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Dylan lascia andare la mia mano e io la porto al foglio alzandolo appena, con il sorriso ancora sulle labbra chiedo: "Se potessi cambiare qualcosa nel modo in cui sei cresciuto, quale sarebbe?"
Lo guardo e lui sospira. Si passa una mano fra i capelli.
Mi piace Dylan.
È un bellissimo ragazzo ed è responsabile, capace.
Si vede lontano un miglio che darebbe qualunque cosa per la sua famiglia, la sua fantastica famiglia a cui manca un pezzo, la sua meravigliosa famiglia che ha visto tutto il bene e l'amore macchiato dal dolore.
Mi si crea un groppo in gola solo al pensiero.
Chissà se Dylan avesse avuto una persona al suo fianco durante quel periodo: sarebbe cambiato qualcosa?
Scuoto appena la testa, cercando di scacciare i pensieri e Dylan inizia a parlare.
"Forse la severità" è quasi una domanda. "Forse quello. Mia madre è sempre stata molto rigida, più di mio padre. E quando lui è morto, lei non ha fatto altro che cercare di essere sempre più seria, ferma nelle sue posizioni. Probabilmente anche per quello fatica a parlare con Alyssa" sembra quasi discutere da solo, non mi guarda.
È come se stesse facendo una conversazione tra sé e sé, senza curarsi di me.
Poi si ricorda che ci sono anche io, mi guarda, sorride imbarazzato.
È molto bello quando sorride.
"E tu?" mi chiede.
Io ci penso un secondo. "Adoro il modo in cui sono cresciuta, non cambierei niente" faccio spallucce. "Credo che i miei genitori mi abbiano cresciuta nel migliore dei modi"
Dylan mi guarda stupito. "Wow"
"Cosa?"
Lui scuote la testa. "È una cosa molto bella: sei molto fortunata"commenta.
Io sorrido. "Sì, forse sì"
Dylan punta lo sguardo sul foglio. Deglutisce. "Prenditi quattro minuti e racconta al tuo partner la storia della tua vita, il più possibile nel dettaglio"
Io spalanco gli occhi. "Quattro minuti per raccontare vent'anni?" sono stupita.
"Pensa la gente che è qui e ne ha quaranta" ride Dylan.
Faccio lo stesso e lo guardo: quando ride il naso gli si arriccia molto e gli occhi diventano più sottili, mettendo in mostra il gonfiore appena sotto di essi.
"Dai comincia" mi dice lui, non appena ci siamo calmati.
Io annuisco. "Sono nata il 18 marzo, ho vent'anni. Sono cresciuta con due genitori, sono figlia unica e vengo da una famiglia non troppo benestante, per questo ho deciso di partecipare all'esperimento: per prendere qualche soldo in più. Al liceo ero brava nelle materie umanistiche, ho scoperto il teatro al corso scolastico e me ne sono innamorata. Ho iniziato a fare più corsi insieme, riuscivo a lasciar andare le sensazioni che provavo mentre recitavo, riuscivo a sfogarmi. Così, dopo diversi scambi di opinioni con i miei genitori, diversi ripensamenti, diversi timori, ho deciso di iscrivermi e di provare a fare l'audizione per la Royal Academy. Mi hanno presa e sto studiando lì, mi sono trasferita a Londra e vivo con una ragazza stupenda di nome Phoebe. Sono stata per due anni con un ragazzo di nome Andrew. Anche lui studia all'accademia, è più grande di me. Lui ha quasi finito. È uno stronzo, ci siamo lasciati perché mi ha tradita e ora sono qui" riprendo fiato. "Tocca a te" dico a Dylan.
"Sono nato il 4 agosto, ho una sorella di nome Alyssa, quando avevo 18 anni mio padre è morto. Io ero a cavallo del mio ultimo anno di liceo e non sapevo se sarei riuscito a superare tutto; ma, non so come, ce l'ho fatta. Mio padre era un matematico, lavorava in un centro di ricerca e faceva il professore all'università, ma era molto bravo anche in storia: se la cavava benissimo con le date, era un appassionato. Sapeva tutto, ogni cosa" si interrompe un attimo. "È stata una perdita che la mia famiglia non ha mai superato, in particolare mia sorella. Aleggia ancora nella nostra vita, nella nostra casa. Sembra una presenza vera e propria, anche se è una pura contraddizione, perché lui fisicamente non c'è più. Credo che sia anche perché mio padre era un po' il collante della mia famiglia, capisci che intendo? Era quello che teneva tutto insieme, quello che faceva andare tutti d'accordo" si ferma di colpo. "Alla fine, comunque" riprende. "Ho iniziato a studiare matematica anche io" fa spallucce. "Ma ho la passione per la pittura da quando ho quindici anni e ho visto per la prima volta un quadro di Kandinskij" cambia subito argomento ed io non dico niente.
Dylan mi guarda,sembra contento della mia decisione di non parlare, di non commentare riguardo a quel brusco cambio di discorso.
Per un attimo, è come se sentissi il suo dolore.
Mi sono immedesimata così tanto in lui che mi pare di stare ad uno spettacolo e dover interpretare la sua parte.
È come se stessi prendendo il suo dolore.
È come se volessi riuscire a prendere concretamente la sua sofferenza e farla mia, per non vederlo più star male.
Sarei davvero disposta a questo per un ragazzo che conosco da meno di mezz'ora?






flowers' hall 🌸

buon mercoledì a tutti! buon mezzo settimana!

che ne pensate? è troppo presto per la nostra piccola amy provare emozioni un po' più forti per dylan? ma sopratutto, dylan le proverà a sua volta?

so che magari è un po' affrettato, ma ritengo che delle domande così intime possano unire parecchio due sconosciuti, o, in qualunque caso, l'intento dell'esperimento era proprio quello e la sua durata era molto breve. voi che ne pensate?

do a tutti un bacio sul naso, vi ringrazio per aver letto, se siete capitati per caso o se siete qui dall'inizio. non sapete quanto ve ne sono grata.

al prossimo mercoledì! 🖌

potete trovarmi qui --> twitter: @lydsnewt







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