Capitolo 36

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Si dice che il dolore della morte di un figlio è indescrivibile, è come se ti strappassero il cuore dal petto, e ti senti morire. Vedi il mondo spento, con l'assenza di quei colori vivaci che prima fingevano il mondo.
So che una madre vorrebbe morire, raggiungere il proprio figlio o figlia; ed è così che si sentì mia madre una volta perso Luca. Anch'io sentì quel dolore profondo, ma non faceva male come a lei.
E ora, oggi il mondo piangerà di un'altra vittima scomparsa: Sarah.
Non so nemmeno il suo funerale deve essere ancora celebrato o meno. Non so come sta la sua famiglia né ci tengo a saperlo.
Non per cattiveria, è perché voglio reprimere questo dolore familiare.
Il castello è stranamente silenzioso, si sente la mancanza di Sarah. Mi manca la sua dolcezza, è quello che di sicuro ha lasciato in queste mura.
Guardo da svariati minuti il foglio di carta, intatto.
Non trovo le parole, perché non ce ne sono. Vorrei scrivere una lettera di cindoglianze ma in tal modo non farei altro che peggiorare la situazione.
Mi arrangio con quel poco che mi viene in mente, e dopo aver tentennato poso la punta di piuma sopra la carta.

«Cari coniugi
Vi scrivo dal castello un po' ciaccata, ma avrei preferito trovarmi io al posto di Sarah.
Sicuramente avrete sentito parlare molto di me, le mie gesta non saranno di certo passate inosservate.
E oltre a quello che sapete sul mio conto, vorrei raccontarvi come ho vissuto la mia amicizia con Sarah: eravamo sempre unite, parlavamo sempre della nostra casa e della nostra famiglia. Lei desiderava incontrarvi, non se lo sarebbe mai aspettato in questo modo, anche se, devo essere sincera, nel suo piccolo se lo immaginava e avrebbe accettato tutto.
Lei aveva una dolcezza straordinaria, era un agnello nelle mani del lupo.
Io ho cercato di proteggere questo agnello glie lo avevo promesso sempre, ho tentato di allontanarla dal principe. Perfino quella sera ho usato tutto il mio potere, pur sapendo che era vietato, e lo farei altre mille volte, pur di rivederla di nuovo accanto a me.
Non rimpiango di aver visto la morte, di essere stata frustrata e lasciata sola per tre giorni in una cella, per lei avrei sopportato questo ed altro.
Rimpiango solo di non averla protetta abbastanza, sicuramente avrei potuto fare di più. Mi sento un incapace.
E se voi non riuscirete a perdonarmi, capirò. Posso capire il dolore di una madre, pur non essendolo mai stata, ma avendolo osservato per mia sfortuna molto da vicino.
Avete tutta la mia comprensione, accetto qualunque vostra critica poiché me la merito.
Con queste ultime righe, lasciatemi dire cosa lei mi disse prima di andarsene: desidera che vivete, pur essendo difficile, e andate avanti; lei rimarrà con voi, non vi abbandonerà mai. Vi ama e vi amerà per sempre.
I miei più sinceri saluti.
Pearl Howard »

Sento il cuore scoppiare, tutte le lacrime che ho dimenticato di versare ora stanno uscendo.
Mi tremano le gambe al solo pensare che lei non c'è più, quell'angelo non è più con me.
La mia dolce Sarah.
Prendo tra le dita l'anello che il suo spirito teneva in mano e mi incanto a guardarlo per un attimo.
Inizio a chiedermi per quale motivo alloggio ancora nel suo stesso tetto.
Cosa mi è saltato in mente? È sempre lo stesso assassino di Sarah e di molte altre ragazze, lo stesso che mi ha torturata e che ci tratta tutte come oggetti.
Cosa ho visto di positivo in lui da farmi cambiare idea?
Giorni fa avevo detto che anche le bestie hanno un cuore. Ma lui ce l'ha veramente un cuore? Cosa si nasconde dietro il suo carattere bipolare?.
«Cos'è?», la sua voce mi fa mancare il respiro.
Il cuore si ferma. «Da dove sei entrato?»
«Dalla finestra»
Indica la portafinestra spalancata.
«Non potresti comportarti un po' più...da umano? Non ho il super udito come il tuo»
Sogghigna. «Mi piace quando fai così»
«Quando sto per morire d'infarto o quando la mia pelle raggiunge il colore del marmo?»
Si avvicina più al mio viso. «Quando mi guardi sorpresa, è bellissimo»
Ritorno a guardare il foglio di carta nuovo. «Sappi che non era per la sorpresa, ma per lo spavento»
«Mmm....», le sue dita giocherellano con le ciocche spostandole dietro le spalle. «Mi sei mancata Pearl, e scommetto anche io a te», le parole sono come aria fredda sul mio collo, sono ricoperta da brividi.
Il colmo è quando mi sfiora la giugulare con le sue labbra, stampando un leggero biacio.
L'adrenalina mi fa scattare in piedi.
«Neanche un po'!», lo guardo smarrita, anche se dentro sto ribollendo di rabbia.
I suoi occhi rosso sangue parlano di desidero.
«E ora se non ti dispiace, preferirei scrivere in santa pace quest'ultima lettera»
Il cremisi dell'iride punta sulla scrivania.
«Cosa state scrivendo?»
«Non sono affari vostri»
Stringe i pugni. «Questa è la mia camera, ogni cosa che accade qui mi riguarda»
Chiudo gli occhi e respiro. «Non. Sono. Affari. Vostri»
Riapro gli occhi, ritrovandomi davanti un vampiro visibilmente incavolato. Vedo le vene violacee che gli solcano gli occhi, occhiaie scure e canini che fuoriescono dalle labbra.
Sono consapevole che a breve sarò sottoposta all'ennesima tortura, sono pronta a reagire, e invece non accade niente.
Dopo secondi eterni, i suoi muscoli si rilassano e zitto zitto si stende sul letto.
Interdetta se sedermi o meno, afferro la piuma e scrivo frettolosamente.

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