Capitolo 71

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La rete è spessa e impossibile da spezzare, l'apertura è molto in alto, complicato anche raggiungerla. Non ho lame, solo le mani e i denti, ma per quanto tenta di strattonare o indebolire i fili di corda, questa non cede.
«Vai a cercarmi un sasso affilato, Luca», chiedo al mio fratellino, anche se esclamando ne è uscito un ordine.
Il bimbo, che mi guarda allarmato e preoccupato, perde la pazienza. «E come speri che lo prenda? Con la lingua?»
«Cosa intendi?»
Indica se stesso, allargando le braccia. «Non posso toccare quello che non mi appartiene più, niente in questo modo riesco ad afferrare», spiega.
Rimango tre secondi in silenzio, confusa. «Allora perché io riesco a toccarti?»
«Perché hai un legame con noi. Perché dopo la morte c'è sempre un'altra vita e anche questa vita ultraterrena influenza il tuo potere. Tu riesci a interagire con noi e parlarci perché sta in quello che la perla che porti al collo ti ha donato, la morte è solo un muro che separa la tua vita dalla mia»
Accarezzo la perla fredda e silenziosa contro la mia pelle. Questo dono ha molto più di quanto potessi immaginare.
«Cos'è stato?», chiede improvvisamente Luca guardandosi attorno.
«Cosa?», chiedo a mia volta, guardando nella stessa direzione.
Non c'è niente, solo il buio.
Questo tetro e familiare buio che non lascia un attimo di tranquillità.
Ho un fremito di paura. «Luca...», lo chiamo, agitata.
Il fantasmino si avvicina, come per proteggermi.
Un altro rumore, un fruscio, e di nuovo silenzio.
«Non va bene...», sussurro, trattonando ancora di più la rete per creare un buco dove poter uscire. Ma è troppo dura.
Chiunque abbia inventato questa trappola, e mi costa una certa difficoltà nel dirlo, è un maledetto genio.
«Cosa facciamo, Pearl?», ora la voce di Luca trema, allo stesso modo quando in vita gli raccontavo qualche storia dell'orrore, questa volta l'orrore esiste e non siamo i protagonisti di una storia.
Il mio sguardo è misto tra la sorpresa e il terrore. «Sei tu il genio, dimmelo tu»
I suoi occhi sono lucidi. «Pearl...io...io non lo so», balbetta. È bloccato dalla paura, lo immaginavo, infondo è solo un bambino di otto anni.
«Vorrei avere la forza di un vampiro per spezzare quest'affare», sbraito, dimenando la rete ancor di più.
Il rumore si fa più distinto: sono passi, sono vicinissimi e sono tanti.
«Siamo circondati», preannuncia la voce di Luca. Infatti versi strani e bisbigli si fanno via via più chiari tra il silenzio della vegetazione.
E noi siamo immobili aspettando che qualcosa di brutto accada.
Una voce mi dice di reagire, mentre il corpo rimane rigido come pietra.
«Luca, guardami», ordino al fantasmino accanto a me. Dopo un po' di esitazione vedo i suoi occhietti impauriti sposarsi sui miei.
«Lo so che hai paura, ne ho anch'io, ma non possiamo arrenderci. Io non lo farò, e tu?»
Scuote la testa, deciso.
«Dammi le mani», afferro le sue dita fredde tra le mie. «Vai a cercare aiuto, cerca Diamond e mandalo con più uomini possibili»
Una risata scioglie per un attimo il legame dei nostri sguardi, mentre entrambi sussultiamo di paura. Sono ancora lontani da non vederli chiaramente ad occhio nudo, ma li sento.
Ritorniamo subito a guardarci.
«Ascoltami, so che c'è la puoi fare. Sei un bambino coraggioso, non sarei mai arrivata fin qui senza di te. Fai in fretta, vi aspetto»
Vola in alto, lontano da me, ora la terrore comprime il controllo che aiutava a rimanere calma.
«Luca!», lo chiamo, e lui si gira.
Sorrido dolcemente. «Ti voglio bene, qualunque cosa accada», finisco.
Lui sorride appena, approvando e capendo che quella confessione è data, sì, dall'amore ma anche dalla paura.
Luca volteggia, fino a sparire dietro la chioma di un albero, un istante dopo un uccellino aranciato vola via, sopra le punte degli alberi in direzione del castello.
Sorrido un' ultima volta. «Lo sapevo, sei sempre stato tu»
Una pressione alla spalla distoglie lo sguardo al cielo e mi porta a guardare dietro di me, a sorridermi è il viso deformato e sanguinante di una donna, i suoi occhi sono neri, il suo ghigno a trentadue denti fa accapponare la pelle.
Mi sbircia da oltre la rete, mentre sotto di me sono radunati una ventina di creature mostruose: streghe, lupi e vampiri talmente affamati da essere secchi, zombie e anche fantasmi, una di solo mi sta afferrando la spalla.
Mi scanso da lei, spaventata.
«Carne», dice estasiato un uomo lupo, bramandomi come se fossi una bistecca.
«Lasciatemi andare, non dirò niente a nessuno»
«Non ce ne sarà bisogno...», ride la voce acuta di una strega.
«Le fanciulle giovani sono le più prelibate. Il loro sangue è puro e chiaro, perfetto per un buon sugo», dice un'altra portando la lama di un coltello alla lingua per leccarla.
Porto la mano alla bocca, per respingere un conato di vomito.
Vorrei non ascoltare, ma li sentirei comunque se mi chiedessi le orecchie.
La verità è che presto sarò cibo per il loro stomaco molto presto, e non c'è verità più cruda di questa.
Uno di loro, non so chi, scaglia la sua lancia per colpire la corda che chiude la chiusura della rete.
Si apre e io cado a terra.
Non perdono tempo ad afferrarmi per esaminarmi da vicino. La donna deformata e un lupo mi bloccano le braccia dietro la schiena.
Una strega afferra la mandibola per voltarmi il viso. «È giovane, avrà poco più di venti anni», constata. «Hai degli occhi di ghiaccio, perfetti per la mia collezione!»
«Gli occhi sono miei!», grida un'altra dietro di lei, spostando malamente la sua compagna e avvicinandosi a me. «Li userò come spiedini»
«Non ci provate vecchia megera! Questa è mia, l'ho sentita prima io. Il suo odore è un richiamo dolcissimo», le ringhia l'uomo lupo, talmente scheletrico da non riuscire a camminare composto.
In attimo il silenzio della foresta viene spezzato dal battibecco delle creature, litigano per quale pezzo di me deve essere destinato ad uno di loro, c'è chi mi vuole viva e chi ha stentato la fame per giorni che non vede l'ora di mangiarmi questa sera stessa, finché la voce roca di un demone interrompe il chiasso.
«Perché negarci la ragazza per cena questa sera, quando avremmo tanti altre prede per i prossimi giorni? La rete ha funzionato, si è dimostrata un ottima trappola per le nostre prede», i suoi compagni  iniziano a minare  ed annuire per sostenere il suo discorso, mentre io intrappolata tra due mostri sento le gambe tremare e lo stomaco contorcersi.
«Ci meritamo questa vittoria, stanotte dobbiamo festeggiare!»
I suoi compagni esultano felici, i loro occhi brillano alla luce delle lanterne, tremano di gioia come il fuoco delle fiammelle.
Il cuore batte impazzito, la bocca è incapace di formulare una frase che riesca a liberarmi; la verità è se anche ci provassi, non cambierà niente.
E Luca non è ancora arrivato, di Diamond e i suoi demoni non avverto niente.
Forse non arriveranno in tempo.
La convinzione diventa più palpabile quando iniziamo ad allontanarci dal posto di trappola, avanzando verso est, lontano dal castello.
Lascio il mio odore per strada, cercando di sfregare i piedi e gambe contro piante e fogli, sbando di qua e di la per raggiungere un tronco su cui posare il braccio, ma non appena il demone accanto a me se ne accorge, mi vengono coperti gli occhi con una benda.
Ogni passo sono tre colpi del cuore, spero e mi convinco che mi salveranno. In qualche modo arriveranno, che sia subito o troppo tardi non importa, desidero almeno che le braccia di Diamond mi stringano un ultima volta, se sarà questa.
Camminiamo per un quarto d'ora abbonamente, dove in questo lasso di tempo ho accumulato la mia dose di cadute con stile, e barcollando dopo essermi rialzata per cercare di trovare equilibrio, una spinta vigorosa mi fa cadere a cinque metri di distanza. Sento delle urla, dei ruggiti, nel  togliermi la benda per capire l'accaduto scopro di avere le mani legate dietro la schiena.
E un incantesimo di strega: non c'è nessuna corda che mi stringa i polsi.
Colgo l'occasione per sfrecciare via.
Nella corsa sbatto contro alberi, inciampo su rami o massi nascosti sotto il terreno, e le foglie mi graffiano il viso, nonostante questo sento che sia un vantaggio per Diamond dato che conosce l'odore del mio sangue, non ho calcolato che nel gruppo dei miei aguzzini ne fanno parte due vampiri.
Me ne rendo conto quando sbatto contro una consistenza dura e fredda, cadendo all'indietro per l'ennesima volta.
«Non sei furba come pensavo», disse la voce maligna di un uomo, una pressione mi afferra per il collo. «Ma sei attenta, è questo è un peccato», aggiunge sollevandomi da terra.
«Diamond verrà a salvarmi. Vi ucciderà tutti», sputo, tra una parola e l'altra trovo fatica.
«Ah! Sei una delle sue puttane...», scandisce bene l'ultima parola, con un sorriso malizioso. «Il Principe ci ha dato l'autorizzazione di uccidere chiunque sia indesiderato. In caso contrario, sopravviverai altri pochi minuti»
«Vai al diavolo!»
Gonfio i polmoni più di quanta aria riesca ad accumulare ma incomincia a mancare, come anche le forze di dimenarmi.
Lui sorride, lo sento. «Ci sono già, stuzzichino»
Qualche secondo dopo vengo sollevata da terra con fatica, non ho l'energia per tirarmi su con le gambe, così mi lasciano seduta accanto ad un albero per riprendere fiato.
Devo aver perso i sensi perché non ricordo niente di quello che è successo dopo che il vampiro mi ha trovata.
Sento l'odore di terra umida e bagnata sul corpo, mentre nell'aria naviga la pizza di legna bruciata.
Un'altra creatura si avvicina per togliere la benda. È un uomo lupo.
Siamo davanti ad una spianata circondata dalla foresta, non so di preciso quanta strada abbiamo fatto ma ipotizzo di trovarci abbastanza lontani dal castello.
Al centro allo spazio verde è stato acceso un focolare abbastanza grande.
«Perché non mi uccidete subito? Siete indecisi se scegliere la carne arrosto o alla brace?», ironizzo sprezzante all'uomo lupo.
Quest'ultimo ricambia lo sguardo con la stessa cortesia. «Sei stata fortunata che Jarret non ti abbia finita prima, perdi troppo sangue»
"Ecco perché mi hanno buttato all'aria", penso ricostruendo la vicenda di qualche minuto fa.
Mi osservo ora che ho la capacità di farlo, e noto effettivamente che sono malridotta, piena di graffi e lividi, il vestito strappato su alcuni punti della gonna.
«L'unico dispiacere che mi porterò alla tomba è che stanotte mangerete una prelibatezza malridotta, oltre a non avere la possibilità di vedervi bruciare vivi», riprendo il monologo, mostrando un sorriso falso.
«Si accontenteranno ugualmente. Se ti può consolare, io non mangio persone innocenti», taglia corto prima di allontanarsi da me.
Rimango da sola per altri minuti, o meglio: in compagnia di altri compagnie indesiderati: il fantasma malformato della donna mi passa davanti più volte con il suo sorriso terrificante, e altrettante volte mi urla in faccia parole sconnesse che non hanno un senso, tanto che per un momento pensai fosse posseduta, così viene costretta dai suoi compagni ad allontanarsi; Jarret, il vampiro che ha tentato di uccidermi non mi toglie gli occhi di dosso, persino ignorándolo mi sento i suoi occhi denudarmi fino all'anima.
Non ho avuto così tanta vergogna e paura in tutta la mia vita come adesso.
Soprattutto quando mi ritrovo in un attimo la sua mano bianca accarezzarmi la guancia.
Sobbalzo a mia volta, per poi scansarmi.
«No, non ti allontanare», implora lui, guardandomi dolcemente. «Non voglio farti del male», continua accarezzandomi ora la schiena.
«Cosa vuoi?», chiedo, distanziandomi un altro poco.
«Volevo solo rassicurarti, stai tremando»
«Stavo bene finché non ti sei avvicinato»
Lo sguardo di Jarret cade sul terreno. «Mi dispiace, non volevo incuterti timore, ma bensì farti una proposta»
Strano gli occhi, ma non mi fido, aspetto vari secondi prima di chiedere: «Quale proposta?»
Gira lo sguardo intorno e dietro le mie spalle prima di avvicinarsi per sussurrare la risposta.
«Un poco del tuo sangue in cambio della libertà. So bene che prima ho esagerato, ma ti giuro che se collabori con me...farò di tutto pur di liberarti»
«E chi mi dice che le tue vere intenzioni non siano di privarmi totalmente del sangue fino a farmi morire? E che manterrai la parola? Sono già debole e malridotta, indebolendomi ancora di più non farai altro che peggiorare la mia salute»
«Ripeto, farò di tutto. Ti prometto che sarai libera», insiste, sorridendo dolcemente.
Gli altri, parecchio distanti da noi, sembrano non aver sentito niente.
«Non mi fido di te, ma voglio vivere. Farei di tutto pur di ritornare da Diamond»
Così, senza esitare, mi avvicino a Jarret e gli espongo il collo già scoperto.
«Fai quello che devi fare, non voglio perdere tempo», ordino, serrando gli occhi.
«Neanche io», accorda infine lui, la sua voce ora mutata dal desiderio.
In poco tempo, i canini del vampiro stanno già bucando la pelle, il sangue sporca le sue labbra ed io rimanevo in mobile pregando il cuore di continuare a battere.
Non passa molto però che il licantropo di prima scansa il vampiro da me, catapultandolo contro un abete.
«Che diamine stai facendo?!», ruggisce questo.
Jarret, rialzandosi dalla caduta, rimane a guardare il compagno in silenzio, in un insieme di schock e rabbia alla fine ha il coraggio di puntare il dito verso di me.
«È stata lei. Questa puttana mi ha tentato, mi ha chiesto di liberarla se in cambio mi donava il calore del suo sangue»
Resto a guardare il vampiro allibita.
Allora il licantropo e i suoi compagni di caccia di volgono a guardarmi.
«È vero?», dice il lupo.
«No!», riesco a dire. «È lui che si è avvicinato a me! Mi ha chiesto il permesso di nutrirsi del mio sangue, e allora mi avrebbe concesso la libertà!», spiego, pur sapendo che la mia risposta valga meno di zero.
«Andiamo, ragazzi! Non mi dite che credete ad una puttana che al vostro compagno di mille avventure?», insiste Jarret, ammettendo una risata.
Cala il silenzio, mentre è inatto un rimbalzare di sguardi tra me e il vampiro, fino a che una strega interruppe il silenzio.
«Finiamo questa faccenda il più presto possibile», gira i tacchi e si avvicina al focolare, seguita dai suoi compagni, non prima di avermi lanciato un'occhiata accusatrice.
"Come volevasi dimostrare"
Jarret viene allontanato dal suo compagno fino al gruppo, l'uomo lupo si inginocchia davanti a me.
I nostri occhi si incrociano, e bastano poche parole per capirci.
«Non dovresti mai fidarti di uno che ha appena tentato di ucciderti...», dice. «Mi dispiace»
Nelle iridi nere della creatura tremano di tristezza.
Alzo appena le spalle. «Ci ho provato...ci provo sempre»
Lui annuisce, poi abbassa lo sguardo. «Ti chiederei di alzarti adesso»
Non esito farlo, ma nell'alzarmi barcollo un po', lui è pronto a sorreggermi.
«Grazie», dico.
«Figurati»
«Come ti chiami?»
«Alan»
Sorrido. «Alan, sei l'unico a cui non manderò all'inferno»
Alan scoppia a ridere. «È la frase più dolce che una donna mi abbia mai riservato nei miei cinquecento anni di vita»
«Ehi, Alan! Porta qui l'umana!», ordina uno dei componenti intorno al fuoco.
«Promettimi che finirà presto, e che non sentirò dolore», gli supplico, trattenendo un singhiozzo.
La mano gigante di Alan accarezzano i capelli sporchi. «Te lo prometto»
Sogghigno. «Ora capisco perché sei non desideri la mia morte. Volevi salvarmi»
«Avevo una sorella più o meno della tua età, con i capelli castani come i tuoi, venne uccisa da due vampiri e poi bruciata sul rogo. Mi ricordi lei. Non ho potuto mai dirle addio e quanto le volessi bene»
«Ogni persona ha una storia chiusa nel suo cuore da raccontare. Ti ringrazio per avermi fatto partecipe della tua»
«Era giusto che sapessi le mie motivazioni, e quanto abbia fatto il possibile»
«Semmai avresti un incontro faccia a faccia con il principe, digli che lo amo e che gli auguro ogni bene»
Annuisce.
Finisce così la nostra intensa seppur breve conversazione.
Vengo distesa in silenzio su un piano di legno e avvicinata alla sommità del falò acceso.
«Sei un codardo Jarret! Proprio un coglione», dico, cogliendolo con lo sguardo.
Il suo gesto è un sorriso vittorioso, niente di più, il che fa alimentare la mia rabbia.
Faccio per scendere dalla piattaforma ma una mano mi blocca.
Ritorno distesa, guardo le stelle e mimo il nome dell'uomo che non ho smesso di amare in un quarto della mia vita.
«Diamond»
La legna si avvicina alla fiamma.
Le stelle ancora brillano nel cielo, distraendomi per mezzo secondo dall'orribile morte che mi attende.
«Diamond»
Sento il calore del fuoco nelle dita.
La lastra di legno si inclina verso l'alto.
«Diamond»
Sento il mio corpo scivolare a peso morto verso il basso, verso il fuoco.
Non posso bloccare la caduta con le mani, ancora rimaste legate dietro la schiena.
Ora non vedo più le stelle, ma migliaia di fiammelle.
«DIAMOND!»
Chiudo gli occhi. E cado.
L'orecchio coglie un ruggito, il cuore trema di paura.

***
Buongiorno vampiretti miei!
Oggi un capitolo più lungo, contenti?
Ne sono successe più a Pearl che a me in quasi 22 anni di vita.
Come sempre vi chiedo farmi sapere cosa ne pensate e di mettere una stellina!
Per chi ha iniziato a leggere la storia or ora, vi invito ad aggiungerla alla vostra biblioteca e di seguirmi.
Vi auguro buona lettura vampiretti miei!
Giorgia ❤

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