», chiede. Ariel ha la voce tremante. «Ariel» «Cognome?» «Light» «Età?» «17 anni» «Data di nascita» «18 marzo del 1997» «Cittá natale?» «Mermaid» «Nomi dei genitori e particolarità?» «Mia madre si chiama Adele Popper, ha il potere di congelare qualsiasi oggetto, mentre mio padre Elrond Light è un tritone» «Il vostro potere?» «Ho la capacità di giocare con l’acqua, ghiacciarla, vaporizzarla, creare uno scudo, e quando sono in contatto con essa posso trasformarmi in sirena» L’enorme uomo finisce di scrivere poco dopo e le rivolge il suo primo sorriso. «Puoi accomodati nella stanza dietro le mie spalle» Ariel ringrazia e avanza nell’unica stanza chiusa, la madre esce affiancata dalla ragazza entrata dopo di lei e inviata con una mano ad entrare. Sì chiudono la porta alle spalle ed è di nuovo silenzio. «La prossima!», grida l’uomo. Accanto a me il posto è vuoto, quindi ipotizzo che sono la prossima. Mi alzo dubbiosa, e mi avvicino alla scrivania. L’uomo mi osserva, mi studia, mi trafigge con gli occhi neri trasmettendo un senso di disagio. Vorrei uscire da lì. «Nome e cognome?», tuona, spezzando il silenzio. «Pearl Howard» «Etá e data di nascita?» « 6 novembre del 1996, ho 18 anni» «Città natale?», chiede. Questa volta mi guarda di sottecchi, come se attendesse la risposta desiderata, in espressione corrucciata di rabbia. Il cuore perde un battito, quella incomprensibile insistenza inizia a turbarmi. «Aaron» Lo sguardo minaccioso esita allungo per poi ritornare al foglio bianco dove annota tutte le informazioni. «Dimmi i nomi dei genitori e la loro particolarità» «Mio padre Daniel Howard ha il potere della forza, mia madre Desirée Reaser ha il dono dell’amore e di trasmettere affetto» «Il tuo potere?» «Ho la capacità di curare le persone e posso donare loro la vita» «Mmm», mima lui. «Jn potere prezioso ed in contrasto con quello del principe» «Mi scusi?» Solleva lo sguardo, l’espressione infastidita dalla mia insistenza. «Credo che tu abbia trovato modo di capirlo mentre viaggiavate. E scommetto che anche tu hai avuto l’occasione di quanto uccida con facilità le persone. Hai visto anche tu quando ha torturato quelle ragazze, sollevate in aria per poi ucciderle. Ha il potere della morte, è il tuo opposto» «Co-come sapete di…?» «Non essere così sorpresa», mi interrompe lui. « Pensavi di arrivare inosservata. L’intero Regno parla di te e della tua amichetta, presto le voci si spargerà. Ti consiglio di non creare altre chiacchiere col tuo caratterino. Non conosci la malvagità del principe» Finito di scrivere, procede con lo stesso omologo che ha fatto alle altre prima di me. Ringrazio inchinando il capo pur non ricevendo niente in cambio. Aspetto che la porta si apre ed entro. Sei paia di occhi tremanti mi stanno fissando, ci sono tre figure velate di nero, quattro considerando la balia, e dall’enorme spazio che contiene la stoffa dei loro abiti deduco che sono abbastanza magre, molto più dell’anziana accanto a me. «Ti abbiamo portato qui per completare il tuo esame, cara, più importante» «Co-come?», sono confusa. In cosa consiste questo esame importante? «È bene che il principe sappia se tu non ti sei mai fatta avvicinare intimamente» Continuo a non capire. «Dobbiamo controllare la tua purità», chiarisce. «Cosa?», scoppio. «Non potete toccarmi, inoltre non sono una puttana. Non mi sono mai data a nessuno uomo», esclamo, stringendo i pugni. Ho voglia di fermare il pizzicore alle mani, lanciandole uno schiaffo. Lei rimane impassibile alla mia collera, guardandomi con menefreghismo. «Verificheremo per sicurezza», si volta verso le tre donne in nero e con un gesto del capo da l’ordine di procedere. La possibilità di uscire dalla stanza è vana perché nell’attimo dopo mi trovo le braccia bloccate dietro la schiena, le gambe immobilizzate da due mani, mentre l’ultima si appresta a sbottonarmi i pantaloni. Saranno secche, ma hanno una forza inaudita. Un secondo dopo mi ritrovo con le gambe spoglie, le guance si tingono di rosso, vorrei nascondere il viso dall’imbarazzo ma mi limito solo ad abbassarlo. Non mi sono mai fatta toccare così intimamente, nemmeno da papà e mamma, figuriamoci da tre streghe. Nemmeno quel ragazzo dei ricordi si è mai azzardato a sfiorarmi l’intimità, e adesso mi sento a disagio, lotto contro la furia e la vergogna dell’essere palpata senza il mio consenso. Le dita secche e allungate della vecchia esplora la mia intimità, di accuccia tra le mie gambe per verificare la mia castità. Allarga le grandi labbra e per errore sfiora quello che per noi è il centro di tutto il piacere. Sussulto, mordendomi il labbro, ora rossa come un peperone. Il disagio viene accompagnato dal dolore pochi istanti dopo e lotto con tutta me stessa per trattenere le urla. Le dita della donna smisero di violarmi qualche secondo dopo, ed io vengo liberata. Sono un fulmine nel rivestirmi. «Siete delle svergognate!», urlo alle donne in nero. Loro abbassano lo sguardo, un po’ scosse dal mio insulto, un po’ dispiaciute, mentre io sono concentrata a guardare la balia. «Ebbene?», chiede lei ad una delle tre. «La ragazza è intatta, Grande Signora», risponde la voce acuta della donna al centro. «Bene». Ritorna a me. «Capirai se ti dicessi che dovevamo fare questo controllo per il volere del Principe» «Io non capisco il vostro principe, di conseguenza non capisco voi. Vi ho detto che non sono mai stata deflorata. Non ho mai mentito» «Molte delle tue compagne sono impure quando ci avevano detto il contrario, per questo siamo state costrette» «Pensavo che questo compito aspettasse al principe, una volta portate tutte al letto» La mascella della signora di contrae. «Quello che succederà nella camera del principe tenetevelo per voi. Noi siamo state autorizzate a questo compito. Ora basta» Mi zittisco. «Inoltre Sua Maestà ha ordinato di differenziare le ragazze pure i impure con degli abiti. Tu metterai un vestito bianco ogni qual volta ti presenterai al castello, le altre deflorate useranno o un abito rosso o un abito nero» «Comprendo» «Sono obbligata a chiedervi cosa sapete fare» Ci pensai su, ricordando la mia vita ad Aaron. «Suono l’arpa, so ballare la danza del ventre e nel mio paese lavoravo come maestra» «Sai cantare?» «No, non sono molto brava» «Per questo ci penseremo noi. Voi ragazze dovrete divenire ottimi corteggiatrici per il principe. Dovrete cucinare, pulire, ballare, cantare, suonare, ma la cosa più importante sarà sedurre il Re. Dovrete darle piacere, affetto, tutte voi stesse, non odio o astio. Come accennato prima, Sua Maestà non si fa scrupoli a punire severamente una persona» Annuisco. «La sveglia suona ogni mattina alle otto, dopo il pranzo sarete libere di vagare nel castello e nell’ora di cena riprendere il vostro lavoro. Durante la pausa il principe sarà libero di socializzare con ognuna di voi, e non dovrete opporvi. Domani le mie dame vi porteranno abiti e gioielli per la presentazione, vi aiuteranno a lavarvi e ad essere presentabile. Spero che gli occhi del principe cadano su di voi» «Perché sperate in me?» «Perché avete carisma, e al principe piace le ragazze come voi» «Spero per voi che vi sbagliate», sputo, smorzandole il sorriso. Avanzo verso la porta, ma prima di uscire mi volto un ultima volta verso di lei. «Vorrei chiedervi un favore» La signora alza il capo, attenta. «Vorrei che Isadora, la bambina che sedeva sulle mie gambe, sia portata nella mia stanza. Ho promesso alla madre di prendermene cura» «Come desiderate» «Grazie. Vorrei sapere inoltre che cosa le succederà. È ancora una bambina e non può subire tanta ingiustizia» «Questo è un compito che aspetta al Principe stesso, noi non siamo autorizzate a decidere per la bambina» Ringrazio un ultima volta e chiudo la porta. Al mio fianco appare Ariel che mi accompagna ai nostri posti, mi siedo e prego che questa serata giunga al termine al più presto.
***** Ciao vampiretti! La struttura del castello ha un suo perché: la sua forma è presa spunto dal castello di neuschwastein, chiamato anche "Il castello delle fiabe", infatti è stato inoltre copiato per realizzare il Castello Disney!! ❤ Vi mostro qui sotto una foto di questo capolavoro della mente umana:
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Vi auguro un buon weekend con questo nuovo capitolo. Se ci saranno eventuali errori, più avanti sono decisa a correggerli. Se vi è piaciuto commentate o mettete una stellina. Vi aspetto con il prossimo capitolo! Buona serata, vampiretti! E buona lettura 💋