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Alle 7:00 precise la mia sveglia suona, ma ho gli occhi aperti da più di un'ora. Sono così emozionata di tornare al lavoro che mi sembra di essere stata catapultata indietro di anni, al primo giorno di liceo, quando per l'ansia non avevo praticamente dormito.
Non vedevo l'ora, non ne potevo più di stare sdraiata senza fare nulla e rivivere nella mia mente tutti i colpi che ha preso il mio corpo, e anche il mio cuore.
Mi tolgo le coperte calciandole via, un gesto brusco che coinvolge anche il mio addome, il quale subito mi rammenta che deve essere trattato con più delicatezza se non voglio piegarmi in due per le fitte di dolore.
Scusami corpo se sono così stupida.
Dopo la colazione, mi chiudo in bagno.
Guardo il mio riflesso allo specchio.
Questi lividi non mi donano per niente, fanno apparire più spenti i miei capelli vivaci e anche la mia anima colorata.
Sospiro e inizio ad applicare il fondotinta che avevo messo a Matteo, il suo ricordo fa subito piegare le mie labbra all'insù.
Spero di vederlo al lavoro oggi.
Non gli ho detto che ricominciavo perché voglio coglierlo di sorpresa.
Mi immagino entrare in negozio tutta quatta quatta, mentre lui siede sullo sgabello della cassa e mi dà le spalle, coprirgli gli occhi con le mani e sussurrargli all'orecchio «Mettiti a lavorare».
Cos-?
Che problemi ha la mia fantasia?
Dovrei dirgli "Prendimi nello sgabuzzino del negozio adesso"!
Stupida, Susan!

Ravvivo un po' i capelli con le mani e mi sorrido da sola.
Mi sento meglio.
Mi sento bella e decido che il mio corpo non subirà mai più nulla che mi faccia sentire brutta, non un colpo né un commento.
Nulla.
Mi metto un vestito fucsia, il cappottino giallo abbinato a delle scarpe con la suola alta e corro a schioccare un bacio sulla guancia di mia madre, prima di chiudermi la porta d'ingresso alle spalle.
Una volta fuori incontro la vicina dei miei e le mie gambe tremano perché lei inizia squadrarmi attentamente.
Spero non sappia nulla.
Spero non si sia accorta dei lividi.
Dopo un attimo infinito mi sorride, io ricambio mentre nella mia testa tiro un sospiro di sollievo e scappo con la scusa di essere in ritardo.
Non voglio domande, né sguardi di compassione.
Voglio solo riprendermi in mano la mia vita.
Pochi metri dopo incontro un altro passante, mi regala un'occhiata veloce e mi ritrovo subito a guardare l'asfalto del marciapiede.
Perché mi ha guardata?
Se n'è accorto?
Si nota qualcosa?
Lo sa?
Lo sanno tutti?
Mi si legge in faccia?
Sulla metro quasi la sicurezza che avevo nel piccolo bagno della mia stanza mi abbandona, mi sembra che tutti mi fissino.
Tengo la testa china su un manga che non sto davvero leggendo, non so manco quale sia, sto pensando a che scusa devo inventare quando i clienti mi chiederanno il perché della mia mancanza a lavoro o se si accorgeranno delle mie ferite nascoste.

Al mio arrivo, la serranda del negozio è giù.
Nessun "Mettiti a lavorare" a nessuno.
Perché la realtà non rispetta mai la fantasia?
È una fregatura!
Mi guardo intorno per cercare Matteo tra la folla, ma la via è quasi vuota e di lui non c'è neppure l'ombra.
Chissà se è venuto mentre non c'ero.
I miei occhi si fermano sull'orologio della farmacia, 8.36, non credo che il negozio sia mai stato aperto così presto.
Butto fuori l'aria dalle narici per darmi coraggio ed entro.

9.00: sto sistemando una penna perfettamente in parallelo alla tastiera, quando sobbalzo per una vocina acuta che mi coglie di sorpresa. «Credevo che ti avessero finalmente licenziata»
Mi giro con un sorriso radioso, questo nanetto ne sa una più del diavolo, ha aperto la porta di pochi centimetri, quelli necessari per far sbucare la testa ma non abbastanza per far suonare la campana, facendomi perdere dieci anni di vita.
«E invece ti sbagli» quanto mi era mancata questa stupida routine «come sempre, Moscardino»
Le mie labbra si serrano appena Oscar si avvicina e il suo sguardo analizza attentamente il mio viso, capendo che qualcosa non va.
Forse non sono stata molto brava con il trucco.
«Cosa hai fatto alla faccia?» chiede dopo lunghissimi istanti.
«Mi sono truccata»
«Lo vedo»
Silenzio.
Lui continua a fissarmi con le sopracciglia aggrottate.
«H-ho messo troppo trucco?» domando facendo la finta tonta, lui sembra un po' pensarci su.
«Credo di sì. La tua faccia è...strana» conclude.
«Non sono molto brava» rispondo con tono scherzoso.
I suoi occhi si spostano appena più in basso, ma dura tutto un secondo che non capisco in che zona precisa, so solo che le sue sopracciglia fanno un veloce saltello per poi tornare subito normali.
«Neanche a mentire» sentenzia apatico e inizia a fare il giro degli scaffali senza più guardarmi.
L'ansia s'impossessa di me.
Se n'è accorto.
Merda, se non riesco a fregare neppure un bambino come farò a sopportare gli sguardi dei clienti adulti?

Otaku in love || COMPLETAWhere stories live. Discover now