2.3

41 5 0
                                    



"Quali sono le cose che per te contano di più in un rapporto di amicizia?" mi domanda, mentre la sensazione di velato imbarazzo precedente aleggia ancora nell'aria.
Io sorrido appena e penso alla mia coinquilina Phoebe. "Ascolto, comprensione, consiglio, sincerità, divertimento... Saper esserci nei momenti felici, ma anche in quelli brutti"
Dylan mi guarda e annuisce in segno di accordo. "La penso come te: Matthew mi è sempre stato affianco, mentre mio padre stava male"
Inarco le sopracciglia. "Hai detto che non volevi nessuno vicino"
"Nessuno che potessi amare" mi corregge.
"Ma l'amicizia cosa è se non una forma molto forte d'amore?" domando ovvia.
Lui resta in silenzio per un attimo. "Non è la stessa cosa"
"Lo è" ribatto.
Lui scuote la testa. "Non è vero: amare significa proteggere, l'hai detto anche tu"
"Amare significa amare. E l'amicizia è amore" insisto. "Quindi non è vero che non hai permesso a nessuno di starti vicino"
"Sono due discorsi diversi" continua. "Amare e voler bene. Se amo una persona non voglio che soffra, se voglio bene a qualcuno e questo qualcuno decide di starmi vicini lo tollero di più"
Io non sono ancora convinta e lo guardo dubbiosa. "Allora non sei stato felice del fatto che Matthew ti stesse vicino?"
Lui fa spallucce. "Mi ha fatto piacere, ma non ci siamo visti poi tanto. Mi chiedeva come andasse, più che altro; mi è stato vicino durante il funerale e anche dopo. Fisicamente c'è stato poco"
Annuisco. "Allora era una vicinanza emotiva"
Lui fa lostesso e si passa una mano nei capelli. "Sì, esatto e poi, se ci vedevamo, cercavo di distrarmi il più possibile: bevevo, facevo giri per i pub... Cose del genere, niente di più"
"Quindi ti serviva per distrarti?" domando, curiosa.
"Anche" risponde subito. "Era una vicinanza emotiva quando era lontano e quando era vicino era un modo per non pensare alla mia terribile situazione. Mi aiutava a staccare il cervello"
Aspetto un attimo prima di parlare. "Io penso che tu non abbia le palle, Dylan" mi guarda stupito.
"Come?" chiede.
Fisso i miei occhi nei suoi. "Non è discorso di chi non vuoi ferire. Tu non hai coraggio di correre il rischio di ferire te stesso, ecco la verità" la mia voce è ferma, seria. "Tu non ti sei mai innamorato perché non hai mai avuto il fegato per farlo, non hai il coraggio di metterti in gioco, di rischiare, non sai affrontare la possibilità di rimanere ferito" batto l'indice sul tavolo ad ogni elemento che aggiungo all'elenco. "Tu non vuoi nessuno vicino perché non vuoi che qualcuno ti faccia soffrire"
Lui ricambia il mio sguardo. "E hai il coraggio di biasimarmi?!" alza la voce. "Non pensi che io sia stato male già abbastanza?" la voce gli si incrina e io non rispondo. "Non merito anche quello. Non merito di avere ancora il cuore spezzato, non merito tutto questo di nuovo"
"Nessuno lo merita, ma è come funziona la vita"
Lui scuote la testa. "Io lo eviterò"
"Allora, caro Dylan, non vivrai mai"

***


Torno a casa, sono ubriaco e chiudo la porta fin troppo forte.
Sono le tre del mattino e sento la macchina di Matthew sterzare ed uscire dal vialetto.
Chiudo a chiave, tolgo le scarpe, ma nel farlo inciampo e cado per terra.
Sbuffo rumorosamente e mi alzo a fatica, mentre mi tolgo la giacca mio padre arriva all'ingresso.
"Dylan" esordisce e nel frattempo inforca gli occhiali tondi. "Dove sei stato?"
"In giro" rispondo, cercando di avere un tono di voce normale e non biascicare.
Mi fa voltare e mi affronta. "Dove sei stato?"
Mi divincolo dalla sua presa e mi allontano. "Cosa te ne frega?" alzo la voce e me ne pento subito, un moto di vergogna mi monta in petto, ma tento di reprimerlo e deglutisco.
"Come cosa me ne frega?" mi chiede ed ha lo sguardo tipico di quando vorrebbe arrabbiarsi, ma allo stesso tempo non ne ha le forze perché è troppo stanco: da una giornata di lavoro, da una discussione, dalla malattia. "Io sono tuo padre, Dylan. Certo che me ne frega" ribatte ovvio.
Scuoto la testa. "Non lo sarai ancora per molto, giusto?" non faccio in tempo a rimangiare quello che ho detto che lui mi dà uno schiaffo in pieno viso.
Ha gli occhi lucidi e la mano gli trema. "Non permetterti mai più, Dylan" mi dice, fermo. "Non osare mai più dire una cosa del genere: io sarò sempre tuo padre"
Abbasso lo sguardo.
Mi vergogno e vorrei piangere, ma stringo i denti.
"Sarò tu padre anche se mi troverò in una cazzo di tomba sepolta dieci fottuti metri sottoterra, mi hai sentito?!" adesso è lui che alza la voce. "Sarò tuo padre per tutta la tua cazzo di vita, perché ti ho messo al mondo io, hai capito bene?!"
Non rispondo e una lacrima mi scorre sul volto, faccio per andarmene, ma lui mi ferma e mi costringe a guardarlo.
"Dylan, hai capito?" mi domanda nuovamente, ma la sua voce, questa volta, è calma e delle lacrime gli solcano il viso. "Rispondimi"
Io annuisco. "Ho capito" rispondo e la voce mi trema così tanto che, alla fine, mi lascio andare e scoppio a piangere.
Lui mi abbraccia e pone la mia testa sulla sua spalla, mi accarezza i capelli, mentre il mio corpo è scosso da tremiti e dai singhiozzi.
Vedo attraverso le lacrime una luce che si accende in corridoio e mia madre arrivare all'ingresso. "Che succede?" domanda confusa.
"Niente, Celine. Torna a letto" ribatte lui, ma mia madre non si muove.
"Dylan?" chiede avvicinandosi. "Stai bene?" mi scruta da lontano.
"Celine, va a dormire" ribadisce mio padre. "A Dylan penso io, okay?" ha un tono di voce conciliante e, dopo un attimo di esitazione, mia madre si arrende e torna con passo titubante in stanza, ma non chiude la porta.
"Va tutto bene, Dylan" mi sussurra all'orecchio. "Sarai sempre mio figlio ed io sarò sempre tuo padre, ricordatelo" piango ancora più forte e lui reagisce stringendomi maggiormente. "Dylan, tu sei la cosa più importante in questo mondo, insieme a tua sorella e a tua madre, per me. Voi siete tutto quello che io amo, voi siete tutta la mia vita" continua a parlare con tono calmo e non so come riesca a farlo, visto che io sono in lacrime e non riesco a dire nemmeno una parola. "Io ti vorrò bene per sempre e tu, spero, ne vorrai a me.Non me ne andrò mai, Dylan. Sarò sempre con te, in ogni istante io ti sarò affianco" prende un respiro. "Ti voglio bene, Dylan"
Lo stringo a mia volta.
"Ti voglio bene anche io, papà" riesco a dire, alla fine, fra le lacrime.



flowers' hall🌸
beh, che dire amici.... è andata così.
scrivendo e scrivendo mi è venuta in mente questa scena e non sarà l'unica: vi avviso.

la storia della malattia ha segnato in maniera profonda dylan e penso che tutti ve ne siate accorti leggendo. non è una parte da poter evitare, anzi. è necessario approfondire per farvi capire sempre di più il suo personaggio.
così come, per amelia, sarà necessario esplorare da vicino la storia con andrew.

spero di non essere stata troppo brutale, in caso, perdonatemi ve ne prego.

nel frattempo, tanti baci sul naso a tutti e grazie infinitamente per seguire questa storia e le vicende dei personaggi insieme e a me.

ricordatevi di avere sempre cura di splendere💫

come al solito, posto

come al solito, posto

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.

potete trovarmi qui

twitter: lydsnewt

36 questions [in sospeso]Where stories live. Discover now