sixteen.

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"Hold me
I still need you."

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La mattina successiva mi svegliai sul comodo letto di camera di Sidney,che già sveglia,mi guardava con occhi tristi.
Sapevo che le ragazze erano in pena per me.
Sapevo io stessa di far pena.

-Buongiorno.-
sussurrò con calma,sorridendo.

La testa mi faceva male,dolorosamente,per l'Infrenabile pianto di ieri.
Gli occhi erano stanchi,desiderosi di un altro po' di sonno.
Ma sapevo che quando mi svegliavo,difficilmente riprendevo ad addormentarmi.

-Ti va di fare colazione?- chiese Sidney postando la mano davanti a me,come per aiutarmi a scendere dal letto.

-Si.- risposi debolmente,afferrando la sua presa.

Prima di scendere a fare colazione mi guardai allo specchio.

       Occhiaie violastre,capelli in disordine,sguardo assente e occhi lucidi.

Non mi ero mai vista in quello stato.
Sid si accorse di come mi guardavo disgustata,e mi portò in bagno.
  Mi fece sciacquare il viso e prese i trucchi.

Correttore
lucida labbra trasparente
rimmel.

Spazzolò i miei capelli color pece,infilando vicino l'orecchio una piccola margherita che aveva strappato dal vaso di fiori dalla finestra.

-Sei bellissima,ricordatelo sempre.- rispose prendendomi per le spalle. -Ora guarda davanti allo specchio e ripeti "sono una figa assurda".-

La guardai perplessa ma lei mi fece segno di guardare lo specchio.
Cacciai un sospiro e mi girai.

-Sidney io..-

-Forza!- rispose lei interrompendomi.
-Allora? Cosa sei?-
disse alzando leggermente la voce.

-u..una figa assurda.-
risposi sorridendo controvoglia

-Più forte!-

-Sono una figa assurda!- risposi ridendo.

-Ecco! Così sì ti voglio!-
ammise cacciando una esilarante sorriso.

-Che succede qui?- chiese sara entrando nel bagno preoccupata.
Non dissi niente e le abbracciai tutte e tre.
C'erano sempre state per me.
Ed ora
In quell'abbraccio c'erano mille parole.
Avevo bisogno di loro follemente.
Non mi sarei mai sdebitata abbastanza.
Mai.
Volevo solo dimostrare quanto tenessi a loro,e quell'abbraccio fu quasi istintivo.

-Siamo sempre qui,ricordarlo sempre.-
disse Sara cacciando un dolce sorriso.

-Sempre. fighting,ricordi?-
aggiunse Sara

-fighting.-
risposi abbracciandole più forte di prima.

-Ora andiamo a fare colazione,su!-

Fu una mattina tanto bella,quasi inimmaginabile con tutto quello che stava succedendo dentro di me.
Mi sentivo come un mare in tempesta.
Ma dovevo tornare.
dovevo tornare da lui.
lo sapevo.
Avvolsi il cappotto e mi preparai per uscire.

-Sicura che non vuoi che veniamo con te?-
chiese Sara preoccupata.

-Avete fatto tanto,non preoccupatevi,questa storia finirà presto.-
risposi lasciando un bacio sulla guancia ad entrambe,che rimasero scettiche.
Ero consapevole che non volessero lasciarmi sola,ma dovevo risolvere questa cosa,e dovevo farlo io.

Fuori era giorno,ma talmente erano tante le nuvole che coprivano il cielo che non passava un filo di luce.

La città era ancora spenta,come un'ombra,ma affollata come al solito.
Gente che entrava negli uffici,bambini che frignavano nei carrozzini,madri esasperate e adolescenti immersi nella musica.
Infondo era la Seoul di sempre.
Trafficata,rumorosa,ma sempre affascinante,anche nei giorni più bui.

Mentre camminavo calpestai qualcosa di duro.
Come un rametto,ma diverso.
Feci un passo indietro e alzai la scarpa.
Mi accovacciai per prendere quell'oggetto e mi accorsi che era un bracciale.
Un bracciale con delle iniziali.

kth

Le iniziali di Taehyung.
Dentro di me salì il panico.

Cosa diavolo ci faceva lì?

Potevo giurare fosse il suo.
Mi girai attorno come se potesse esserci una risposta nell'aria.
Cominciai a pensare al peggio.

Infilai il bracciale al polso per non perderlo e cominciai a correre.
Le gambe erano stanche ed indebolite ma continuai a correre senza mai voltarmi.
Arrivai davanti la porta di casa mia bussando per un tempo infinito.

-Apri! Ti prego apri!-
urlai presa dall'angoscia.

Niente,nessuna risposta.
Non sentivo la sua voce.
Cacciai le chiavi dalla tasca del cappotto nero e aprì la porta di casa.

Non c'era nessuno.
Cercai in tutte le stanze ma niente.
Guardai l'attaccapanni.
Mancava la giacca di Taehyung.

Era uscito.
L'aveva fatto.
Era successo qualcosa.
Qualcosa di terribile.
Me lo sentivo.

Mi lasciai cadere sulla sedia in cucina,portando le mani al viso.
Cosa avrei fatto adesso?
Era tutta colpa mia.

Lo avevo lasciato solo ed era uscito.
Era uscito a cercarmi.
A cercare me.
Da solo in mezzo ad una città circondata da poster con la sua faccia stampata sopra.
Mi strinsi il cappotto addosso.
Non avevo idea di cosa fare.
Nemmeno la più piccola e stupida idea.

E nel silenzio delle mie lacrime un rumore.
uno scricchiolio.
Mi alzai senza far rumore,scrutando la stanza intorno a me.
Ad un tratto ha figura dietro le scale.
Chiunque fosse stato era ancora lì.

Arretrai,cercando di tornare alla porta ma era stata forzata e bloccata.
Forzai la serratura ma niente.
Le gambe cominciarono a tremare e sentivo a malapena di respirare.
Ad un tratto delle mani mi presero da dietro.
Cercai di divincolarmi dalla presa,ma all'improvviso sentì un ago nella pelle,e qualcosa entrarmi nel sangue.
Urlai per il dolore
e dopo qualche secondo
chiusi gli occhi.

«lost in your paradise» kim taehyung Where stories live. Discover now