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Angolo Me 📚
Ciao, oggi ci vediamo all'inizio perché mi sento di chiarire delle scelte.
Iniziò con una notizia veloce: è morta mia nonna.
Per questo avrete notato che i miei capitoli sono più pesanti, credo che il mio umore si rifletta su di essi.
Mia nonna è stata una persona strana nella mia vita, quando sono stata con lei tutte le estati mi pestava senza ritegno 😅 era una all'antica e io non ho mai avuto il comportamento classico di una signorina, cosa che lei ha sempre voluto e motivo per cui mi lanciava qualsiasi cosa o mi faceva mettere in ginocchio sui fagioli, ora rido a pensarci ma da piccola la odiavo. Poi sono cresciuta e ho iniziato ad apprezzarla come donna forte.
Lei aveva una cicatrice sulla guancia, gliel'aveva procurata mio nonno.
Lui la picchiava, da sempre, ma nessuno mi ha mai voluto raccontare cosa le avesse fatto per procurarle quel segno.
Lei, ancora giovane, ha deciso di lasciarlo, nonostante TUTTI le dicessero di rimanere con lui. Abitavano in un piccolo paesino di campagna e la separazione non era ben vista, mi ha raccontato che quando se n'è andata era diventata lei la cattiva della storia, tutti nel paese le davano contro. A nessuno importava che lei potesse morire per le botte che prendeva. Per tutti doveva salvare l'apparenza del matrimonio.
Fatto sta che mia nonna ha letteralmente mandato a fanculo tutti, mi ha detto che ha lasciato sull'altare una merda di cane perché era stato il parroco del paesino a scaraventarle contro tutto il paese e quindi quella è stata la sua vendetta.
Era giovane aveva 24 anni, mio padre ne aveva 3, erano tempi diversi e i figli si facevano prima.
Queste cose me le ha raccontate mia nonna in un periodo molto brutto della mia vita. Non volevo dire a nessuno del mio malumore che però si rispecchiava sulla mia salute, ma lei l'ha capito. Aveva capito che fosse per un ragazzo, un ragazzo che per la cronaca non mi ha mai toccata e fatto fisicamente del male, ma psicologicamente sì.
Lei ha combattuto un tumore all'intestino per un sacco ma alla fine è morta. Non era una morte inaspettata, lo sapevamo già che sarebbe successo ma non cambia il dolore.
Queste vicende le ho sapute quando sono stata ricoverata in ospedale, lei faceva delle visite per la sua malattia e poi veniva a trovarmi. Mi ha raccontato la sua vita e ho capito che, nonostante per me lei fosse all'antica, per i suoi tempi è stata una rivoluzionaria. Ha lasciato il marito violento, anche se al tempo era quasi un obbligo rimanerci, si è trasferita in una città più grande e ha iniziato a lavorare come sarta, ha tirato su un figlio da sola e si è costruita la sua felicità. Mi ha dato la forza di lasciare il ragazzo con cui stavo.
Ci ho messo tanto a decidere se raccontare questo di me, della mia vita privata per questo non ho pubblicato il capitolo subito, ci ho messo un po' perché ho voluto pensarci su.
Quindi nulla, voglio solo descrivere una realtà che purtroppo esiste ancora, per fortuna non come ai tempi di mia nonna, ma è ancora presente.
Comunque smetto di divagare e vi lascio al capitolo (che è più corto di questo sproloquio, scusate).
Ditemi cosa ne pensate 💫
Grazie. ❤️
Ps: tutte noi siamo forti, in diversi modi, ma valiamo tanto e non bisogna accettare nelle nostre vite chi non è in grado di amarci come meritiamo. E meritiamo tanto.
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Spalanco la porta pensando si tratti del ragazzo delle consegne, purtroppo però non è lui.
Il cuore mi salta in gola, inizio a tremare e il mio corpo diventa così pesante che non riesco più a muoverlo.
«S-Sandro» balbetto.
Come mi ha trovata?
Lui mi spinge bruscamente di lato ed entra in casa mia senza chiedere il permesso, poi perquisisce le tre stanzette.
Io cerco di seguirlo, ma rimango paralizzata dalla paura quando noto la forza e la rabbia che usa nello spostare le mie cose alla ricerca di chissà che.
«Oggi non c'è il tuo fidanzatino?!» sbraita facendomi sussultare «L'ho sempre detto che fossi una zoccola»
«Sandro, esci da casa mia!» cerco di reagire, ma nella testa ho troppi pensieri che corrono ad una velocità folle, senza darmi il tempo di scegliere quello più adatto e capire cosa devo fare.
«Non vado da nessuna parte!» si avvicina a me minacciosamente e indietreggio fino ad attaccare le mie spalle al muro.
«Io vengo a chiederti perdono e tu ti scopi un altro?!» mi grida in faccia.
«N-non mi scopo nessuno»
La mia risposta sembra calmarlo, si allontana di un passo, inspira pesantemente e butta fuori l'aria cercando di recuperare la lucidità.
«E quindi quello chi era?»
«Un mio collega, lavora con me»
Sospira sollevato e addolcisce il tono «Sissi, scusami, io ti ho vista tornare con lui a casa e mi sono sentito tradito. Guarda che effetto mi fai! Ti amo troppo»
Mi ha seguita?
Per quanto tempo?
Cerca di toccarmi ma mi scanso.
«Sandro, p-per favore v-» 
«Anche lui abita in questo condominio?»
Sono sicura che se gli rispondessi di sì mi direbbe che allora vado tutti i giorni da lui a fare chissà cosa.
«N-no»
«E allora perché minchia entrava sempre qui dentro?!» torna ad urlare e sbatte una mano sulla parete, vicino alla mia testa, istintivamente serro gli occhi e inizio a tremare.
Il mio cuore batte troppo velocemente e troppo forte, il mio stomaco si accartoccia dandomi la sensazione di nausea e il mio cervello continua a gridarmi che devo scappare.
Devo scappare.
Ma come?
Non sono per nulla atletica e lui è più veloce, quindi se facessi un solo passo riuscirebbe a bloccarmi in pochi secondi e probabilmente inizierebbe a picchiarmi furioso.
«Rispondimi Susan! Perché era sempre qui?!»
«A-aveva bisogno di un a-aiuto»
«E tu ovviamente gliel'hai dato!»
«È un mio amico, d-dovevo dargli una mano»
Devo chiamare la polizia.
Cerco con lo sguardo il mio cellulare, ma non lo trovo. Subito nella mia mente appare un flash che mi ricorda di averlo lasciato in cucina.
Devo riuscire a riprendermelo.
«Chissà come gliela hai data la mano! Cosa hai fatto?! L'hai stretta intorno al suo cazzo prima di prenderlo in bocca?!»
«Sandro» cerco di temporeggiare «Lo sai che non sono fatta così»
«Sei una zoccola!» stringe il mio viso con una mano in modo così forte che le sue unghie affondano nelle mie guance graffiandomi «È così che sei fatta: come tutte le puttane da strada» mi grida in faccia.
«Non ti permettere» ringhio e gli tiro uno schiaffo.
È la prima volta che reagisco così.
Infatti lei sembra sorpreso.
«Ho solo sprecato tempo con te» le sue dita si stringono immediatamente intorno al mio collo, le mie mani corrono velocemente dai suoi polsi e provano a liberarmi ma non ci riescono, affondo le unghie nella sua carne ma sembra non badarci, i suoi occhi sono iniettati di sangue.
La sua presa è troppo salda e mi manca l'ossigeno.
Non respiro.
Mi sta soffocando.
Lui continua a sbraitare ma non riesco più a capire di cosa.
«S-Sandro» dico con un filo di voce mentre le lacrime iniziano a bagnarmi copiosamente il viso «n-non respiro»
Mi molla e il mio corpo cade pesantemente a terra mentre cerco di riempire al massimo i polmoni e recuperare l'aria che mi è mancata.
«Guarda cosa mi fai fare» continua lui «Se solo tu la smettessi. Ma a te non basta mai! Vuoi sempre di più!» si gira e tira un calcio al tavolino che c'è davanti al divano.
«Non ti bastavano le mie attenzioni! Ti devi sempre agghindare come una troia!» si avvicina alla piccola credenza e la butta giù «Guarda di che colore ti sei tinta i capelli! Volevi attirare più sguardi?!»
Poi si allontana ancora e inizia a buttare giù le mie cose dalla libreria vicino all'ingresso.
Non so con quale forza e con quale coraggio mi alzo e inizio a correre verso la cucina per recuperare il mio cellulare.
Lui mi viene dietro subito dopo, ma riesco ad afferrare in tempo il telefono e a mettermi dall'altra parte del tavolo.
Si sposta con uno scatto e io lo imito in modo da ritrovarmi dalla parte opposta della superficie, ma perde subito la pazienza e alza il mobile di legno cercando di lanciarmelo addosso.
Per fortuna sono vicina alla porta ed esco infilandomi subito in quella del bagno che chiudo velocemente a chiave.
«SUSAN» colpisce con forza la superficie che ci separa «Esci da lì! Non farmi incazzare»
Sblocco lo schermo del cellulare al terzo tentativo.
Le mie mani tremano troppo.
Lui sta prendendo a pugni e calci la porta.
So che dovrei chiamare la polizia, lo so.
Ma in questo momento il mio cervello non ragiona lucidamente, i battiti potenti del mio cuore mi rimbombano in testa e faccio partire la chiamata per Matteo.
In quello stesso istante Sandro sfonda la mia unica barriera ed io urlo quando mi afferra per i capelli e me li tira così forte all'indietro che cado perdendo il telefono.
Lui mi trascina fuori dal piccolo bagno con una forza tale che credo si ritroverà il mio scalpo in mano «Smettila, Susan! Smettila!»
Poi mi avvicina un coltello che probabilmente ha preso in cucina «Vuoi che ti ammazzi?!»
La lama fredda è appoggiata sulla mia guancia.
«S-Sandro per favore» piango «Ti metterai nei casini»
«Sono già nei casini! Guarda che mi hai fatto fare!» mi alza la testa, tirandomi su sempre per i capelli, mentre con l'altra mano indica il mio appartamento distrutto.
Lancia il coltello lontano da noi e mi butta sul pavimento come se fossi spazzatura.
Perché quello sono per lui, spazzatura.
«Perché mi fai questo?!» mi tira un calcio nello stomaco e il respiro mi manca per svariati secondi, poi inizio a tossire.
Me ne tira un altro.
E un altro ancora.
E ancora.
E ancora. 
Ho paura di morire.
Oggi mi ammazza.
«Io sono sempre stato buono con te!»
Si stacca e tira un pugno alla parete, io cerco di strisciare verso la porta d'ingresso per chiedere aiuto, ma non esce neppure un suono dalle mie labbra.
«Tu invece non mi hai mai dato rispetto!» continua il suo monologo senza badare a me che cerco di muovermi con fatica «Anzi! Mi hai fatto fare la figura del coglione l'altro giorno con quel nerd di merda»
Cosa devo fare?
Come mi salvo?
Ogni movimento è un'agonia, mi fa male tutto.
«Ti sembra giusto, Sissi?!» afferra con forza una caviglia e mi trascina di nuovo verso di lui, io piango più forte.
«Susan» afferra di nuovo la mia chioma e mi solleva all'altezza del suo viso «Smettila di piangere! Non farmi incazzare di più»
Ma non riesco a fermare i singhiozzi e spazientito mi tira un pugno, sento il gusto metallico del mio sangue in bocca. «LASCIAMI!» urlo cercando di colpirlo con le poche forze che ho.
L'ultima cosa che ricordo è un altro pugno, così forte da farmi sbattere con violenza la testa contro il muro.
Poi tutto diventa buio.

Otaku in love || COMPLETAWhere stories live. Discover now